Parte 6

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Il viaggio in auto è silenzioso.
Prima che io me ne possa accorgere, il paesaggio a noi circostante inizia a mutare.
I grattacieli di vetro vengono pian piano sostituiti da palazzotti di periferia, rivestiti da graffiti più che da intonaco.
Lentamente, anche i condominii rovinati svaniscono, lasciando spazio alla zona industriale di Milano.
Quando siamo partiti non c'era molto traffico, ma, ora, le strade si animano di automobili, probabilmente lavoratori diretti ai loro uffici, che portano con sé il brusio assordante del viavai della superstrada.
Sospiro e appoggio il gomito alla portiera, per sorreggere il mio volto nella mano.

Giurerei di avere solamente battuto le palpebre, ma, quando riapro gli occhi, fuori dal finestrino scorre già la campagna e il mio avambraccio inizia ad essere intorpidito.
Sebbene siamo ormai sulla superstrada, il traffico non è aumentato più di tanto.

Che Milano si sia presa una pausa per assistere alla mia caduta?
Dubito, ma non ho tempo per rimuginarci.

In una piazzola di sosta in lontananza, scorgo un'automobile familiare, che mi riporta indietro di un paio d'anni.
È una Buick Lesabre azzurrina dell'85.
Americana.

«Bee.» sussurro, mentre passiamo oltre la piazzola.
Ho il naso incollato al finestrino e seguo la macchina con gli occhi fino a che non scompare dal mio campo visivo.
«L'ho vista.» risponde con un mezzo sorriso sulle labbra.
«Ti ricordi...?» mormoro senza bisogno di terminare la domanda; se se ne ricorda, non c'è bisogno di farlo.

«2019, pre-pandemia. Avevo 22 anni e tu ancora 17. L'indimenticabile tour in macchina da Acapulco a San Diego, il Motel messicano peggiore della mia vita e i due giorni di pura adrenalina con quei contrabbandieri del cartello attaccati al culo.» elenca.

«Due giorni?! Ci hai impiegato 56 ore, altro che due giorni, me lo ricordo benissimo.»

«Hey,» mi punta un dito contro «Guadalajara è rinomata per la tequila. Dimmi quando ti ricapita di avere un paio d'ore di vantaggio su due sicari del cartello della droga messicano e di ritrovarti per puro caso nella capitale mondiale della tequila. Mai, ecco la risposta. Perché era un segno del destino.»

Ridacchio.
«Stavi anche guidando...» mormoro prima di raggomitolarmi nuovamente nella posizione di prima.

Chiudo gli occhi, mentre aspetto che lui pensi a come ribattere.

Non sento la sua risposta, Morfeo è più veloce del suono.

«Merda.»

È così che mi svegliai l'autunno di quattro anni prima*, in pieno Messico, a bordo della Buick di fortuna fatta partire con il caro vecchio trucco dei fili della batteria.

Mugolai.
Ricordo che il collo mi faceva male da impazzire.

Del resto, mi ero addormentata nello scomodo sedile un'auto che procedeva a 74 miglia orarie, guidata dal mio amico d'infanzia, nonché partner-in-crime nel senso letterale del termine, e che al momento sudava tequila sotto il caldo sole di...
Di?

«Dove siamo?» fu la prima cosa che chiesi.

Bee, in piedi, fuori dalla macchina, mise le mani sui fianchi e strizzò gli occhi, cercando di leggere un segnale in lontananza.

«Uhh... Cu... licàn... Ma... za... tlàn... Culicàn-Mazatlàn. È un posto?» sentenziò confuso.

Mi raddrizzai sul sedile con un grugnito di sconforto.

«Apparentemente si. Sono due posti. Ci troviamo sulla strada tra due città.» mi stiracchiai .«Perché ci siamo fermati, anyway?»

Kidnapping / Leltra (Leo & Bertra)Where stories live. Discover now