21.3 All'alba dell'incertezza

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Schiuse gli occhi e vide il grigio che regnava nella sua camera. Udì il crepitio del fuoco nel caminetto e il calore che emanava le accarezzava il volto. Ricordava di essere stata tirata fuori da quel baule scomodo in cui i soldati di Raissa dovevano averla incastrata mentre era priva di sensi sulla nave, e di essere svenuta di nuovo tra le braccia dei genitori. Non mangiava da almeno un giorno e i pasti frugali, che era esagerato definire tali, l'avevano indebolita ancor più.

Sentiva dolore in tutto il corpo, come se l'avesse picchiata un uomo molto muscoloso e contro cui non avrebbe mai potuto difendersi. Era consapevole di quello che era successo, perché attraverso un piccolo foro nel baule aveva percepito quello che accadeva fuori. Era stata portata dentro una carrozza, guidata da qualcuno che, come era stato sul suo vascello, non aveva idea di come si facesse. Era stata sbalzata di continuo tra quelle pareti di legno che l'avevano imprigionata ed era certa, pur senza essersi vista, di avere la pelle livida in più punti.

«Bianca!»

Richiuse le palpebre al sentire la voce della madre. Non aveva voglia di parlare, non riusciva ancora a credere che...

Roberto.

«Sono sveglia» biascicò soltanto, sperando che Rosalia la lasciasse sola. Il sole entrava sbieco dalla finestra aperta e lei dovette schermarsi con una mano, prima che la regina facesse un cenno a una ragazza di servizio che sciolse il nodo che legava la tenda di lato.

«Quello che ha detto Raissa Autunno... è v-vero?» domandò la donna, con un tremolio.

Lei annuì, rintanandosi sotto le coperte, quasi a cercare un calore che sembrava non potesse più appartenerle. «Da quanto sono qui?»

«Da questa mattina. Bianca, cosa è successo?»

La principessa scosse la testa. Non era pronta a parlarne, non ancora. Desiderava che fosse solo un brutto sogno, avrebbe fatto una lunga dormita e al suo risveglio avrebbe scoperto che i Lupfo-Evoco non erano mai stati convocati, che lei e il fratello non erano mai partiti...

Scegliere di tornare nel Copne è stata una mia idea. Una pessima idea. È solo colpa mia.

Scostò le trapunte pesanti e posò i piedi sul tappeto soffice che ricopriva il pavimento. La sua pelle fu rinfrancata da quel semplice contatto, ma durò solo un istante, perché le tornò alla mente tutto quello che era successo da quando era tornata alla corte di Milena Cordi.

Menta.

Non sapeva cosa fosse stato di lei da quando l'aveva lasciata nel continente. Bianca era stata condotta prigioniera sul suo vascello, la Gredasu era rimasta sulla terraferma.

Non avrei dovuto permetterlo.

«Stai bene?»

La voce della madre le giungeva lontana, come se avesse le orecchie tappate. Non voleva sentirla, non voleva parlarle. Lei e suo padre avevano venduto la loro lealtà solo per riaverla indietro.

Codardi, non avrebbero dovuto. Io sono soltanto una vita, così ne metteranno in pericolo tantissime altre.

Da seduta, si alzò in piedi.

«Sei ancora debole, rischi di cadere...»

Ma Bianca non cadde. Si voltò verso Rosalia e le chiese: «Sono arrivate lettere per me?»

La regina le indicò la scrivania vicino al caminetto. «Soltanto una.»

Lei non replicò, ma si avvicinò al tavolo in pietra e alla poltroncina imbottita di stoffa morbida. Si sedette e aprì la busta sigillata che una delle cameriere doveva aver lasciato lì. Dubitava che se ne fossero occupati i genitori.

Selenia - Trono rovesciatoWhere stories live. Discover now