Capitolo 3 - Il Laboratorio

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Le bianche pareti del laboratorio erano illuminate dalle luci azzurre al neon poste sul soffitto. Su di una scrivania sulla destra, giacevano sparsi degli attrezzi di lavoro, tra cui alcuni anche molto antichi, risalenti ai primi anni duemila. Su di un'altra scrivania sulla sinistra c'erano invece moltissime fiale di vari colori e su ognuna era attaccata un'etichetta con suscritto il contenuto. Alcune, però, avevano un aspetto che pareva avere qualcosa di magico. Ciò era peró impossibile, dato che proprio suo zio, nel 2032, aveva dimostrato l'insistenza della magia. John notò sotto alla scrivania una cassa riempita di fiale contenenti un liquido denso, di un viola ametista. Ne prese una e la mise nella tasca della sua giacca. Infine al centro della stanza un grande tavolo rotondo ricoperto di fogli, documenti e progetti. Si avvicinò a uno in particolare raffigurante una cabina, simile alle antiche cabine telefoniche londinesi, ma piena di tubi e cavi. Su un altro progetto c'era raffigurato uno strano macchinario molto complicato: due travi di metallo perpendicolari l'una all'altra a formare una sfera, con al centro una seconda sfera di energia pura che roteava su sé stessa. A sostenere l'intera struttura erano dei cavi, appesi probabilmente al soffitto. Sul tavolo c'erano anche molti altri progetti interessanti come un sistema di rilevamento umano: questo si collegava a un sensore termico che scannerizzava tutte le fonti di calore, poi eliminava tutti gli esseri non dotati di un cervello, grazie a dei microsensori potentissimi in grado di percepire l'energia del sistema nervoso. Infine dei sensori ancora più avanzati capivano se l'essere è dotato o meno di un'intelligenza o di una coscienza. Fu impossibile capirne il vero funzionamento dato che tutte le annotazioni erano in una lingua a John sconosciuta, probabilmente inventata da esseri extraterrestri. 

Più avanti sulla sinistra c'era una porta con suscritto:
"Progetto M. J.". Provando ad aprirla si rese conto che era chiusa a chiave, come le vecchie porte che non usavano riconoscimento biometrico o tessere olografiche. Cercò in ogni cassetto, in ogni mensola e perfino nelle tasche dei camici dello zio. La chiave pareva non essere mai esistita. Allora andò verso un'altra porta, il "Progetto T. T. ". La porta non era chiusa del tutto ma accostata all'uscio, permettendo a Jonathan di entrare.

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