Capitolo 14

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Ma a cosa serviva essere pazzi se non lo si poteva dimostrare? Uccidere non fu solo la vendetta di Aline contro l'umanità, diventò anche il suo modo di dimostrare che in lei c'era qualcosa che non andava, fu il modo di far capire al mondo che lei era pazza e ne andava fiera. Quei tempi erano finiti. Tonnellate di cure avevano disintegrato la sua voglia di fare ciò che più amava in passato, esse erano sulla via di riuscirci anche con la sua follia, ma essa abbondava e fu così che tornò. Con la follia fu inevitabile dare nuovamente il benvenuto a quell'istinto carnefice. Le era tanto mancato.

Era stesa sul letto e annaspava inspiegabilmente. Stava morendo dalla voglia di far morire. Stringeva e mordeva il lenzuolo. Non ce la faceva più. Si alzò e cominciò a gridare senza controllo, calciò il muro, si scaraventò sul pavimento mentre si tirava i capelli. Dal momento che sentì il bisogno di piantare qualcosa nella carne di qualcuno, piantò i denti nella sua. Morse andando più a fondo possibile nella pelle del suo braccio.

Luke accorse in preda dal panico, tentò di farla smettere, ma nulla fu possibile così arrivò a tirarle i capelli con forza e schiacciarle la testa contro il muro finché la ragazza non fu più capace di sopportare così tanto dolore. Il suo braccio sanguinava, su di esso spiccavano i profondi segni dei suoi canini. Fu proprio quello che avrebbe voluto vedere fino a qualche minuto prima, ma non su di lei stessa. Capì che il sangue era bello da vedere solo su gli altri. Pianse, continuava a provare un immenso dolore e desiderò non averlo mai fatto. Il ragazzo cercò di aiutarla sporcandosi del suo sangue.

Le numerose grida attirarono due infermiere che fecero irruzione nella stanza trovandosi dinnanzi a tale scena. Entrambe furono scioccate e prese dal più totale terrore quando videro la ferita della ragazza, ma Aline non poté immaginare che non fu principalmente a causa di essa.

'L'ha rifatto!'

Una delle due donne corse via all'impazzata chiedendo soccorso e urlando quelle parole per l'intero corridoio. Ma lei fu sicura di non aver mai fatto una cosa del genere, prima di quel giorno.

In pochi minuti successe il finimondo, qualcosa che gettò Aline in un'angosciante confusione.

Fiumi di medici accorsero nella camera. Luke stinse Aline a sé, immaginò che l'avrebbero portata via e questo non poté accettarlo, ma non fu lei ad essere allontanata da quella stanza. I medici si avventarono sul ragazzo, Luke si oppose con tutte le sue forze, ma non poté far nulla contro quattro uomini che lo trascinarono via quasi di peso. Aline, nonostante fosse inondata dal sangue, si alzò in piedi per capire cosa stesse accadendo e gridò il nome del ragazzo mentre la porta della camera si chiuse dietro quest'ultimo.

Nella stanza rimasero solo lei, Michael e due infermiere che la fecero stendere sul letto e le medicarono la ferita anche se trovarono difficoltà nel farlo dato che la ragazza si dimenava dal dolore.

Quando se ne andarono, la lasciarono immobilizzata sul materasso mentre affogava nello sconforto.

Michael rimase seduto nell'angolo opposto per tutta la durata dell'episodio, immobile e silenzioso come stesse illudendo sé stesso di non esistere.

'Perché hanno portato via lui e non me?'

'Perché l'hai fatto?'

Disse Michael cambiando completamente il tema del discorso.

'Dovevo fare qualcosa.'

'Che tipo di cosa?'

'Mi hai posto abbastanza domande per oggi.'

'E se andassi anche oltre?'

Aline lo ignorò.

'Aline, che malattia hai?'

Eccola, quella domanda che tanto temeva. Aveva cercato di prepararsi una risposta in passato, quando seppe che avrebbe vissuto con altre persone nella stessa stanza a lungo tempo, e le parve ovvio che prima o poi quella domanda si sarebbe presentata, ma non pensò che sarebbe stato così difficile affrontarla. Se gliel'avrebbe posta una persona 'normale' avrebbe risposto tranquillamente affermando la sua malattia, quel divertimento che trovava nell'uccidere e torturare la gente e chiunque fosse stato l'interlocutore si sarebbe terrorizzato sino a diventar pallido, compiacendo la ragazza, o l'avrebbe semplicemente fatto passare per uno scherzo e la mattina seguente si sarebbe ritrovato con la gola squarciata per vendetta. La cosa era ben diversa se la domanda le veniva posta da qualcuno come lei, da un pazzo, in realtà ci si aspettava il contrario, ma per Aline non fu così o forse si stava sbagliando. Forse non era intimidita nel dare la risposta ad un pazzo qualunque, forse il problema riguardava solo ed esclusivamente Michael e ancor di più Luke, per nessuna ragione al mondo avrebbe voluto far sapere la verità a quest'ultimo. Per lei fu strano pensarla così, non le importava del giudizio perché non le importava delle persone, ma le importava di Luke e Michael, questo significava che le importava anche di quello che avrebbero pensato quando avrebbero saputo cosa era lei in realtà.

'Perché lo vuoi sapere? A cosa servirebbe?'

'Perché no? Potremmo conoscerci meglio.'

'Sei curioso?'

'Sì.'

'La curiosità uccide.'

Cominciò a ridere senza alcun motivo.

'Decisamente. Ora, raccontami tutto, coraggio.'

La incitò Michael.

Pensò poi che per quanto potesse essere asociale, non le dispiaceva avere qualcuno a cui raccontarsi, qualcuno di unico che conoscesse cose uniche di lei.

'Va bene.'

Aline si fece coraggio e cercò di non guardarlo negli occhi.

'Sono un'assassina.'

La ragazza non volle nemmeno vedere l'espressione sul viso di Michael dopo aver pronunciato tali parole.

'Davvero?'

'Non credi che possa combinare una strage solo perché ho sedici anni?'

'No, mi hai sorpreso, non me lo sarei mai immaginato. Sembravi...'

'Cosa?'

'Innocente. Credevo avessi tutt'altro problema.'

'E' stata sempre questa l'impressione che ho dato, ecco perché ci hanno messo anni prima di buttarmi qui dentro e dimenticarmi.'

'E quante persone hai ucciso?'

'Non ne ho idea, suppongo tantissime.'

Calò il silenzio per pochi minuti. Aline fu preoccupata dall'atteggiamento pensieroso del ragazzo, credé che non avesse mai sentito parlare di omicidi e cose talmente brutali come quelle che aveva fatto, ma non sapeva che la sua carneficina stava per venire di gran lunga superata da quello che stava per sentire.

'Non avresti voluto pormi quella domanda, vero?'

'Perché no? Ti aspetti che io sia sano?'

'Michael, posso sapere quel è la tua storia?'

'La mia storia?'

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