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Erano ormai giorni che il corvino leggeva e rileggeva quel piccolo libro sottile dalle pagine ingiallite. Aveva quasi imparato a memoria le frasi a forza di percorrerle con gli occhi mattina e sera, ogni qualvolta si presentasse un momento di tranquillità. Non che Jimin fosse un ragazzo chiassoso, questo no, solo che era...piuttosto allegro, ecco.
Aveva ormai accolto in casa Jungkook come coinquilino a tutti gli effetti e gli aveva espressamente detto che se ne sarebbe andato solo quando si sarebbe sentito pronto.

Era stato gentile e non aveva posto domande sui suoi piani futuri alle quali sarebbe stato difficile dare una risposta con un minimo di senso logico. Perché diciamolo, quella situazione era tutt'altro che normale.

In ogni caso, il ragazzo sperava che il corvino si sarebbe aperto col tempo, perciò non voleva forzarlo con il rischio di fare peggio.

Oltre alla sua grande bontà, c'era un'altro motivo se non aveva opposto nessuna resistenza a farlo restare e si era offerto, al contrario, di prolungare la sua permanenza a tempo indeterminato.

<Vi prego di restare. Non mi recate nessun tipo di disturbo...e poi questa casa è troppo grande per una persona sola> gli aveva detto Jimin la mattina seguente al suo arrivo, dopo aver fulminato con lo sguardo la valigetta che Jungkook teneva in mano e che presumeva significasse la fine del suo soggiorno lì con lui.

Fatto sta che la casa in questione non era nemmeno lontanamente associabile al termine "grande", anche perché la sua era niente di meno che una scusa campata sul momento per tenerselo con sé il più possibile. Questo perché Jimin si sentiva tremendamente solo e aveva un disperato bisogno di compagnia, di qualcuno con cui poter parlare delle frivolezze della vita o, una volta approfondita la conoscenza, anche di temi più impegnativi.

Nonostante si conoscessero da poco o niente, il biondo si era reso conto che Jungkook rientrava in quella categoria di persone intriganti che raramente si incontravano nella vita: alquanto riservato e dai modi totalmente differenti dai suoi, il ragazzo era come un puzzle da ricostruire pezzo per pezzo. Non era come quelli che conosceva. Lui era diverso. Perciò d'ora in poi avrebbe lottato con tutte le sue forze per ottenere il quadro completo.

In ogni caso, il corvino aveva anche tentato di controbattere ma alla fine si era dovuto arrendere agli occhioni dolci e alla voce zuccherina del biondino che aveva prontamente troncato le sue proteste sul nascere.

Queste sue peculiarità non erano nuove agli occhi di Jungkook, poiché il ragazzo risultava dolce e gentile ventiquattr'ore su ventiquattro, ma doveva ammettere che si sentiva quasi stregato in certi momenti. Quando Jimin gli chiedeva qualcosa, anche una sciocchezza, era categoricamente impossibile dirgli di no. C'era qualcosa nel suo timbro vocale, nei suoi occhi color nocciola e nelle sue labbra piene che gli impediva di pronunciare quelle due semplici lettere per l'ingenua paura di poterlo ferire e di veder sparire il sorriso dal suo volto.

[...]

Toc-Toc

Jungkook sobbalzò per lo spavento e allentò la presa delle mani attorno al libro che stava stringendo, facendolo precipitare al suolo.

Per non si sa quale strana ragione, il ragazzo, quando era stato colto di sorpresa, si trovava in piedi, fermo, davanti alla cassettiera della camera da letto intento a leggere. Fu così che nel tentativo frettoloso di riprendere ciò che gli era caduto, picchiò la fronte contro uno dei cassetti.

Iniziò a massaggiarsi la fronte a suon di sbuffi e di imprecazioni sommesse, mentre Jimin gli si avvicinò ridacchiando.

<Tutto bene?>

<Si, non è niente> rispose Jungkook, frenando l'impeto di continuare a sfregarsi la fronte per cercare di attenuare il dolore.

<È un po' arrossato...vi porto del ghiaccio->

Ink memories || jikook Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora