16. Capitolo XV - Scare

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Il buio lo avvolgeva, si accorse quasi con terrore.
Nemmeno uno spiraglio di luce filtrava da quella coltre di oblio e nero, bloccandogli il respiro e portandogli via il senno. Niente lo circondava, solo il vuoto che si estendeva a vista d’occhio dinnanzi a lui.
Buio, solo buio che – dolorosamente – si appoggiò sul suo sterno e gli fece ciondolare sinistramente il capo. Tremò, come un neonato.
Buio, solo… buio.
In quell’ultimo periodo era stato così abituato alla luce che ora gli sembrava potesse venire accecato. Si sentì male.
Doveva uscire… doveva uscire da lì. Non sopportava il buio troppo pressante, non l’aveva tollerato nemmeno da bambino – che con mormorii indistinti sotto le coperte faceva apparire le fate, l’unica magia che poteva permettersi senza bacchetta – e non era mai stato solo in quel…buio. Credendo nelle fate – cosa ridicola per un Serpeverde come lui – queste da piccolo non lo avevano mai lasciato solo, anzi, l’avevano accompagnato nelle notti insonni, nelle sue paure più recondite e ora si sentiva in trappola, braccato come un animale. Si sentiva in trappola come… in passato, ma ora non riusciva a sopportarlo.
Ora che aveva conosciuto la luce, la libertà, non riusciva a sopportare di ritornare in cella, nell’ombra. Non riusciva a concepire di tornare indietro quando – per lui – la vita era girata nel verso giusto fino a quel momento.
Ma Draco avrebbe dovuto saperlo… le cose belle durano poco o avvengono solo nella propria testa. Non era preparato a quello, ma accadde.
E, questa volta, perse.
Draco Malfoy respirò a fatica, annaspando e girando su se stesso per trovare una via d’uscita; una risatina… una risatina infantile rimbombò in quell’antro oscuro e, illuminando ogni anfratto – e angolo della sua anima – Hermione Granger comparve a pochi metri da lui, con un sorriso sulle labbra piene che… non le apparteneva. Non era suo.
Non era lei.
Si trovava in una cella, si rese conto. Umida e sporca, dalle piastrelle da cui grondava sangue e veleno, dall’odore tumefatto che gli arrivava alle narici.
Ancora una volta tremò, fissando Hermione negli occhi.
« Strano sapere che hai paura del buio e della prigionia quando, amore,  sei sempre strisciato nell’ombra e nel buio azzannando come un maledetto serpente mezzosangue nelle celle di Malfoy Manor, nei sotterranei della tua bella casa » sussurrò Hermione con voce sepolcrale, gelandogli il sangue nelle vene.
« Sento la sporca puzza della tua paura fino a qui, caro il mio serpente » continuò sprezzante, prendendolo in giro.
Ogni sua sicurezza si spezzò, divenne cenere, venne portata via dal vento e inghiottita dal mare. Ogni ricordo divenne lontano, simile ad un sogno troppo magnifico per essere anche solo lontanamente vero.
Che cosa si aspettava? Che esistesse davvero la salvezza per quelli come lui? Che esistesse l’espiazione? Il perdono?
Aveva davvero sperato che il suo cuore, un giorno, avrebbe battuto per qualcuno? O che qualcuno, in un remoto futuro, avrebbe accettato quel che era? O quello che era stato? Sciocco.
Rise. Draco rise di se stesso, mentre sentiva i singulti scuotergli le membra e il dolore destabilizzargli la mente. Il cuore. L’anima.
Si tenne lo stomaco, singhiozzando lacrime e risa, ingoiando fiele e amarezza. Dolore e consapevolezza. Draco lo sapeva. L’aveva sempre saputo.
Non c’era salvezza per quelli come lui, solo l’inferno.
« Sono felice che tu ti diverta » mormorò Hermione, arcuando le sopracciglia scure e guardandolo con gli occhi bruni contratti. Annegati nell’odio. Nel rancore.
Non c’era scintilla d’umanità in quello sguardo… come, dopotutto, non c’era mai stato nel suo cuore di serpente.
