Capitolo 3

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Lo schianto fu fulmineo, un paio di frazioni di secondi. Il corpo della ragazza cadde a terra con un tonfo, rivoli di sangue iniziarono a fluire sul ruvido e caldo asfalto, oltre che dalla bocca di lei.

L'urto era stato così forte che la schiena dorsale di Valeria era stata danneggiata, mentre le ossa di una gamba e un braccio erano quasi state frantumate del tutto. Eppure lei non sentiva nessun dolore, solo un formicolio sordo in tutto il corpo.

Era distesa di lato, la scatola cranica pulsava leggermente, questo soprattutto a causa della botta che aveva ricevuto sulla strada. Un trauma celebrale, infatti, aveva invaso parte della testa. Le labbra erano socchiuse, come se ci fosse stato stupore per quell'evento che le era appena capitato.

Intorno a lei ogni cosa era sfocata, udiva a malapena le urla della gente che chiedeva aiuto, che qualcuno chiamasse l'ambulanza al più presto, nel vano tentativo di salvarla. Tuttavia, nonostante essa fosse arrivata anche dopo due minuti, la ragazza non ce l'avrebbe potuta fare comunque. Le ferite erano troppo gravi, l'affluenza di sangue verso l'esterno vertiginosa. Ne stava perdendo troppo e nulla avrebbe potuto salvarla. Era destinata a morire.

Con tutte le forze che aveva in corpo, Valeria fece un sospiro. Era perfettamente consapevole che stava lasciando quel mondo, il quale, spesso e volentieri, aveva contribuito a buttarla giù e tenerla a terra con una mano stretta intorno alla gola.

Percepiva la vita andarsene, lasciarla dalle dita e scivolare via lentamente, come se non le fosse mai appartenuta. Da una parte, tuttavia, credeva fosse anche così.

Spesso le persone, da come si poteva sentire anche in programmi di cronaca nera o telegiornali, tendevano a giocare a fare Dio, strappando alle persone la possibilità che la natura scegliesse il giorno della loro fine. Laceravano e rubavano vite come i bambini giocavano a fare i genitori o i dottori.

Alle volte si trattava di vittime vicino a loro che, per una motivazione o per l'altra, meritavano la morte. In altri casi erano perfino degli sconosciuti e, in altre ancora, degli sfortunati incidenti involontari.

In poche parole, nessuno aveva la libera autonomia sulla propria vita, perché poteva esserci sempre qualcuno che te l'avrebbe ostacolata o rubata. Erano tutti così tanto impegnati a capire sul come riempirla, da non rendersi minimamente conto di come essa si stesse volatilizzando con il tempo, sotto ai loro occhi. Per quanto fosse forte e reale la sensazione di possederla, altro non era che della sabbia effimera, la quale tendeva a scivolare sempre di più dalle mani delle persone. A Valeria era bastato un semplice battito di ciglio per vedersela strappata via contro la sua volontà, una svista involontaria.

La vita non era qualcosa che si poteva dire appartenesse all'individuo che la custodiva, ma bensì un giocattolo di cristallo nelle mani degli esseri umani. Poteva essere rotta in qualsiasi momento, sia per mano loro, degli altri o della natura. Non si poteva sapere per colpa di chi si sarebbe sfracellata al suolo, questo rimaneva una sorpresa per chiunque.

Si sperava sempre avvenisse durante quella che tutti definivano come "fine della vita", quando si raggiungeva una certa età, solitamente intorno ai settanta o ottant'anni. Quando accadeva prima si parlava di "disgrazia".

La sua situazione, quella in cui era coinvolta Valeria, si chiamava proprio in quel modo. Sorte volesse che, chiunque fosse alla guida, avesse deciso di strapparle via l'illusione della vita, la grossa menzogna a cui ognuno piaceva credere.

Lentamente, contro la sua volontà, stava scoprendo la cruda verità della morte, quella che si preferiva evitare e rimandare di affrontare. Il tempo pareva fermarsi, intorno a lei ogni cosa andava al rallentatore, nel contempo che la vista si faceva sempre più sfocata.

Guardian Angel || Song MingiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora