Capitolo 44 ~ Il mio Cole

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Angel

Ne avevo le scatole piene di essere tenuta all'oscuro di tutto da tutti. Non ero più una bambina indifesa da proteggere. Ero diventata una donna ormai e che gli piacesse o meno la mia famiglia doveva capirlo. Cole doveva capirlo. Se l'avevo trattato così duramente quando si era presentato in ospedale questo pomeriggio era solo perché ero stanca delle sue bugie e delle sue ingiustificate scenate di gelosia. Volevo essere considerata una sua pari. Volevo che mi dicesse la verità su ciò che gli stava capitando e la smettesse una buona volta di incolpare Noah per i casini che aveva combinato lui. Chiedevo forse troppo? A quanto pare si, se a distanza di poche ore dal nostro litigio piuttosto che telefonarmi per scusarsi e chiarire ogni mio dubbio stava facendo a botte come una belva inferocita impossibile da domare.

Quando Noah mi ha chiesto di vederci, per bere qualcosa e parlare del modo in cui c'eravamo lasciati l'altra sera, ho accettato solo perché volevo mettere in chiaro che anche se sto bene in sua compagnia per me è soltanto un buon amico. Quella sera, quando aveva provato a baciarmi ed io mi ero tirata indietro, una parte di me aveva capito che il mio cuore apparteneva già a qualcuno di speciale. Qualcuno che purtroppo, nonostante fosse legato a me da sempre, mi stava mentendo. Non immaginavo di certo che in quello stesso locale, mentre sorseggiavo tranquillamente un cocktail e spiegavo al mio corteggiare di non voler approfondire il nostro rapporto, avrei trovato una versione selvaggia e fuori controllo del mio migliore amico.

Non posso che tirare un sospiro di sollievo quando Cesare lo acciuffa in mezzo a quel groviglio di gente che si prende a pugni e lo porta fuori dal locale. Mi domando tra l'altro cosa ci faccia qui Mr. Scarabocchio insieme a Evelyn. Sapevo che stasera sarebbero usciti ma non che ci saremmo ritrovati tutti nello stesso posto per soccorrere Cole. Il modo in cui si destreggia tra la folla e lo afferra, riportandolo tra noi, lo sguardo di ammonimento che gli rivolge quando cerca di farlo rinsavire, la maniera in cui lui si placa e ricambia quell'occhiata come se dovesse sottostare ai suoi ordini, mi fanno domandare chi sia davvero l'uomo di cui si è invaghita mia cugina e come faccia ad avere questo stretto rapporto con il mio migliore amico. Non appena lo porta lontano da quel mucchio di gentaglia mi precipito da lui, ignorando i reclami di Noah che in un vano tentativo di proteggermi prova a tenermi a distanza.

«Cole. Cristo, sei pieno di sangue!» affermo preoccupata, correndogli incontro. Cesare lo lascia andare, intimandogli che gli farà una lavata di capo più tardi. Lo affida a me mentre torna dentro e cerca di risolvere la situazione con il resto delle persone coinvolte. D'improvviso non m'importa più di essere arrabbiata con lui per avermi mentito. Tutto quello che voglio è accertarmi che stia bene e stargli vicino. D'istinto gli afferro le mani. Stanno tremando e sono ricoperte di tagli e sangue. Anche il suo volto è graffiato e tumefatto. Le labbra sono gonfie e spaccate, un sopracciglio sanguina. Mio Dio! Che cosa ti hanno fatto? Trattengo il fiato. Sento una fitta allo stomaco. Ho voglia di abbracciarlo, di proteggerlo da se stesso e dalla sua impulsività. Appoggio delicatamente una mano sopra la sua guancia e lo accarezzo. Va tutto bene. Adesso sono qui con te. Lui mi guarda. Gli occhi umidi e mortificati che nascondono delle velate scuse per il comportamento sconsiderato che ha avuto.

«Angie». Sembra che stia per piangere. Ha la fronte corrugata, il respiro irregolare. Il mio nome gli esce di bocca in un soffio carico di tutta la sofferenza emotiva che sta provando. È a pezzi e appare così fragile che non resisto all'impulso di stringerlo a me. Mi getto sul suo petto e lo abbraccio forte, come se non volessi più lasciarlo andare. Tornare tra le sue braccia dopo aver trascorso le ultime settimane sempre più distanti è come avvolgersi in una coperta di lana in pieno inverno. È confortevole. È rincuorante. È bellissimo ed emozionante. Lui sussulta. Sembra stare male e provare dolore. Deve avere qualche altra ferita non visibile sul corpo. In mezzo alla mischia lo hanno riempito di pugni così come lui ha fatto con quell'uomo. «Ho combinato un casino, scusami» sussurra, la voce rotta dalla disperazione che mi accarezza i timpani facendo passare in secondo piano il frastuono alle nostre spalle.

Death Stalker ~ L'ombra del PassatoWhere stories live. Discover now