Di cosa si sorprendeva? Di essersi illuso fino a tal punto?
Fino a confondere un sogno con la realtà?
Draco aveva sempre saputo, in cuor suo, che era stato sempre tutto fasullo; le braccia di Hermione, le sue labbra, i suoi sorrisi… non erano mai esistiti. Niente era vero.
Anche il suo cuore traditore, fermo, immobile. Addolorato.
Socchiuse gli occhi, sentendo – questa volta – ridere lei.
Suo padre gliel’aveva sempre ripetuto: un Malfoy non ama. E non può farsi amare.
« Dimmi, Draco, credi davvero che tu possa amare qualcuno… quando non ami nemmeno te stesso? »
“E te? Posso salvare te, Draco?”
« E credi davvero che qualcuno possa amare te, un… Malfoy »
“E te? Posso salvare te, Draco?”
Rideva di lui, della sua paura, delle sue debolezze. Stava sputando sul suo sangue, sul suo cognome. Sul suo cuore inanime. Ma aveva ragione. Nessuno poteva amarlo, nemmeno lui lo faceva.
« Sei solo spazzatura. Spazzatura che presto, stanne certo, mi premurerò di schiacciare »
Cattiva.
Cattiva.
Il suo cuore era ridotto in una poltiglia, in un ammasso informe di carne viva e pulsante. Maledetto, batteva ancora e ancora, nonostante fosse diventato meno di niente.
Reietto.
In fondo… in fondo ci aveva sempre sperato, anche se non aveva voluto ammetterlo. Aveva creduto a quelle parole. Aveva creduto in quella salvezza.
Pazzo, si disse.
Spazzatura.
Tu sei pazzo se credi di poter essere salvato, continuò mentalmente, tremando nel sentire il vuoto a livello dello sterno.
E te? Posso salvare te, Draco?”
No, lui non poteva essere salvato.
Era male e da tale sarebbe morto.
No, lui non poteva essere salvato.
Non era quello il suo destino. Non era quella la sua strada.
Era male e da tale sarebbe morto.
Era innamorato e così sarebbe stato schiacciato. Dalla donna che gli aveva rubato ogni cosa, anche la motivazione per combattere per la propria vita. Anche l’ultimo respiro.
Insetto, si disse.
Era un insetto indegno. Schiacciato dal suo stesso dolore. Straziato dal suo stesso sogno traditore. Schiavizzato dalla donna che aveva amato in un illusione.
Sciocco, Draco.
Credevi davvero che fosse stato così facile?
« Nessuno ti ama, nessuno ti ama » cantilenò Hermione, ridacchiando come una bambina. Una folle. Ed era stata pazzia pensare che lei potesse aver dimenticato sette anni di angherie e soprusi in così poco tempo. Era pazzia pensare che tale candore potesse sporcarsi con la sua anima nera.
Sciocco, Draco, ripeté mentalmente.
Credevi davvero che una come lei… potesse salvare uno come te?
Con un gesto secco, Hermione, si alzò la manica del maglione nero che indossava, mostrandogli il braccio con espressione seria e piena di dolore, mozzandogli ancora una volta il fiato.
Gli spezzò ogni speranza. Stracciò ogni fibra. Liquefece ogni sua singola cellula.
« Tu eri presente… e non mi hai aiutato! » urlò Hermione, con gli occhi contratti in dolore fasullo e in un odio feroce.
Sì, era stato lui. Lo aveva sempre saputo e… aveva sempre temuto il momento in cui lei glielo avrebbe rinfacciato. Aveva sempre temuto quel momento e ora che si trovava lì, non fece altro che restare in silenzio.
No, lui non poteva essere salvato.
A un Malfoy non era concesso.
Hermione aveva i ricci che le accarezzavano il volto pallido, arrossato sulle gote solo per lo sforzo di urlargli contro. Gli occhi da bambola di porcellana ricambiavano il suo sguardo, sprezzanti.
« Sei stato tu. Tu a farlo! »
Una spada le comparve nella mano destra e gli trapassò la spalla. Nemmeno un gemito gli uscì dalle labbra. Nemmeno un lamento, mai, perché lei aveva ragione.
Lui era stato presente quando sua zia le aveva causato quello scempio e non aveva mosso un muscolo per aiutarla.
Era rimasto immobile… come sarebbe rimasto immobile se sua zia l’avesse uccisa.
Bastardo.
Malfoy.
Quella era una spiegazione sufficiente. Per salvare se stesso – un anno fa –  e la sua famiglia sarebbe passato sul corpo di chiunque. Anche sul suo.
E si odiava, per quello.
« Mostro! » strillò Hermione, rigirando la lama nella carne, ma senza che potesse godere di un misero grido.
Non si inginocchiava. Rimaneva in piedi, a farsi torturare, senza nemmeno alzare lo sguardo dalla lama che lo rintuzzava, trapassava. Ma niente, si disse, niente era confronto al vuoto che sentiva dentro.
Aveva vissuto in quel modo per diciassette anni… ma ora… ora si sentiva un miserabile. Si sentiva senza scopo, senza ragione. Senza luce o coraggio per andare avanti. Si sentiva svuotato da ogni cosa, persino dalle lacrime che premevano per uscire.
Conoscere il paradiso ed essere ricacciato all’inferno era una sensazione che non avrebbe augurato nemmeno al suo peggior nemico. Nemmeno a se stesso.
« Hn, guarda. Sei vuoto. Un misero guscio vuoto » lo canzonò, ancora, senza smettere.
“E te? Posso salvare te, Draco?”
Stupido uomo. Credevi davvero che sarebbe stato così facile? Che avresti mai meritato qualcuno che t’amasse?
Stupido, stupido.
Nessuno ti ama, ben che meno lei.
Hermione gli estrasse velocemente la lama dalla spalla, mentre con un gorgoglio inquietante – il sangue – le macchiò il viso di rosso. Non fu magnanima né dolce perché, con una velocità assurda, gli colpì anche l’altra spalla.
Non sentiva il dolore, no. Nemmeno il sangue che gli sporcava i vestiti, i capelli di un biondo quasi opalescente, le labbra schiuse da cui non trapelava un solo fiato.
“E te? Posso salvare te, Draco?”
Cadde in ginocchio, completamente sopraffatto da lei. Lo sguardo basso e vuoto e la consapevolezza che la morte – ora – non gli faceva così paura.
Lei era peggio. Mille volte peggio.
Perché gli stava dicendo la verità.
Era un mostro e nessuno lo amava. Non l’aveva fatto suo padre né sua madre, Blaise, lei, Theodore… tutto diventava sfocato, tutti ridevano di lui. Della sua debolezza. Del suo dolore.
« Draco, svegliati » la voce di Hermione gli parve lontana, ora, ma non si curò della donna che gli stava davanti. Forse stava perdendo i sensi.
Si sentì colpire nuovamente: ad occhi sbarrati vide che, questa volta, Hermione gli trapassò lo stomaco. Sgorgò altro sangue e allora si permise di gemere, senza fiato.
« Mostro »
« Draco, per l’amor di Dio, svegliati! »
Quelle due voci si sovrapponevano, non ne conosceva il senso… e forse nemmeno gli importava.
Cadde supino, sovrastato, ancora e ancora, dal corpo di Hermione. Sinuosa e voluttuosa, avvolta in abiti Babbani, ma così bella da far mancare il respiro.
Bella, troppo con quella bocca di rosa storta in un ghigno perfido, carico di aspettative.
Forse non era così male morire per mano sua.
« Nessuno ti ama… e mai nessuno lo farà »
« Malfoy, ricordi? Mesi fa ti domandai se avrei potuto salvarti. Io lo ricordo, Draco! Ricordo tutto, anche la tua risposta. Dicesti di sì, Draco. Dicesti che potevi essere salvato. Che volevi essere salvato da me, quindi apri questi maledettissimi occhi, d’accordo? »
Di nuovo, pensò tramortito.
