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Celeste era in panico mentre si guardava le mani sporche di sangue rosso, rosso come quel suo bellissimo abito che indossava.
Era inginocchiata accanto al corpo di quell'uomo e continuava a fissare le sue falangi delicate, macchiate di quella viscosa e calda sostanza.
La vista era annebbiata dalle lacrime e dal panico, il respiro corto e la testa in fiamme.
-Mamma, m-mamma.
Il sangue.
Le mie mani sono intrise di sangue.
Pronunciava sconvolta, mentre sua madre continuava a tamponare la profonda ferita sul torace del giovane uomo, steso sul divano.
Un servitore, Davide varcò la soia del salone con degli asciugamani sterili e dell'acqua.
Accortosi dello stato in cui vigeva la principessa, la sollevò da terra e l'accompagnò nei suoi appartamenti.
Quella giovane e pura ragazza non poteva assistere ad una scena così terrificante.
Tutto quel sangue sparso sulle sue mani e sulle sue vesti.
Era troppo.

Celeste varcò la porta della sua camera e corse alla toletta.
Si sciacquò freneticamente le mani fino a far tingere l'acqua di rosso.
Strappò via dal suo corpo quel vestito zuppo di sangue e lo gettò sul pavimento in marmo.
Indossò un semplice vestito da camera e si legò i capelli in una coda bassa.
Uscì dalla sua stanza e raggiunse il salone, nel quale vi era già un medico.
Lo scienziato visitò l'uomo e cercò di fermare le emorragie.
Somministrò della morfina e si congedò.
Pietro e Davide trasportano l'uomo in una stanza e lo adagiarono sul letto.
Celeste li seguì, chiedendo loro di lasciarla sola.
Vegliò su di lui per tutto il giorno e tutta la notte.
Gli asciugava il sudore sul petto e sulla fronte dovuto alla febbre.
Gli inumidiva le labbra secche, con dell'acqua.

La principessa era seduta su una sedia, al lato del letto.
La testa ciondolava sulle spalle, la giovane stava per cadere tra le braccia di Morfeo se non fosse stato per un mugugnio di fastidio seguito da un gemito di dolore.
La ragazzina aprì gli occhi e si avvicinò al letto.
L'uomo faticava ad aprire gli occhi.
Corse via, uscendo dalla camera.

-È sveglio!
Esclamò con affanno dovuto alla corsa.
Si era precipitata nel salone dove si trovavano la regina, sua nonna, suo nonno e sua zia Barbara.
I presenti si alzarono di scatto e raggiunsero la camera posta ai piani superiore della magione.
La regina varcò la soia da sola, si avvicinò al letto e scrutò l'uomo.
La fisionomia le era familiare, molto familiare, ma non riusciva a ricordare.
L'uomo aprì gli occhi, mettendo a fuoco l'ambiente.
Dopo esserci riuscito issò le sue pupille in quelle della sovrana, la quale sussultò.
Anche gli occhi di quell'uomo le erano familiari.
Fin troppo.
La regina sentì delle strane sensazioni nel suo stomaco, ma non ne diede importanza.
-Voi...chi siete?

"Chi giudica non può aver amato mai."Where stories live. Discover now