See? He's her lobster

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Per molti anni, fin da quando aveva imparato a camminare, Draco si concedeva delle lunghe passeggiate nel giardino del Malfoy Manor, soprattutto quando aveva bisogno di riflettere: l'estate era quasi finita e i giorni dei processi erano alle porte e lui non sapeva ancora cosa gli sarebbe accaduto. 

Nonostante Cassandra avesse cercato di confortarlo e di fargli capire che sarebbe uscito da tutto questo illeso, lui non ci credeva, immaginandosi già la sua cella piena di ratti e di muffa e lui, più pallido e magro, che cerca di sopravvivere il più possibile.

 Si immaginò i titoli della Gazzetta del Profeta, con la sua foto in prima pagina insieme agli altri imputati; si immaginò sua madre, seduta sugli spalti in tribunale, a guardare lui e suo padre farsi ammanettare da degli Auror e, infine, si immaginò Astoria, il viso pieno di lacrime e lo sguardo basso, magari seduta di fianco a sua madre, dandosi forza a vicenda. 

Non si sarebbe mai fatto incarcerare con la consapevolezza che lei, la sua Astoria, avrebbe sofferto più di ogni altra persona a lui cara, con la consapevolezza che lei non sarebbe mai stata davvero sua. Mai. 

Si fermò vicino ad un'aiuola di gigli: doveva fare qualcosa, non poteva andare ad Azkaban con questo rimorso, non senza averci provato, non senza averle detto come si sentiva, come si sentiva davvero. Doveva farlo, non poteva aspettare ancora un singolo giorno.

Si smaterializzò, senza pensarci due volte, e davanti a lui apparve la villa dei Greengrass: una casa più piccola rispetto alla sua, più luminosa ed abitata da gente nettamente superiore alla sua famiglia. Si avvicino alla porta e bussò. Non riusciva a stare fermo dall'agitazione, sfregava le mani sui pantaloni e, secondo dopo secondo, gli parve più plausibile scappare e non farsi più vedere. Stava quasi per allontanarsi, quando la porta si aprì e un piccolo elfo domestico apparve sullo stipite.

- Jilly può fare qualcosa, signore? - gli chiese con una voce stridula e fastidiosa e Draco gli venne l'impulso di decapitare quell'essere.

- Vorrei parlare con Astoria - rispose, cercando di apparire calmo e composto.

L'elfo annuì, dicendo che sarebbe subito andato a chiamare la padroncina e facendolo accomodare nell'atrio. Rimasto solo, Draco poté pensare cosa avrebbe detto ad Astoria: che non poteva sopportare di vederla triste? che non si immaginava la sua vita senza di lei? 

Non poteva fare discorsi sdolcinati, era un Malfoy per gli slip consunti di Merlino! O doveva farlo? Doveva mostrare la parte più vulnerabile di lui? Doveva solamente dire ciò che provava, senza pensare troppo alle conseguenze? 

Non fece in tempo a rispondersi che l'elfo ritornò con Astoria, la quale si sorprese nel vederlo lì seduto, vestito con dei normali abiti e senza il suo ghigno stampato in faccia; d'altro canto, lui si alzò e le venne incontro, non riuscendo a stare fermo con le mani per l'ansia.

- Draco - lo salutò Astoria, sorridendogli - non mi aspettavo una tua visita -

- Mi scuso per l'intrusione, ma ho un urgente bisogno di parlarti - si giustificò lui, calmandosi appena aprì bocca.

- Siediti - gli indicò una sedia lì all'ingresso e lei si sedette su quella a fianco - E' successo qualcosa? - 

- No - si maledisse per la velocità con cui le rispose - Tra qualche giorno inizieranno i processi e non so come andrà a finire, potrei essere incarcerato o anche assolto, non ne ho idea. -

- Vedrai che andrà tutto bene - lo rassicurò lei e Draco gli fece segno di aspettare a parlare.