Quella voce si era nuovamente frapposta con quella che le stava davanti e forse, si disse, era il desiderio nascosto del suo cuore a fargli sentire quelle cose.
Socchiuse gli occhi, gemendo appena quando un tacco cercò di ferirgli la carne, ma… lo trapassò.
Era fatto d’aria o era morto? Si chiese scioccamente.
« Svegliati, Draco è solo un brutto sogno »
E ci crebbe. Solo per attutire il dolore. Magari per farsi trascinare in un limbo oscuro, crebbe a quella voce d’angelo. Una mano bollente lo afferrò, lasciandogli una scottatura lungo tutto il braccio, ma continuò a non lamentarsene. Forse davvero stava morendo o già lo era.
Poi la luce lo avvolse, più calda del fuoco e accecante del sole.
Avvolto in un bozzolo di pace che – molto probabilmente – solo nella morte si prova, aprì gli occhi grigi e… si ritrovò quelli di Hermione Granger a pochi centimetri dal viso.
« Merlino » singhiozzò la ragazza, buttandogli le braccia al collo e stringendoselo contro.
Draco si chiese, nuovamente, se fosse morto o letteralmente impazzito. Prima lei lo pugnalava a morte e poi lo abbracciava.
Ma, si disse, preferiva l’ultima versione.
Il calore che emanava Hermione era una vera goduria per il suo corpo freddo e instabile e le sue mani lo accarezzavano leggere, dolci, palpitanti.
Erano sporche di sangue, si accorse e aveva gli occhi sbarrati quando se ne rese conto.
Sì, Draco preferiva quegli occhi bruni più dolci che arrabbiati. Ma non sopportava le lacrime, quindi scosse il capo quando li vide diventare lucidi: lui, si rese conto amaro, non li meritava.
« Va via » mormorò, fiacco per la perdita di sangue.
Lei dapprima lo guardò confusa e poi quasi incredula: la stava scacciando dalla stanza che avevano condiviso in quei mesi e sembrava spaventato da lei, dal suo tocco.
Cos’era successo?
Era terrorizzato, si accorse Hermione. Non la guardava nemmeno negli occhi ed era tutto sporco di sangue. Cosa gli era successo? Come avevano fatto?
Credeva che fosse un semplice incubo quando l’aveva visto steso nel letto, spaventato, con delle convulsioni che quasi l’avevano sbattuto sul pavimento di pietra grezza; aveva chiamato Harry a gran voce, implorandolo di aiutarla, e poi… poi aveva visto gli squarci comparire sulla sua pelle.
I vestiti laceri.
Il sangue.
I gemiti di Draco e… le sue lacrime.
Qualcuno era riuscito ad entrare nei suoi sogni ed era riuscito a ferirlo a tal punto.
Lo avevano quasi ucciso, si rese conto, sgomenta.
« Draco… » bisbigliò, alzando un braccio per accarezzarlo, ma i suoi occhi febbricitanti la bloccarono ad un solo metro da lui.
La guardava come se fosse un mostro.
« Non toccarmi, mezzosangue! »
 
Un quarto d’ora dopo, nella saletta della Torre, tutti si guardavano negli occhi senza riuscire a spiegarsi l’accaduto. Non si capacitavano di come i Santi – perché solo loro avrebbero potuto fare una cosa del genere – fossero penetrati nel sonno di Draco e l’avessero quasi ucciso.
« Cosa ti ha detto? » domandò Blaise, dopo un estenuante silenzio che – per i suoi gusti – si stava protraendo per troppo tempo.
Nessuno parlava, sembravano dei rimbambiti!
« Non toccarmi, mezzosangue »
E scese nuovamente il silenzio.
Blaise cominciò ad agitarsi sulla sedia e quasi mandò all’aria il tè che Ginny aveva preparato per tutti, svegliati nel cuore della notte da una retata che… era venuta nel momento e nel posto in cui nessuno si sarebbe aspettato.
Erano furbi, molto furbi, ma avevano colpito – ora più che mai – la persona sbagliata, perché gli occhi di Hermione Granger, in quel momento, erano un antro buio e vuoto. E Blaise conosceva gli occhi di chi cercava vendetta. Di chi si svuotava di tutto per cercare pace nella morte.
« Maledizione, qualcuno dice qualcosa? » urlò allora Pansy, con la maglia da cacciatore di Harry come pigiama; nessuno, naturalmente, aveva osato commentare: erano le quattro di mattina e dire che erano avviliti era poco.
Con le occhiaie fin sotto i menti, Draco nelle mani di Theodore – che bestemmiava come un turco per cercare di curarlo – Hermione che sembrava caduta in una specie di trance e Harry sull’orlo di una crisi di nervi, la situazione stava degenerando.
« Somnia realis  » mormorò Hermione, allora, alzando lo sguardo su tutti loro.
Blaise – in attesa che snocciolasse tutto il suo sapere ( Ringraziando Merlino o sarebbero stati tutti letteralmente nella merda ) – versò due dita di whiskey incendiario per tutti, sapendo che non sarebbe andata a buon fine.
« Non è magia oscura… almeno se non la si usa come tale. È un incantesimo che ha più di duecento anni e veniva usato dai Druidi per mostrare ai propri nemici le loro paure, tramite i sogni.
Non volevano sporcarsi le mani, quindi quei poverini che venivano sottoposti all’incantesimo o crepavano nel sonno, credendolo reale e quindi non svegliandosi più o schiattavano proprio perché il sogno diventava così reale che le loro paure arrivavano ad ucciderli… davvero » mormorò, pragmatica come sempre.
Harry sbuffò, imbufalito, ingollando il whiskey come acqua e chiedendosi perché – quando succedeva qualcosa – ci stava sempre lui in mezzo.
« La strega migliore di questo secolo… grazie per il suggerimento, Hermione. Avevo dimenticato che quella pozione guarisce dall’interno e non rimane cicatrici » disse Theodore, scendendo dalle scale a chiocciola che portavano nella stanza di Draco.
Quasi saltarono tutti dalle sedie e lui li bloccò con la mano prima che esplodessero e gli riempissero la testa di domande « Sta bene. Terrorizzato, ma sta bene » borbottò, puntandosi la bacchetta contro e mormorando un “gratta e netta” visto che era ricoperto di sangue dalla testa ai piedi in modo disgustoso.
Blaise lasciò perdere il bicchiere e si attaccò direttamente alla bottiglia.
« Quei bastardi » sibilò Daphne, mentre una testolina compariva attraverso lo spiraglio della porta della Torre e quasi faceva venire un infarto a tutti quanti.
Dieci minuti più tardi, tra le braccia di Pansy, il piccolo James – che aveva captato la loro angoscia come un faro in mezzo al mare – ciucciava da un biberon latte e biscotti.
« Che carino, quasi quasi lo faccio un figlio…   » sghignazzò Blaise, beccandosi una gomitata nelle costole e dicendo qualcosa che, non seppe, fece ruotare la ruota del destino.
« Con un padre come te verrebbe fuori un mostro » sibilò Ginny, scuotendo il capo solo disgustata all’idea.
« Certo, perché con una madre come te come credi che verrebbe fuori? Hitler II, la vendetta! » sbuffò Ron, mentre Blaise – giusto per ringraziarlo dell’aiuto morale – gli passava una bottiglia di vodka alla fragola.
« E tu che ne sai chi è Hitler? » borbottò Harry, guardandolo stranito attraverso le ciglia nere.
Ron arrossì dalla radice dei capelli fino a quella delle scarpe, cominciando a balbettare « Oh, beh… ehm » cincischiò, cominciando ad attirare gli sguardi di tutti, che si posarono come falene su di lui.
« Luna è andata in Germania, quest’estate e ha studiato la storia del luogo prima di partire » sussurrò Hermione, continuando a guardare il fondo della tazza del suo tè freddo e intatto, mentre nella sala si levava un coro di “oooh” deliziati.
Se possibile, Ron diventò ancora più rosso, rassomigliando vagamente ad una torcia umana. Sul viso del bambino sopravvissuto, invece, si dipinse un sorriso diabolico  « E così... ti piace estremo, eh? » sibilò, riferendosi al fatto che la loro amica fosse poco sana di mente.
« Ma vaffanculo, Harry! » gli sbraitò dietro Ron, lanciandogli una bottiglia di vodka appresso e fumando come una locomotiva a vapore.
Almeno loro si divertivano, pensò Hermione.
Per un attimo tutti quanti avevano dimenticato la questione Draco, chiuso nella sua stanza da letto sotto sedativo. Per un attimo tutti avevano accantonato quello che li aveva svegliati a notte fonda, con un urlo che era di paura pura.
Draco.
Aveva tremato, in quel sogno frastagliato da onde di terrore. Ma no, Draco non aveva urlato. Aveva creduto il suo sogno così vero da riuscire a farsi ferire in modo letale, ma non aveva dato soddisfazione al suo nemico di urlare.
Non toccarmi, mezzosangue!
Quelle parole continuavano a vagare nella sua mente senza un senso logico. Per un attimo aveva creduto di essere ripiombata al suo secondo anno, poi al terzo, al quarto e infine al quinto, dove lui la odiava.
Dove Draco era solo Malfoy, figlio orgoglioso di Mangiamorte e rincarnazione del male.
Per un attimo aveva creduto di morire, soffocata da quelle iridi metalliche che le avevano rovesciato addosso tutto il loro odio. Era stata come una colata di cemento e – anche a distanza d’ore – si sentiva ancora sopraffatta.
Ma avevano sbagliato i conti. Si erano messi contro la persona sbagliata e questa non era Draco, no.
Era lei.
E non c’era niente di più pericoloso di una donna fiera e orgogliosa che sente i suoi beni e affetti minacciati da qualcosa.
Niente.
« Perché non uccidi la donna bionda? » James parlò per la prima volta che era entrato nella saletta, quella notte, e non faceva altro che guardare Theodore.
Tutti si zittirono e sobbalzando, si chiesero come un bambino potesse parlare di omicidio. Aveva detto… « James! » sussurrò Pansy, sconvolta, guardandolo attraverso le lunga ciglia nere.
Il bambino, in compenso, scivolò dalle sue braccia e piantò i piedini nudi a terra, fissando Theodore come si fissa qualcuno che ha il mondo in mano e… non gl’importa.
James, così piccolo e tenero in apparenza, fissava il ragazzo come fosse un miserabile, con il mento alzato e un sorriso di compatimento sul volto.
« Uccidi la donna bionda o moriremo tutti! » disse rabbioso, prima di sfuggire dalle mani dolci della Parkinson e rifugiarsi giù per le scale dove – tutti sapevano – sarebbe andato da Terry.
« Di chi diavolo parlava, Theo? » mormorò Hermione, alzando gli occhi gelidi su di lui.
Scosse il capo, serrando le labbra e guardandoli con una muta disperazione. Dietro di lui, parole incandescenti dettati dalla bacchetta che teneva stretta tra le dita, recitavano una sola frase “Voto infrangibile”, strappando il fiato a più di una persona.
« Che significa? » urlò Harry, alzandosi di scatto e lasciando cadere la sedia alle sue spalle, con gli occhi spiritati fissi in quelli del moro.
Theodore scosse il capo, ancora con la bocca serrata.
« Significa che ci serve James, subito » sibilò Hermione, zittendoli ad uno ad uno con un occhiata imperiosa.
« Se Theodore ha stretto il voto infrangibile significa che qualsiasi cosa abbia promesso non può infrangerlo o morirebbe e James è l’unico che può penetrare nei ricordi altrui senza infrangere nessuna legge e farci sbattere ad Azkaban prima che uno di noi pronunci “spia” » finì cupa, mentre Pansy usciva velocemente dalla stanza per raggiungere il bambino.
Quella notte sembrava molto più lunga di quanto lo era in realtà.
 
Due ore dopo, richiamato al rapporto anche Draco – che se ne stava a debita distanza da tutti, specie da Hermione – videro a lavoro un vero e proprio portento di bambino.
