Rosa Antico Tenue

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La casa di Gabriele a Cesenatico ha le pareti azzurre, eccezion fatta per questa camera, la mia e di Angelica, che è di un rosa antico tenue. Alle tre e mezzo del mattino dovrei dormire e non fissare insistentemente il colore di questi muri.

Cosa diavolo sto facendo? Una cazzata, ecco cosa. Le ho chiesto di sposarmi e lei, felice come una Pasqua, ha accettato. Mi sposo. Con una ragazza. Devo essere uscito di senno, senza ombra di dubbio.

Ho visto Sal trattenere a stento un pugno da darmi in faccia, Gabri mi ha fatto degli auguri molto dubbiosi, Da ha fatto una battuta scema, ma non c'era neanche un principio di sorriso sulla sua bocca.

Il mio cellulare ha smesso di trillare come un forsennato solo due ore fa, sommerso da auguri e congratulazioni da parte di tutti i parenti, di ogni ordine e grado. Che immenso casino.

"State insieme da quasi tre anni, Adam, non sarà l'ora di sposarvi?" mi ha chiesto due mesi fa nonna, al telefono. Nonno ha ribadito il concetto, blaterando qualcosa sul volere di Dio. E io mi sono sentito in dovere di comprarle un anello alla mia portata e farle una dichiarazione di falso amore sulla spiaggia.

Sospiro e mi passo una mano nei capelli. Sono veramente un coglione, davvero tanto. Sposato, con una donna che non amerò mai, per tutto il resto della mia vita, con dei bambini magari, ad adempiere ai miei doveri coniugali con svogliatezza e un peso sul cuore. Un suicidio, essenzialmente.

Mi alzo, in silenzio, per non disturbare Angi, che dorme serena accanto a me, con le sue gambe glabre e i suoi fianchi morbidi. Vado in cucina a bere un po', ma trovo Da, seduto sui gradini del portico, totalmente solo.

«Hey» gli dico, sedendomi accanto a lui, che mi guarda senza dire nulla.

«Hey» sospira, infine.

«Perché sei sveglio a quest'ora?» domando.

«Potrei farti la stessa domanda...» mi ribatte.

«Sono venuto a bere, avevo sete»

«Io non riuscivo a dormire. Pensavo.» mormora, guardando prima per terra, poi oltre, verso la strada deserta. «Ti sposi...» sussurra, sospirando. Annuisco, sentendomi in colpa. Sto tradendo i sentimenti che provo verso di lui, che mi chiedono disperatamente di abbandonare la nave della finta eterosessualità, per lanciarmi sulla sua scialuppa e perderci in mezzo al mare.

«Sai che lo faccio per la mia famiglia...» gli rispondo, non molto convinto. Sto sbagliando tutto, ma proprio, propriotutto. Dovrei essere al suo fianco, non a quello di Angelica. Allo stesso tempo, non potrei mai fare questo ai miei parenti, così felici ed entusiasti di me accasato. Li amo così tanto che sono disposto a sacrificare tutta la mia felicità per loro.

«Non mi devi delle giustificazioni...». Sembra più triste che mai, più triste di quando litigava con suo padre, più triste di quando è morto Dani ed è una sofferenza vederlo così.

«Sì, invece. Tu mi hai aiutato ad accettare me stesso e sto buttando tutto quanto nel cesso...». Gli compare un sorriso triste e sospira dal naso.

«Non importa. La vita è tua, non posso obbligarti a fare niente.» mormora, poi cala un silenzio pesantissimo, piuttosto singolare da parte sua.

«Tutto ok?» gli chiedo. Io non sono come lui, non riesco a capire cosa passi in mente alle persone. Lo vedo triste e sconsolato, ma non ne capisco il motivo.

«Sì, sì... pensavo... tu ti sposi, io con un figlio... siamo già quasi pronti alla pensione». Ridacchio e gli do una mini-gomitata. Certamente, pensa veramente che io mi beva tutte queste stronzate?

«Magari... il lavoro è veramente uno schifo»

«Che cazzo dici, Dado, che tu adori il tuo lavoro...»

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