VI

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💿 Halsey - Gasoline

Ad una settimana da Halloween, l'inverno si faceva spazio fuori e dentro le mura di Hogwarts. L'aria era sempre più pungente, la pioggia più frequente e i rari raggi solari non scaldavano più di tanto.

Ma per chi viveva nei sotterranei umidi del castello, non era mai stato un problema, poiché ci si faceva l'abitudine. Poi, a dir la verità, Demetria Drusus non era mai stata brava a scegliere idoneamente l'abbigliamento in conformità al meteo, anzi; lasciava la sciarpa nell'armadio quando assisteva alle partite di Quidditch a Dicembre, poggiava il maglione sulle spalle agli inizi di Maggio, e non metteva le calze a Novembre. Non lo faceva per attirare l'attenzione, come suggerì Redd, vedendola salire le scale della Torre Nord; semplicemente non s'impegnava, perché non le interessava veramente sentire gli arti gelare.

«L'hai vista la Drusus? Come si fa a stare solo in camicia se anche i quadri stanno tremando? Fa ridere.» Al suo fianco, Magee non era dello stesso avviso.

«Probabilmente starà bene così.» Si limitò a rispondere, poggiando le spalle al muro. Stavano aspettando un Grifondoro che, a breve, avrebbe dovuto finire la lezione di Divinazione. Questo aveva chiesto al Cercatore giallo-nero una mano per pulire gli spogliatoi, e da buon tasso, non s'era tirato indietro, trascinando con sé anche il suo migliore amico.

«Allora conferma la mia teoria per cui è pazza.» Continuò Redd, non intenzionato a far cadere il discorso.

«Mi spieghi perché ce l'hai tanto con lei?» Chiese allora Magee. Il tono con cui rispose non gli piacque, facendogli storcere il naso.

«Lo chiedi pure? Non è niente di personale, sia chiaro, ma il modo in cui...vive, mi urta il sistema nervoso.» Al viso perplesso di Elia s'affrettò a continuare, «Arrogante, aggressiva, gelida e, ci scommetto venti galeoni, frigida.»

Alla faccia del "nulla di personale", pensò Elia. I suoi pensieri furono interrotti ancora dalla voce, quasi rabbiosa, del compagno. «Se ne sta sempre in disparte, ti guarda come se non esistessi, e poi, permettimi di dire, stare seduta a un tavolo che per quattro cene di fila non ha proferito parola, è da psicopatici.» Redd concluse il suo monologo con un ghigno stampato in volto, come soddisfatto dall'analisi -più che superficiale- della Serpeverde. «E, infine, non l'ho mai, e sottolineo mai, vista né con un ragazzo né con una ragazza. Insomma, com'è possibile che per sette anni non abbia avuto nemmeno una storia? Una tresca? Che sei un troll?».

Al suo fianco, Elia fece un profondo respiro, e si passò una mano tra i capelli, come a rilasciare un po' di stress. Si morse più volte la lingua per ribatter una frase del tutto insensata che aveva appena ascoltato, ma poi un'altra gli arrivava dritta alle orecchie, e un'altra ancora, impedendogli così di controbattere le sconclusionate credenze del suo amico.

«È solo riservata, tutto qui. Poi non la conosci, quindi non puoi confermare metà delle cose che hai detto.» Alla fine, aveva optato per la sua solita diplomazia.

«Perché tu si? La conosci? No, quindi non puoi nemmeno affermare il contrario.» A volte, Elia si chiedeva se, nella sua secolare carriera, il Cappello Parlante riconoscesse Anthony Redd come uno dei suoi esuigui errori.

Il suo vagare con la mente fu interotto poco dopo dall'arrivo del Grifondoro che si avvicinava a passo veloce. «Redd, Magee. Ehi!» Irruppe quando fu abbastanza vicino, «Grazie per l'aiuto. Andiamo?»

E mentre s'incamminavano verso il pian terreno, diretti verso il Campo, Elia non potè fare a meno di pensare alle ultime parole del suo amico. Certo, non la conosceva, ma l'aveva sempre ammirata, così come le sue qualità. Non la conosceva, non ancora almeno.

***

«Demetria, cara, ti stavo aspettando,» la salutò la professoressa, dandole le spalle. «thé?» Chiese, mentre già ne versava due tazze.

La Serpeverde sedette su una delle poltrone rosse dell'Aula di Divinazione, vagando con lo sguardo: la classe era appena stata dismessa, ma lei non aveva fissato alcun appuntamento con la docente, non propriamente.

