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EVA

Al mio risveglio, la casa è vuota e trovo un messaggio da parte di Elia che mi avvisa di essere uscito ed un altro da parte di Tommaso, che invece mi avvisa che sta tornando a casa.

Non vedo l'ora di vederlo, abbracciarlo e passare del tempo con lui. Mi è mancato tanto e questa breve lontananza mi è servita a capire che mi manca il fiato quando lui non è accanto a me. Mi ha fatto capire che provo qualcosa di immenso e forte per lui. E' indescrivibile, mi attira a se come una calamita, mi porta su, sopra le nuvole, oltre le montagne e gli oceani e poi mi spedisce in orbita quando mi bacia, quando mi tiene le mani sotto al viso mentre le nostre labbra si toccano. Poi mi fa vedere il paradiso quando mi accarezza i fianchi e poi su lungo la schiena. La mia pelle vibra ad ogni suo tocco ed il mio cuore sobbalza ad ogni sua parola dolce. Mi ha mandato il cervello in panne e amo alla follia che lui lo abbia fatto.

Decido di preparare un dolce, per il suo ritorno, la caprese, il suo dolce preferito. Già mi immagino la faccia che farà quando la vedrà, ma soprattutto, quando la mangerà. Cerco gli ingredienti e, non si sa come, li trovo tutti. Ma prima ho bisogno di mettere una felpa, ho troppo freddo.

Vado in camera di Elia ed apro l'anta dell'armadio, per poi prendere una felpa grigia ed indossarla. Nel prendere la felpa cade sul pavimento una busta gialla. E' una busta dell'ospedale. Forse non dovrei aprirla, non sono affari miei, ma Elia è il mio migliore amico, merito di sapere se gli sta succedendo qualcosa. Che faccio? Apro? O faccio finta di niente e chiedo a lui quando torna? No, la apro adesso.

Mi siedo sul letto e comincio a tirare fuori i documenti. Una strana sensazione mi percorre il corpo, ansia mista a curiosità. Spero non sia niente di grave.
Ad ogni parola letta, il mio cuore perde di un battito fino a poi fermarsi definitivamente per qualche secondo. Mi lascio scivolare giù dal letto portando le gambe al petto, le lacrime scendono incontrollate sulle mie guance arrossate e i miei singhiozzi riempiono la stanza.

Elia è malato, ha il cancro e non si può fare nulla per salvarlo, o meglio, c'è una minima possibilità che lui sopravviva. Ho letto tutte le sue documentazioni, ho visto le lastre, i controlli che ha fatto, tutto senza di me. E in un attimo tutto mi è chiaro. I capelli rasati, i suoi continui malori e le sue multiple assenze a lavoro. Il mio migliore amico sta morendo ed io non posso fare nulla per salvarlo. Un dolore così grande l'ho provato solo quando ho saputo del suo primo cancro a sedici anni, ed ora, quel mostro è tornato.
Ma perché non me lo ha detto? Perché me lo ha tenuto nascosto? Non si fida di me? Non vuole avermi accanto? Cosa? Cosa?

Urlo, urlo talmente tanto da non avere più voce. Mi sento morire, il mio cuore è in frantumi, per l'ennesima volta, e ad avermelo rotto è stato l'unico che me lo ha sempre riaggiustato.

Come ha potuto affrontare tutto da solo? Come se io non contassi nulla, come se il mio sostegno fosse vano. Come ha potuto soffrire, tutto da solo? Tommaso lo sapeva? Se sì, perché non me ne ha parlato? Perché ha lasciato che Elia affrontasse tutto da solo?

Non ne posso più, ho la testa pesante e mi fanno male gli occhi. Cerco di alzarmi in piedi ma le mie gambe cedono, soffrono anche loro. E' una pugnalata al cuore che mi ha completamente uccisa.

E se davvero non ci fosse nulla da fare? Se Elia dovesse perdere questa guerra, cosa ne sarà di me? Che la mia vita è vuota se lui non c'è. Mi batto qualche pugno sul petto per incitarlo a rimettersi in moto, mi manca il fiato e la stanza inizia a girare. Urlo, urlo con tutta la forza che ho in corpo e vedo la porta aprirsi.

<<Oh, Eva.>> Elia si accascia accanto a me, stringendomi forte a se, poi si guarda intorno e capisce. Io mi dimeno, mi libero dalle sue braccia e mi allontano da lui, strisciando sul pavimento fino ad arrivare dal lato opposto della stanza.

<<Perché? Perché non me lo hai detto brutto egoista? Avrei condiviso con te ogni attimo di questo percorso, come abbiamo già fatto. Perché mi hai pugnalata così?>> Gli urlo contro mentre ancora singhiozzo e le mie lacrime continuando ad uscire.

<<Non volevo farti stare male.>> Grida a sua volta, giustificandosi.

<<E come sto adesso, eh? Come stai tu? Come pensi possa stare io a vederti in questo stato? A sapere che hai affrontato tutto da solo?>> Grido ancora, e ancora, e ancora lanciandogli addosso tutti i documenti ormai stropicciati.

<<Perdonami, volevo tenerti all'oscuro di tutto per evitare che tu stessi male.>> Ripete e cerca di avvicinarsi ma lo scaccio via con la mano.

<<E pensi che io non avrei sofferto vedendoti morto? E soprattutto sapendo di non esserti stata accanto in questo lungo periodo di malattia? Eh? Sai che grande senso di colpa mi sarei portata sulle spalle?>>

<<Mi dispiace tanto.>> Si siede di fronte a me, tenendosi però a debita distanza, a dividerci ci sono i fogli stropicciati sul pavimento. Si passa una mano sul viso e l'altra sulla testa e poi rilascia un grande urlo, cominciando a piangere anche lui.

<<Lo so come ti saresti sentita, ma volevo proteggerti, ed ho fallito. E' un crimine cercare di proteggere la persona che più amo al mondo? >> Mi risponde a tono, guardandomi fisso negli occhi. <<Non ho giustificazioni e riconosco di essere stato un egoista, ma adesso, ho bisogno di te. Ero tornato a casa con l'intenzione di dirtelo, te lo giuro raggio di sole.>> Adesso parla più lentamente ed i mie singhiozzi sembrano essersi calmati.

Appoggio la testa al muro, cercando di pensare a come sta lui e non a come sto io. Ovvio che gli starò accanto adesso, mi trasferisco qui se necessario, voglio passare il più tempo possibile con lui. Lo guardo mentre si asciuga gli occhi con la maglietta, le sue spalle fanno su e giù a causa dei singhiozzi e d'improvviso non esiste altro che lui. Sparisce tutto. Mi alzo e vado verso di lui, abbracciandolo forte, tenendolo stretto tra le mie braccia e accarezzandogli la testa.

<<Non ti abbandonerò mai. Ovunque tu vada. Non ti abbandonerò mai.>> Tiro su col naso e piangiamo ancora insieme. Ci liberiamo di tutta la tristezza e la rabbia repressa che abbiamo dentro.

<<Perdonami.>> Singhiozza tra le mie braccia.

<<Shh, va tutto bene.>> Devo essere forte per lui, non devo mostrarmi debole o si sentirà in colpa. Non è colpa sua, non è colpa di nessuno. E' che la vita è una merda.

Lui è la parte migliore di me e sarò sempre con lui. Ovunque la mia anima decida di andare, io lo amerò anche da lì. Ovunque la sua anima decida di andare, io lo amerò fino a lì.

<<Non voglio perderti.>> Sussurra tirando su col naso. Mi allontano un po' per guardarlo negli occhi, gli accarezzo le guance con i pollici e gli faccio un sorriso.

<<Non mi perderai, ed io non perderò te. Ci siamo giurati amore eterno, come potrei abbandonarti. Andrà tutto bene. Ne usciremo insieme Elia, te lo prometto, fosse l'ultima cosa che faccio.>> Mentre glielo dico, cerco di convincere più me stessa che lui. Rigetto le lacrime, non voglio che lui mi veda ancora così. Andrà tutto bene. Deve andare tutto bene. Sarei persa senza di lui.


17 Metri sopra il livello del mareWhere stories live. Discover now