Capitolo 27: I'm not done loving you yet

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Magnus non riusciva a credere ai suoi occhi.

Asmodeo Bane, in uno dei suoi costosissimi completi gessati, lo stava guardando ancora abbracciato ad Alec talmente tanto da non capire dove finisse il corpo di uno e dove iniziasse quello dell'altro. Ed era solo grazie a quella consistenza, al calore del corpo di Alec che Magnus era consapevole che tutto quello era reale, che non stava sognando, che il suono della sveglia non l'avrebbe svegliato da quell'incubo. Era tutto reale.

Asmodeo era immobile sulla soglia della porta del camerino. Continuava a fissare le braccia del figlio avvolte attorno alla vita di Alec, ma Magnus non le spostò perché la stretta di Alec era l'unica cosa che lo sostenesse. Se avesse lasciato andare il suo corpo sarebbe caduto come una pera cotta.

«Signor Lightwood, levi le mani di dosso da mio figlio.» Magnus sentì Alec rafforzare la presa. Lo guardava con sfida, la stessa sfida che gli aveva lanciato il giorno in cui aveva dovuto fare quella dichiarazione pubblica per aver picchiato Raj.

«Sapevo che c'era qualcosa che non andava.» Asmodeo si passò una mano sul viso lasciando scorrere il suo sguardo sull'intera figura di Alec come se fosse uno scarafaggio fastidioso appena sbucato fuori da un cumulo di spazzatura. Alec era lo scarafaggio e Magnus la spazzatura.

«Non sono stupido, Magnus. Sapevo di avere un figlio finocchio, ma finché tutti pensavano che ti sbattessi quella cagna della Belcourt andava tutto bene. Ma poi il mio investigatore privato mi dice che, oltre che finocchio, mio figlio è addirittura un finocchio canterino.»

Magnus percepì Alec fare un passo avanti e ruotarlo impercettibilmente indietro in modo da fare scudo con il suo corpo. Magnus cercò il suo sguardo. Apprezzava che Alec volesse proteggerlo e stesse addirittura sfidando suo padre, ma non avrebbe mai permesso a quell'uomo di fare del male all'unica cosa bella della sua intera vita. Fosse anche stata l'ultima cosa che avrebbe fatto in tutta la sua vita.

«Ero arrivato persino a pagare quella puttana per avere informazioni se te la sbattevi oppure no. Ma tu non sei un uomo, perché un uomo se la sarebbe sbattuta, non avrebbe comprato il suo silenzio con vestiti e gioielli.»

«Un vero uomo non parlerebbe così di una donna.» Alec fece un passo avanti, spingendo Magnus dietro di sé. Il suo sguardo era freddo e i suoi occhi blu erano ora la calotta più spessa di ghiaccio mai esistita.

«Alec, ti prego...» Magnus non lasciò andare la vita di Alec. Aveva visto lo sguardo del padre. Aveva visto il leggero tremito che aveva scosso le sue labbra e aveva visto tutta la luce sparire dai suoi occhi lasciando due piccoli buchi neri che sembravano risucchiare ogni briciolo di luce e Magnus non voleva che risucchiassero anche quella di Alec.

Asmodeo lasciò scorrere nuovamente lo sguardo sulla figura di Alec, ora più eretta. Sembrava un cacciatore che si stava preparando ad affrontare una schiera di demoni e se Magnus non fosse stato terrorizzato a morte lo avrebbe trovato terribilmente sexy.

«Tuo padre potrà anche essere fiero di te, ma io so cosa sei. Sei solo un disgustoso abominio.» Alec sentì la presa di Magnus sulla propria vita farsi più forte ma non perse tempo a pensare cosa significasse: Alec fatti indietro, Alec gettati nelle fiamme, Alec scappiamo via. Non lo sapeva, sapeva solo che stava provando di nuovo quella rabbia profonda che aveva provato quando aveva cominciato a colpire Raj. Le mani gli prudevano e le tempie pulsavano quasi dolorosamente per poter mettere le mani addosso a quell'uomo.

«E sentiamo, come chiama lei un padre che spacca la testa del figlio?»

«Non so di cosa tu stia parlando.» La voce di Asmodeo era calma e per niente tesa. Anzi, aveva quel tono accondiscendente come se stesse parlando ad un malato di Alzheimer che ha dimenticato che tu sei il padre o il fratello e che vuoi solo aiutarlo.

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