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ELIA

<<Dottore, che novità ci sono?>> Chiedo impaziente. Sono quasi tre ore che aspetto i risultati delle analisi. Devono farmi sapere se devo continuare o meno con la cura di chemio.

<<Elia, ti parlo chiaramente, per me dovresti continuare a curarti, ma le probabilità che il tumore sparisca sono davvero basse.>> Un tonfo al cuore. Lo sapevo, sapevo che sarebbe finita così.

Annuisco e vado via.

Sapevo che prima o poi sarebbe finita così, che questo mostro sarebbe tornato nuovamente. Ho avuto il cancro cinque anni fa, ma dopo un lunghissimo ed estenuante anno di chemio e terapie, sono guarito. Quando Eva venne a sapere del cancro, al tempo, pianse come non aveva fatto mai. Rimase sotto shock per circa un'ora. Non parlava, non mangiava, non beveva. Era impassibile, pallida, come se per lei fossi già morto, ecco perché non voglio dirle che il cancro è tornato. Ne morirebbe. Tommaso mi dice sempre che non è giusto nei confronti di Eva, che deve saperlo, perché se dovessi morire senza che lei sapesse il reale motivo della mia morte, probabilmente morirebbe con me. So come starà e non sono pronto a vederla soffrire in questo modo. Non dopo quello che sta passando, tra poco è anche il suo compleanno. E' assurdo, anche mentre sto morendo mi preoccupo solo e soltanto di lei e del suo stato d'animo. Quella ragazza mi ha rapito, "anima e corpo" come dice uno stupido romanzo che lei ama. Mi è entrata dentro, si è insidiata sotto la mia pelle e ci rimarrà per sempre, qualunque cosa mi accada. Se dovessero chiedermi "Cos'è per te la felicità?" Io parlerei di lei. Di lei e di quel sorriso capace di illuminare un'intera stanza al suo ingresso. Di lei e di quella vocina stridula che fa quando è divertita. Di lei e delle sue guance che arrossiscono quando le faccio un complimento...dei suoi capelli lunghi e morbi, dei suoi bellissimi occhi marroni. Quei dannati occhi marroni che di notte mi vengono in sonno e mi fanno pensare alle cose più belle, a quanto la vita possa darti delle bastonate forti per poi curarti le ferite con due semplici occhioni marroni. Lei è, più o meno, l'unica cosa che ancora mi fa rimanere vivo, ma, ahimè , nemmeno Eva può salvarmi dal cancro.

Senza accorgermene sono arrivato al bar dove lavoro, entro e trovo Tommaso intento a riscaldare dei cornetti. Mi appoggio al bancone e lo saluto, richiamando la sua attenzione.

<<Hey, allora? Com'è andata?>> Mi domanda il mio amico con la voce piena di panico.

<<E' andata.>> Sospiro giocherellando con un fazzolettino del bar.

<<Che vuol dire "è andata"? Parla chiaro.>>

<<Non qui, per favore. Fammi un caffè, ho bisogno di fumare.>> Sospiro passandomi una mano sul viso.

<<Dovresti smettere.>> Ringhia lui.

<<E tu dovresti farmi il caffè.>> Sbuffo e vado fuori. Mi siedo ad un tavolo libero per poi accendermi una sigaretta, dopo il primo tiro, la testa comincia a girarmi e cado dalla sedia.

<<Oh.>> Sento Tommaso urlare e mi sembra di vederlo correre verso di me. <<Oh, Elia, stai bene?>> Annuisco mentre mi aiuta a rimettermi in piedi.

<<Sto bene, mi gira solo la testa.>> Mi lascio cadere sulla sedia e faccio un altro tiro dalla mia sigaretta, la mia testa ancora gira o forse sono io a girare? Tommaso me la tira via e la schiaccia sotto ai suoi piedi.

<<Adesso basta, smettila di ucciderti.>> Grida e all'improvviso tutti gli occhi delle persone presenti sono su di noi.

<<Abbassa la voce.>> Sussurro accarezzandomi le palpebre.

<<No, non abbasso la voce e oggi stesso lo dico ad Eva.>> Strilla. Mi alzo frettolosamente e gli stringo il polso.

<<Azzardati a farlo e con me hai chiuso.>>

<<Deve saperlo.>>

<<No, non deve. Ti ho detto che non ne voglio parlare.>> Gli lascio il polso e mi lascio cadere nuovamente sulla sedia.

<<Queste le prendo io.>> Dice prendendosi il mio pacchetto di sigarette e riponendolo poi nella tasca del suo grembiule.

<<Ridammele.>> Mi lamento.

<<No, basta. Adesso facciamo a modo mio. Ti stai uccidendo.>> Dice lui cercando di guardarmi negli occhi.

<<Ci sta pensando il cancro ad uccidermi, non le fottute sigarette, quindi ridammele.>> Grido e mi guardo intorno. Le persone mi fissano a bocca aperta, con quello sguardo di pietà del cazzo che in questo momento mi fa solo incazzare.

<<Sai che c'è? Hai ragione, fai quello che cazzo ti pare. Io ho chiuso.>> Il mio amico si leva il grembiule, lo lancia sul tavolo, mi guarda con gli occhi lucidi e se ne va.

Se ne va di nuovo, lasciandomi da solo.

<<Cazzo.>> Impreco dando un calcio alla sedia. Lascio i soldi del caffè sul tavolo e me ne vado anche io.

Rovino sempre tutto, Tommaso voleva solo aiutarmi. Ma nessuno può farlo, nessuno può aiutarmi. Il mio destino è segnato e nulla lo cambierà.

Ho bisogno di sentire la voce del mio angelo; compongo il suo numero e aspetto impaziente che risponda e che  venga a salvarmi dagli abissi. 

17 Metri sopra il livello del mareWhere stories live. Discover now