- Non so come andrà a finire, ma, visto che c'è una possibilità che io finisca ad Azkaban, non posso vivere con questo rimorso. Mi è sempre stato insegnato che le emozioni e i sentimenti dovevano essere repressi, che non mi avrebbero portato a niente, mi avrebbero fatto sembrare più debole di quanto mai avrei avuto il coraggio di immaginare. Ho sempre vissuto con questa convinzione, comportandomi come mio padre e mio nonno si sarebbero aspettati che mi comportassi, come il loro giusto erede. Poi arrivò la guerra, Tu-Sai-Chi ritornò e rischiai di perdere tutto quello di più caro avessi al mondo: la mia famiglia, i miei amici e te. Non so cosa mi stia succedendo, Astoria, cosa mi abbia fatto capire tutto questo, ma soltanto il pensiero di non poterti più vedere mi ha fatto capire che nascondere ciò che provo è soltanto un errore, un terribile errore. Ed oggi sono qui, con le farfalle allo stomaco e l'ansia che mi pervade, semplicemente per dirti che non riesco ad immaginare la mia vita senza di te -

Dopo aver finito il discorso, accadde qualcosa che Draco non si sarebbe mai aspettato: Astoria lo baciò.

***

- Domani iniziano i processi - constatò Rodolphus, affacciandosi sul balcone della loro camera da letto - è finita questa parvenza di normalità -

- Normalità?- ribatté Bellatrix raggiungendolo - Per quanto ti faccia piacere pensarlo, questa non è normalità- 

- Lo è, invece ...Nei miei sogni, almeno...Io, te, i nostri figli e i nostri nipoti che passiamo del tempo assieme, non ti sembra la definizione di normalità?- le rispose, divertito dalla piega che stava prendendo la conversazione. 

Lui non era un tipo così sentimentale, non poteva permettersi di esserlo, ma gli piaceva riflettere su qualsiasi argomento che si poteva snocciolare, arrivando a sembrare troppo irrazionale; ma tutto quello che le stava dicendo era vero, da giovane, prima di unirsi alla causa, aveva immaginato così la sua vita. 

Successivamente, si era reso conto che era suo dovere combattere per ciò in cui credeva, negandosi una parte della vita ritenuta importante per la maggior parte degli uomini. Ora, si era preso quei mesi per assaporare quello che sarebbe potuto essere la sua vita e si rese conto che non si pentiva di quello che aveva fatto. Non era adatto a questo stile di vita e nemmeno Bellatrix, ma, da un lato, era rassicurante tutto ciò.

- E' soltanto un concetto che l'uomo si è inventato per far rientrare le cose negli schemi - replicò Bellatrix, osservandolo.

- Non posso essere più d'accordo - concordò lui - tutti noi abbiamo un concetto diverso di normalità, per questo è soggettiva -.

- Sai, - riprese Rodolphus - appena uscito da Hogwarts pensavo che fosse questo il mio ideale di normalità, fino a quando mi sono reso conto che non fa per me, che non fa per noi -

- E qual è il tuo ideale di normalità? -

- Io e te che marciamo in una sudicia cella, piena di ratti e scarafaggi, con la muffa alle pareti. E in inverno, in quella cella, c'è talmente freddo che non possiamo fare altro che stare vicini per riuscire a scaldarci e le litigate. Io e te che litighiamo in continuazione, io e te che combattiamo per la causa, io e te che ci distruggiamo a vicenda ogni giorno, io e te che stiamo su questo terrazzo, sembrando dei quindicenni. E il tuo? -

- Azkaban, la guerra, io che vorrei ammazzare mezzo mondo e tu che mi freni, impedendomi di compiere dei genocidi e promettendomi di fare tutto a tempo debito - affermò Bellatrix, guardando gli Auror sotto al balcone.

- Non è molto diverso dal mio - constatò lui - alla fine, ci siamo sempre io e te, ma chère -

Ed è vero, perché, alla fine, ciò che conta è che si erano scelti, come le aragoste scelgono il loro compagno per il resto della loro vita.

Angolo dell'autrice

Prima di tutto, buon 2021, sperando sia molto meglio dello scorso anno e spero che, con la pandemia in corso, stiate tutti bene. 

Questo è uno degli ultimi capitoli, poiché ho deciso di dividere i rimanenti in due capitoli, più quello sul processo, che è pronto da maggio credo.

E' molto romantico come capitolo questo, soprattutto la parte su Draco, e volevo che anche la la seconda parte lo fosse, ma mi piace così com'è venuto. 

Buona Lettura!

P.S.

Il titolo è una grande citazione, chiunque riesca a indovinare da quale serie proviene e chi la dice, avrà tutta la mia stima 

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