Capitolo 5

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Migliaia di stimoli raggiunsero le sue orecchie, risvegliandola improvvisamente. Voci confuse si mescolavano tra loro, sovrastando, in alcuni momenti, i ronzii dei macchinari che la stavano circondando.

Valeria aprì lentamente gli occhi, i quali vennero feriti dal bianco accecante che la circondava. Ogni cosa era di quel colore, dalle pareti alle lenzuola che le avvolgevano il corpo. Si sentiva intontita, smarrita, completamente persa. I pensieri non erano nitidi, mille immagini confuse si mescolavano tra loro, non dandole nemmeno la possibilità di afferrarle per poterle schiarire.

La ragazza sbatté più volte le palpebre, mettendo a fuoco il luogo in cui si trovava. Le alte pareti la chiudevano in una stanza non tanto grande, in condivisione con una donna molto più anziana di lei, probabilmente sugli ottant'anni. I capelli argentei erano sparpagliati sul cuscino, mentre gli occhi erano celati dalle palpebre. L'avrebbe data per morta, se solo non avesse notato il petto che si alzava e abbassava regolarmente.

Fu in quell'istante, quando i suoi pensieri finirono sul discorso del respiro, che percepì uno strano formicolio a livello del naso. Lentamente e con cautela, Valeria allungò la mano verso quest'ultimo, sentendo al tocco dei piccoli tubicini di plastica. Lo sguardo, successivamente, fu attratto immediatamente dalla flebo che bucava il braccio, collegato a qualche liquido al suo fianco.

L'aveva già capito che si trovava in una camera d'ospedale. Il caratteristico colore della neve invadeva la sua visuale ovunque si girasse, tuttavia il suo cervello stava ancora elaborando lentamente la situazione.

Non poté fare a meno di notare anche gli strani macchinari al suo fianco, dove delle linee, interrotte da scatti verso l'alto e il basso, monitoravano i suoi movimenti celebrali e il battito cardiaco. Quest'ultimo aumentò leggermente, nel contempo che i pensieri iniziavano a farsi sempre più nitidi.

La giovane aveva subito un incidente, nel quale era sicura sarebbe morta. Eppure qualcosa era andato storto, almeno, secondo le dinamiche accadute. Lei non doveva trovarsi in quel giaciglio, viva e vegeta, ma in una bara completamente assente dal mondo.

Che cosa era successo? Com'era riuscita a sopravvivere? Non era stato in grado di muoversi, alzarsi o fare altro, possibile che, in realtà, non si fosse fatta nulla? Che i danni che credeva di aver riportato, in verità, non fossero così gravi come aveva pensato inizialmente?

Valeria era certa di aver percepito la vita scivolarle via, lasciarle andare la mano per volare in alto, lontano dal corpo. Come Platone, che riteneva lo spirito qualcosa di talmente puro da venire contaminato al solo tocco con il corpo, la materia malvagia, anche la giovane credeva che esso fosse qualcosa di distaccato, a parte. Ognuno custodiva dentro di sé qualcosa di totalmente ultraterreno, legato al mondo solamente da qualcosa di concreto, un filo sottile e facile da spezzare.

Non appena l'anima scivola via dal corpo, esso era destinato a deteriorarsi fino a farne scomparire le membra e la carne, oramai non più nutriti dalla forza vitale di cui lo spirito era intriso. Lei si era esattamente sentita in quella maniera, come se il punto di forza su cui dipendeva la sua vita si fosse rotto definitivamente.

Fu in quel preciso attimo che rimembrò la figura comparsa all'improvviso. Non poteva affatto dimenticare il bagliore che aveva emanato insieme al calore, il bianco degli abiti che si fondeva con il nero dei capelli e gli occhi. Il sorriso era stato dolce, gentile e disponibile, ma il particolare di maggior spicco erano state le ali. Un piumaggio lucente e all'apparenza soffice lo aveva circondato, uno scudo contro qualsiasi cosa potesse presentargli davanti il mondo esterno. Non c'erano dubbi con quale figura ultraterrena si fosse imbattuta, ogni cosa era esattamente come aveva letto nei libri di testo.

«Un angelo» sussurrò a fior di labbra Valeria, la bocca screpolata e la gola secca. Le sembrava di avere un deserto al posto dell'apparato orale, le pareva di percepire perfino della sabbia. L'aria impiegata per creare dei suoi le graffiava il condotto esofageo, rendendole la voce rauca e difficile da usare. Aveva il forte bisogno di acqua, qualcosa che l'aiutasse a idratare le zone secche.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Sep 19, 2021 ⏰

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Guardian Angel || Song MingiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora