iii ⇝ phobia

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i tre andarono in ogni luogo accessibile dell''orfanotrofio, non si fidavano del pallido quindi non gli profferirono nulla riguardo ai loro "posti di svago", avrebbe sicuramente fatto la spia per far bella figura davanti a watari e loro sarebbero ...

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i tre andarono in ogni luogo accessibile dell''orfanotrofio, non si fidavano del pallido quindi non gli profferirono nulla riguardo ai loro "posti di svago", avrebbe sicuramente fatto la spia per far bella figura davanti a watari e loro sarebbero finiti nei guai, quindi optarono per una via rapida ed indolore, che andasse bene a tutte e due le parti "questo è il giardino, ci sono molte aree per rilassarsi e giocare, in estate è sempre affollato e si sentono perenni schiamazzi, è la zona più 'libera e aperta' del condominio" disse matt sorridente e disinvolto, quella situazione non gli pesava affatto, sentiva un'aurea speciale e diversa nel piccolo ma nulla che lo potesse preoccupare, lui non era di certo un'eccellenza nello studio, aveva doti cognitive molto sviluppate ma che non sapeva sfruttare, quindi i suoi voti rientravano nella media degli alunni, la presenza di quel bambino non gli avrebbe cambiato niente.

gli occhi grigi del più basso scannerizzarono ogni lato dell'area verde e dell'edificio in sé, il suo viso era pacato ma la sua mente intasata di domande da porre ai maggiori, sia sulla sua nuova dimora che su di loro"ricapitolando le aule sono al primo piano e al secondo, nell'area est di quest'ultima ci sono i laboratori e le zone interattive, nei sotterranei ci sono le cucine e la mensa, le stanze sono al terzo piano e al quarto, la palestra è al piano terra e con essa pure l'ingresso e la sala comune. informazioni pratiche e utili, però da voi mi sarei aspettato qualcosa di più entusiasmante"

"cosa pensavi, è un semplice orfanotrofio non c'è nulla di spettacolare, non siamo mica ad un lunapark" mello si morse il labbro per contenere la rabbia e l'agitazione che stava provando, il bambino era arguto e lui aveva un livello di pazienza fin troppo basso, aveva pure finito il cioccolato; l'albino in risposta gli diede un'occhiata alzando leggermente il sopracciglio, non si fida? proprio lui che è appena arrivato non si fida di noi? pensò mello stringendo i pugni e facendosi sanguinare il labbro, questo bambinetto lo avrebbe mandato fuori di testa.

"non sto insinuando niente, semplicemente volevo sapere se ci fossero stanze strane e inesplorate e in dal caso voi le avreste sicuramente conosciute"
"invece da come sembra il tuo istinto si è sbagliato, noi non sappiamo nulla"
"mh ok"

il più grande si voltò e guardò il basso negli occhi, è proprio presuntuoso e insopportabile gli farò cambiare atteggiamento, si raccomandò il biondo sistemandosi i lunghi capelli e ghignando, non era ancora consapevole di cosa gli facesse provare near, se fosse paura, invidia o pura ira, ma sicuramente era una sensazione assurda che non provava da tanti anni. forse era lui l'ostacolo che aveva desiderato di trovare nel bel mezzo del suo percorso, se le sue supposizioni non erano errate il bianco sarebbe stato l'unico capace di potergli tener testa e non avrebbe perso l'occasione di distruggerlo"ah cambiando argomento" parlò il più alto pacificamente"come ultima cosa, domani ci saranno gli esami: buona fortuna piccoletto" suonarono le campane, erano le sette in punto orario di cena, i tre si incamminarono nei sotterranei, erano in silenzio, di quei silenzi imbarazzanti e con frasi pensate ma spezzate al sorgere.

matt e mello presero il primo piatto che capitò loro sotto tiro e andarono a sedersi in fondo alla sala, near li seguì in silenzio sedendosi accanto loro, non proferì parola per tutto il pasto, stette ad ascoltare, sia i due ragazzi che gli altri diciotto con cui avrebbe convissuto.

erano ventuno in tutto: otto ragazzi tra i sei e i sette anni, nove circa della sua età o un po' più grandi come mello e matt e sette già pre adolescenti o ai primi anni delle superiori.
osservò il loro modo di parlare, come si guardavano, come maneggiavano le posate e gli oggetti quotidiani, fece attenzione anche ai loro sguardi e gesti, nessuno di loro era un ragazzo qualunque ma ognuno di loro aveva un difetto, anche se minuscolo o in altri casi quasi impercettibile; solo uno si differenziava, tra loro solo uno era inafferrabile agli occhi dei suoi coetanei e quello era mello.
mello e near erano due esseri incompatibili, gli antipodi: uno riflessivo l'altro impulsivo, uno apatico l'altro emotivo, uno silenzioso ed osservante l'altro reattivo e orgoglioso; sembravano completamente diversi ma la determinazione e l'astuzia era la stessa. si incuriosivano l'un dell'altro, si cercavano per poi nascondersi dietro a bugie velate e si sarebbero voluti conoscere, o almeno ciò pensava l'albino. avrebbe voluto scoprire tutto del ragazzo biondo rimanendo dietro le quinte: non si sarebbe potuto aprire a nessuno e nessuno avrebbe avuto la sua fiducia, era questa la promessa che si era fatto e mai l'avrebbe spezzata.

finì di mangiare e subito dopo ritirò le chiavi della camera in cui, da quel giorno in avanti, avrebbe vissuto. aprì la porta e ritrovò la sua valigia e le poche cose importanti nella stanza, da quando i suoi erano morti non gli erano rimasti molti ricordi dei loro anni felici, ma a near quei piccoli frammenti della loro storia bastavano, la loro memoria era la cosa più importante che possedesse e non se ne sarebbe mai sbarazzato; si guardò intorno e vide una strana scatola poggiata sul comodino, la scartò con velocità e un sorriso sghembo ma puro gli si creò sul volto, era un regalo da parte di L. era un puzzle ovvero il suo gioco preferito, l'avrebbe montato il giorno successivo appena finiti gli esami, near adorava comporre, sia che fosse qualcosa di fisico come un palazzo di dadi sia che fosse poetico come il testo di una canzone, creare gli portava alla mente una simmetria che dava pace e perfezione, adorava tutto ciò che era romantico e dolce gli piaceva credere nell'amore anche se era scettico sul destino, era un genio realista e sognatore. andò in bagno e dopo essersi cambiato si adagiò sul letto cadendo in un sonno profondo e ristoratore nelle calde coperte dell'orfanotrofio, le quali lo rendevano un angioletto immerso in un mare di candide nuvole.

al risveglio spettarono ai ragazzi, subito dopo colazione, i difficili esami che tanto spaventavano i bambini piccoli e che facevano fremere dall'eccitazione mello il quale sperava di essere il primo della lista come sempre era stato. passò una settimana regolare, monotona, l'unica cosa che cambiarono quella solita l'atmosfera furono gli esiti degli esami: il tabellone segnava il nome del grande ed imbattibile mello dopo quello di near che l'aveva battuto solo di mezzo punto, quel centesimo che però aveva fatto la differenza. il ragazzo albino si attorcigliò una ciocca dei candidi capelli senza dir nulla riguardo alle valutazioni, sembrava indifferente, se ne andò via subito, come se quel voto non lo avesse interessato affatto. mello fremeva di disappunto, puntò il piede a terra mangiando con foga il pezzo di cioccolato rimanente nelle sue mani, non sopportava quel bambino, avrebbe voluto prenderlo per i capelli e staccarglieli a forza da quanto gli desse fastidio: quella sua superiorità di cui però non si vantava e quell'essere così maledettamente diverso ma simile a lui. eppure cosa poteva farci, aveva chiesto lui di ricevere una ricompensa mandata dall'inferno ad alimentare i suoi giorni e a dargli carica prima della realizzazione del suo piano di vita, e dopo tante richieste eccolo lì, nelle veci di un bimbo di otto anni con la passione per le costruzioni e i giochi in scatola, i soffici capelli bianchi che si tormentava continuamente, il volto dall'espressione incomprensibile e un'innata intelligenza, ecco il segno del demonio che sarebbe diventato la sua più grande ossessione.

summertime | melloxnear Où les histoires vivent. Découvrez maintenant