«Grazie.» Disse, quando le fu porsa la tazza fumante di Malva e Melissa. Restarono in silenzio per un po', rotto di tanto in tanto dall'eccentrica professoressa che risucchiava il liquido verdastro.

«Genuino e adorabile, vero?» La voce acuta della Cooman quasi fece saltare la ragazza dalla poltrona, risvegliandola dai suoi pensieri.

«Cosa?» Chiese con voce bassa.

«Il Tassorosso. Oh, ma non mi aspetto che tu confermi. In fin dei conti, sei una Serpeverde.» Dietro i suoi grandi occhiali circolari, gli occhi della professoressa fissavano il fondo della sua tazza, senza curarsi dell'espressione sgranata che lampeggiava sul volto della studentessa.

Dopo un breve momento di silenzio, in cui la ragazza aveva cercato di pesare bene le parole da proferire, aveva deciso di parlare, ma ancora una volta la Cooman la precedette.

«Tesoro, non prestare attenzione a ciò che penso io. Perché penso tante cose, tipo che questo thé è ormai freddo e amaro. Bleah.» disse, cacciando la lingua verdognola fuori a manifestare il disgusto, «Guardati dentro, cosa dicono le tue creazioni. So che hai qualcosa che vuoi farmi vedere.»

Senza proferire parola, estrasse dallo zaino il diario in pelle nera, aprendolo ad una pagina a caso. «Aparecum» sussurrò, puntandogli su la bacchetta.

Poco a poco, le pagine bianche presero a rimepirsi di fitte scritte e piccoli disegni, rivelandone il vero contenuto. Senza guardarlo un attimo in più, Demetria lo passò alla professoressa, che ci si tuffò, anima e corpo: i crespi capelli marroni ne coprivano la visuale, ma la ragazza era sicura che le labbra mimavano parola per parola il contenuto.

Così, si alzò dal suo posto, sentendo crescere sul petto un senso di pesantezza. Si apoggiò con la spalla destra all'unica finestra presente, scostando di poco le tende rosse. Una lieve pioggia bagnava la terra su cui giaceva il castello, creando insieme alle nuvole scure un paesaggio opaco e opprimente. Quasi a voler riflettere lo stato d'animo di chi lo guardava.

I minuti passavano, e la Cooman non parlava. Come sempre, l'ansia si tramutò in impazienza, e prese a girare in tondo nella stanza. Non avere il controllo di quella situazione la faceva sentire impotente, fallimentare addirittura. Non capire cosa le stesse succedendo, invece, la causava disorientamento, portandola a dubitare ogni singolo istante della sua vita. Chi era davvero?

«Avverto qualcosa...qualcosa di diverso. Riscatto? Una nota positiva. Leggo dubbio, credi di non esserne all'altezza?»

Finalmente la professoressa parlò, riportando l'attenzione su di se. Dal modo in cui era seduta, sul bordo della poltrona, con la mano poggiata al mento, e il diario chiuso in grembo, Demetria capì che aspettava realmente una risposta.

«Già ne abbiamo parlato professoressa, finché non cpaisco cosa mi succede, non potrò affermare di poterlo affrontare. Insomma, come psso saperlo se prima non mi ci confronto?» Replicò la riccia, incrociando le braccia al petto. Si rese conto di avere il respiro affannato, e la bocca dello stomaco che bruciava, rendendole difficile parlare.

«Non mi riferivo ai sogni, ma al Cercatore. Credi di non meritarlo?» Incalzò allora la professoressa.

Dapprima il respiro le morì in gola, poi scoppiò in una fragorosa risata che le fece piegare la testa all'indietro. Avrebbe dovuto immaginare che fosse uno dei giorni "no" della Cooman.

«Non mi hai risposto.»

Allora la Serpeverde, guardandola dritta negli occhi, si rese conto della serietà che gravava su quel momento. Quasi si pentì di averla screditata, era -tra i pochissimi- una di cui si fidava.

La professoressa, non ricevendo risposta, continuò. «Lui potrebbe essere la chiave per capirci di più. Non essere schiava del tuo passato: tuffati nei mari sublimi, immergiti in profondità e nuota lontano, così tornerai con nuovo rispetto di te stessa, con nuova forza ed esperienza avanzata che ti spiegherà, e oscurerà il vecchio

si vis pacem, para bellumDove le storie prendono vita. Scoprilo ora