Pansy l’aveva trovato fuori dal dormitorio dei Corvonero proprio mentre Terry era uscito per cercarlo e senza sentire né se e né ma se li era trascinati su nella Torre; ora, sotto lo sguardo imbronciato di Terry – che proprio non voleva che James usasse i suoi poteri così piccolo – stavano tutti ingurgitando biscotti al cioccolato con il latte, chi ancora whiskey e vodka e altri pure un dito di cianuro se non fossero stati fermati.
Bella accozzaglia, pensò Anastasija, entrando a passo di carica e facendo una smorfia.
Ragazzini.
James aveva entrambe le manine poggiate sulle guance di Theodore che – per sicurezza – avevano sedato. Quello se ne stava svaccato sul tavolo con due occhioni dilatati e un sorriso sulle labbra mezzo ebete « Lasciatelo così, vi prego  » ironizzò Draco, bevendo il suo caffè nero con due occhiaie da far spavento.
« Stai meglio? » pigolò Hermione, con vocina sottilissima che fece intenerire Harry.
Ma non Malfoy, a quanto pare « Benissimo » sibilò, schioccando la lingua irritato e – proprio per mandare in bestia tutti quanti – accendendosi una sigaretta di Blaise e cominciando a tossire come un dannato.
« Idiota »
« Stronzo »
« Pezzo di merda »
E finiti gli insulti di Harry, Ron e Blaise a seguito, in risposta si limitò ad alzare il dito medio ed evitare lo sguardo di Hermione.
Non riusciva… non riusciva a guardarla. Si sentiva un verme.
Aveva davvero pensato che Hermione, con un cuore così puro da riuscire a perdonarlo e amarlo per quel che era, fosse arrivato a sporcarsi le mani del suo sangue per… vendetta?
Era lui che non meritava nemmeno di sfiorarla con lo sguardo.
Era lui il male, non lei.
« Daphne? »
La bionda ignorò il richiamo sorpreso di Pansy, scavalcando tutti quanti e fermandosi di botto dinnanzi a Theodore e James. Nei suoi occhi azzurri passò un lampo di preoccupazione, ma fu così veloce che – molti – pensarono fosse stata solo la loro fervida immaginazione.
« Hn, finalmente l’avete ucciso? » sogghignò perfidamente, dando a tutti l’impressione di essere la sorella oscura del malefico biondo.
« Non può uccidere la donna bionda » mormorò James con tono vacuo, attirando l’attenzione di tutti. Teneva ancora le mani sulle guance di Theodore e ciondolava sinistramente il capo.
« La donna bionda l’ha costretto perché lui l’ha pregato di salvare l’altra » continuò, mentre Daphne gelava letteralmente.
« Lei l’ha costretto a quel voto cattivo, perché non è riuscita a farlo innamorare di se » confessò Jamie, perso nelle emozioni e nei ricordi di Theodore, completamente andato.
Era in quella sorta di limbo onirico, completamente avvolto dalle immagini di Theodore che cercava – senza conoscere le conseguenze – di salvare quella ninfa bionda dalle grinfie di quel demone travestito d’angelo.
« Lei è una spia ed è sempre qui con noi. Si è venduta l’anima per lui e… lei, sua sorella » bisbigliò, puntando poi gli occhi su Daphne.
E tutto le fu chiaro. Ogni porta si aprì nella sua mente e ogni pezzo di quel maledetto puzzle andò al suo posto.
Sua sorella era furba, ah, se lo era, ma aveva sottovalutato lei e i ragazzi di cui Theodore si era circondato.
Nessuno, nessuno metteva piede nel suo territorio in quel modo e Daphne già sapeva la fine di quella storia.
Avrebbe dovuto ucciderla, perché se con le pozioni d’amore non aveva fatto altro che divertire Daphne, con il voto infrangibile l’aveva letteralmente mandata in bestia.
Theodore non doveva essere toccato, questo avrebbe dovuto saperlo.
« Tua sorella è la spia? » mormorò Blaise, sgomento, quasi sentendosi male.
