Il Diavolo che accarezza Cerbero

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«Le sorprese non mi piacciono» brontolo, con le braccia al petto.

«Ti giuro, Dado, io te lo giuro. Parla ancora per lamentarti e ti butto giù dall'auto in corsa» mi avvisa Da, con un dito alzato. «E siamo ai centosessantotto» mi informa, leggendo sul tachimetro.

«Mi hai fatto fare una valigia, mi hai messo su questa macchina, hai cantato Katy Perry e abbiamo superato l'Emilia-Romagna, mi sembrano motivazioni più che sufficienti per lamentarmi. E rallenta, per Dio, non voglio schiantarmi contro un guardrail»

«Oh, porca vacca. Stiamo andando in vacanza, Dado.»

«Ci siamo già andati»

«Ad Alassio. Con Felice, che ha assistito per la prima volta nella sua breve vita a un attacco omofobo, mi ha punto un fottuto calabrone e voi due bestie mi avete sotterrato nella sabbia, lasciando che la mia faccia venisse bucherellata da queste dannatissime lentiggini. Non è stata una vacanza, è stata una missione suicida. Però mi è piaciuta un sacco la sorpresa che mi avete fatto per il compleanno...»

«Quindi, dove stiamo andando?» chiedo, appoggiando la testa contro il finestrino. Bha, minacciare di chiamare gli assistenti sociali solo perché Da ha osato baciarmi la guancia mentre aveva Felice appollaiato sulla gamba, quel tipo aveva dei problemi seri. Ha pure rovinato una buonissima granita alla mandorla, mangiata come distrazione per Feli in modo che non sentisse suo padre gridare insulti e bestemmie per niente educativi a un panzone sconosciuto.

«Andiamo nella mia personalissima località balneare preferita. Il Salento» risponde, con un sorrisone soddisfatto.

«E perché non ci siamo portati dietro il piccolo Diavolo?» continuo, alludendo all'infante.

«Ah, ti manca già! Manca anche a me, oddio...!» esclama, drammatico. «No, vabbè, non ce lo siamo accollati perché primo: lui le vacanze con noi le ha già fatte, secondo: voglio scopare come Dio comanda, ovvero sfondando le doghe del letto, terzo: undici ore in macchina con lui? No, grazie. Con mia madre starà benissimo, lo porterà in montagna a vedere i vitelli pascolanti, uno spasso» mi spiega, dandomi un paio di pacche sulla coscia.

«Non sfonderemo nessuna doga, per il resto, mi va tutto bene» preciso, cambiando canzone su Spotify. Riesco a reggere solo un'infinitesima quantità di rap, non forziamo troppo la mia pazienza. Poi, Da, Lil Peep? Ridicolo. Sospira e scuote la testa, cambiando nuovamente canzone. Va bene, ho capito, i System Of A Down non gli piacciono. Noioso. Io e Dario siamo sempre stati agli antipodi per quanto riguarda i gusti musicali e la situazione non cambierà di certo ora che condividiamo il letto. La nostra playlist condivisa è una schifezza, brani che cozzano l'un l'altro, tra Cardi B ed Eric Clapton, tra Gigi D'Agostino e i Queen.

Lo squillo del suo cellulare pone fine alla tortura di Avicii e sullo schermetto della macchina compare "papà".

«Che stress...» mormora, schiacciando il pulsante verde. «Papà» esala, come saluto. Io mi zittisco, rigido contro il sedile. Abbiamo deciso di comune accordo di non dire niente a suo padre, per ora. Lui per non vedersi lacerati i coglioni per aver rubato il fidanzato ad Angelica, io perché mi vergogno come un cane. E, onestamente? Suo padre mi terrorizza.

«Da, ciao» borbotta lui. «Stasera hai da fare?» chiede.

«Sì, sto andando in ferie» risponde lui, improvvisando un balletto vittorioso. Stupido cretino, deve passare del tempo con suo padre, i nostri genitori iniziano a invecchiare. Più i suoi che i miei, e questo prova esattamente il mio punto.

«Non eri tornato?»

«Eh, sono tornato da Alassio, ora sto andando a Porto Cesareo...»

«In Puglia? Con Felice?»

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