Parte 13

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Giorgia rimane calma quando si sveglia.

Impiega i primi minuti ad aprire gli occhi, sbattere le palpebre due volte, stropicciarsi il volto.

Si passa una mano sullo sterno, notando il cambio d'abiti e trovandolo positivo.
Continua ad accarezzare la stoffa mentre fissa il soffitto.

Non so come farmi notare senza spaventarla.
Presto capisco che non c'è veramente un buon modo per farle riconoscere la mia presenza, quindi mi impegno per sembrare più naturale possibile, più rilassata possibile, per non trasmetterle il senso di ansia che provo.

Quindi mi rilasso nello schienale della poltrona, mi volto, verso la lunga vetrata che borda la cameretta, con le mani distese lungo i braccioli, nella posizione meno minacciosa che riesco ad immaginare.

Ascolto il rumore flebile delle sue dita sulla stoffa morbida, dandole tempo per risvegliarsi con calma.

Sono dei piccoli singulti a farmi voltare di nuovo verso di lei.

Quella che è forse la reazione più umana cui io abbia assistito negli ultimi giorni, mi si srotola davanti agli occhi lentamente, quasi sgranata nella penombra della stanza, come la pellicola di un vecchio film.

Sono le luci calde del corridoio e quella di un lampione da giardino, che filtra tra le strisce delle veneziane, ad illuminare il pianto di Giorgia.

La bambina si passa le mani sul volto, come a nascondere le lacrime, tentando di pulirle via.
Singhiozza, ma rimane distesa supina, immobile, nemmeno tentando di raggomitolarsi su di sé com'è naturale fare.

È un addestramento quasi militare, che riconosco anche come mio.
Non ci voglio pensare ora, ma la domanda di cosa succede esattamente in quell'orfanatrofio mi ronza in testa costantemente.

Giorgia singhiozza più forte, ora, e tenta di sollevarsi a sedere, ma le sue braccia sottili cedono sotto il suo peso.

Mi sporgo verso di lei per aiutarla, ed è allora che mi nota.

Sussulta forte spingendosi verso il muro e dando una spallata dolorosa al cemento armato, piagnucolando all'impatto, ma mai lasciando il mio volto con lo sguardo.

A dire il vero, i suoi occhi schizzano come un flipper su tutta la mia figura, con particolare attenzione alle mie mani, sporte verso di lei in riflessivo aiuto.

Appena lo noto, le ritraggo piano.
Torno a sedere, lentamente.
Non mi ero resa conto di essermi alzata in piedi per avvicinarmi al lettino, e probabilmente l'azione fulminea l'ha spaventata.

Giorgia ansima veloce, ora rannicchiata contro il muro.
Si tiene la spalla sinistra con la mano opposta ed è riuscita a sollevarsi sul gomito sinistro.
Ha le gambe piegate, con le ginocchia verso il muro, nel tentativo di difendere l'addome, come fa un animale ferito.
Mi guarda con gli occhi sgranati, terrorizzata, aspettandosi che io le faccia male da un momento all'altro.

Non so cosa dire.
Non so come rassicurarla.

La mia espressione è stupita più che minacciosa e mi impegno per trasformarla in qualcosa di più dolce.
Rilasso le sopracciglia, chiudo la bocca prima aperta, sbatto le palpebre due volte.
Mi schiarisco la voce piano.

Faccio attenzione a muovere le mani piano, portandomele in grembo.

Giorgia le segue con gli occhi fino a che non si fermano.
Guarda ora me, ora le mie mani, assicurandosi che non compia movimenti pericolosi.

«Ciao.» le rivolgo, quanto più calma possibile.

Giorgia, come presumibile, non risponde.

«So che sei spaventata ora, ma non devi avere paura.
Sei al sicuro.
Voglio aiutarti.»

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⏰ Last updated: Apr 02 ⏰

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Kidnapping / Leltra (Leo & Bertra)Where stories live. Discover now