Lui, tutto quel tempo, aveva sentito le sue parole da colomba innamorata, consolato quelle lacrime da coccodrillo e ora… « Stronza » urlò, alzandosi di scatto proprio come Harry pochi minuti prima.
Gli aveva mentito, l’aveva messo contro Theo e Daphne, non aveva mai capito. Tutto divenne sfocato, vitreo, mentre l’odio gli corrose le viscere in maniera così dolorosa da procurargli un conato di vomito.
Spia.
Avevano vissuto in simbiosi per anni, lei era scappata nella sua tenuta estiva, in Italia – a casa sua – quando c’era stata la seconda guerra magica. Lui l’aveva protetta, come una sorella e lei li stava… tradendo.
« Blaise, Blaise, Blaise!  » urlò Daphne, afferrandogli con forza il viso e bloccandolo prima che potesse commettere qualche sciocchezza.
Con la bacchetta chiusa tra le dita illividite, la guardava come un pazzo.
Un pazzo tradito.
Un pazzo tradito da quella che considerava una sorella.
« Non spetta a te vendicarti, Blaise. Sta calmo, sta calmo » sussurrò la ragazza, trasformando la sua presa in una dolce e lunga carezza.
James si era staccato da Theodore ed era corso tra le braccia di Terry, mentre Theo ridacchiava mezzo andato ancora sulla tavola. Nella Sala era sceso il silenzio assoluto e tutti gli occhi erano puntati su di loro.
Non spetta a te vendicarti.
« Vorresti uccidere tua sorella? » mormorò Blaise, amaro, guardandola negli occhi.
Non spetta a te vendicarti.
Daphne socchiuse gli occhi e, facendo quasi imbestialire Ginny – che si trattenne dall’afferrarla per i capelli e giocare la briscola con le sue orbite azzurrine – lo baciò delicatamente sulla bocca.
Ma pochi sapevano cosa significava davvero. Non era un gesto libidinoso, quello. No. Era un gesto d’affetto fraterno, quello che aveva unito Blaise e Draco con le sorelle Greengrass.
Era una promessa.
« E tu? Sei troppo puro di cuore per arrivare a sporcarti le mani del sangue di tua sorella » bisbigliò Daphne, strappando un gemito agonioso a Blaise, che la fissò angosciato.
« Sta tranquillo, Blaise. Credo che lei sarebbe più felice se ad ucciderla ci fossi io, non tu. Ti vuole troppo bene, nonostante dubito che abbia un cuore per provare qualcosa »
Asteria… sì, Asteria lo considerava un fratello e nonostante fosse una spia, una traditrice, non avrebbe retto il colpo di essere ucciso proprio da lui, che l’aveva sempre messa allo stesso piano di sua sorella.
Mai sotto di lei, mai e per questo si era fatto amare oltre ogni limite.
« La sua antagonista sono io »
Non spetta a te vendicarti.
« E voglio assoluto silenzio, intesi? Questa storia potrebbe essere a nostro vantaggio. Qualcuno che porti notizie sbagliate al nemico può rivelarsi più utile di un infiltrato… alla fine, mi occuperò io di lei » disse Daphne, cogliendo assenso in tutti nella Sala.
Blaise la vide andar via a spalle ricurve, come se improvvisamente il mondo le fosse crollato addosso. Socchiuse gli occhi, crollando seduto; come… come faceva? Aveva parlato della morte di sua sorella per mano sua come si parla del tempo o della quotidianità.
« Non le lasceremo fare quello che ha in mente, Blaise. Per uccidere un nemico ci vuole un cuore ardito, per uccidere un amico… ancora di più » bisbigliò Hermione, attirando la sua attenzione.
Non le lasceremo fare quello che ha in mente, aveva detto. Ma nessuno conosceva abbastanza bene Daphne per sapere che non si sarebbe fermata davanti a nulla.
Asteria aveva toccato il fondo… e sua sorella aveva deciso di chiudere definitivamente la questione.
Con la morte di una delle due.
 

Io sono di legnoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora