Il sogno

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HOPE'S POV
Ormai il buio è diventato il mio migliore amico.
Mi accompagna sempre, ovunque vada: sia che sia un sogno, sia che sia l'interno di Malivore, sia che sia la realtà.
Ormai ci ero abituata a quel nero denso, opprimente, avvolgente.

"Heilà?" pronunciai incerta, l'eco di quella parola arrivò al mio orecchio.
Ci risiamo, pensai.
"C'è nessuno?" dissi avanzando di un passo, immersa nell'oscurità.
"Perché sono qui?" gridai, già spazientita "So che c'è qualcuno, e so che c'è un motivo se, ora,  sono qui." affermai.

Sospirai, stanca.

Ero stanca, veramente stanca, di tutto ciò. Questa volta, però, non era stanchezza fisica, come quella che provavo prima di addormentarmi, ma stanchezza psicologica. Non riuscivo più a ragionare, a riflettere senza impazzire.

Che mi stava succedendo? Perché stavo così male? E, sopratutto, come ho fatto a finire in queste condizioni?
I pensieri mi si affollavano nella mente.
Non riuscivo a darmi una spiegazione valida a tutta quella situazione: era come se ci fosse stato un buco nero, nella mia mente, che risucchiava tutti i miei ricordi. Quei ricordi degli attimi passati prima di ritrovarmi in quello stato.

Scocciata da tutto quel buio e da tutto quel silenzio mi sedetti sulle ginocchia, portando le mani sul mio viso.
Sì, ero in procinto di piangere.
Non piangere. Non piangere.
Continuavo a ripetermi in mente.
Ce la posso fare.

Improvvisamente, fu come se quel posto nero come la pece mi avesse letto nella mente: quel buio opprimente, avvolgente, si trasformò in luce bianchissima.
O, meglio, a primo impatto, sembrava luce bianca.

Presi del tempo per capire dove mi stessi trovando.
Spostando le mani dal mio viso riconobbi che, quel bianco accecante, in realtà, erano le pareti di una stanza, di un corridoio. Un corridoio pieno di porte: rovinate e non, tutte di normale legno.
Ma una porta in particolare attirò la mia attenzione.
Era di fronte a me, alla fine del lungo corridoio. Potevo vederla anche da qui: era una porta in legno, dipinta di rosso, tutta rovinata. Aveva delle incisioni, se non tagli, molto profonde.

Mi alzai, incuriosita da quella porta, e, con sguardo confuso, decisi di avvicinarmi.
Mentre attraversavo quel corridoio, a me familiare, squadravo ogni singola porta.
Sembrano tutte normali, pensai.
Avanzavo.
Lentamente, ma avanzavo.
Cinque passi e sarei arrivata alla porta rossa.
Quattro passi.
Tre passi.
Due passi.

Allungai una mano verso la maniglia della porta misteriosa e...

"Ciao" una vocina sottile, dolce, mi invase le orecchie.
Sussultai. Una bambina era lì, davanti a me. Mi fissava.
"C-ciao" risposi, un tono che precedeva un infarto. Ma com'è possibile?! Non c'era nessuno, davanti a me, un secondo fa?!

La bambina sbatteva le palpebre con fare curioso.
Non potei fare a meno di notare i suoi occhioni azzurri cielo, penetranti.
I suoi occhi grandi e le sue ciglia rosso scuro come i suoi capelli ricci. I suoi capelli... mi ricordavano qualcuno... qualcuno che aveva lasciato un vuoto nel mio cuore.
Era esile e mi arrivava un po' più su del basso ventre.

Che ci faceva una bambina lì? E perché era apparsa proprio davanti a me? Proprio quando ero ad un passo dalla porta rossa?

Alcuni secondi di silenzio. Lo sguardo della bambina rossiccia nel mio.
Sembrava tranquilla, sembrava si sentisse al sicuro lì.

"Hope?" chiese, come se già sapesse la risposta.
"S-si, ma... come fai tu-?" chiesi, guardandola di sbieco.
"Devi svegliarti, ora."
"Cosa? Come-"
"Svegliati, ora." mi fermò "O morirai, e non sarai l'unica."
"Aspetta, io- io non sto cap-" cercai di avere spiegazioni, cercai di parlarle ma mi interruppe di nuovo.
"Va, prima che sia troppo tardi!" disse, alzando il tono della voce e spingendomi con tutte le sue forze per terra.
Sbattei la testa, ma riuscii a catturare una frase, pur se confusa.
Ecco quello che sentii, un po' in lontananza, ma lo sentii: "Ti voglio bene m..." silenzio.
"A presto".

Proverò a lasciarti andare...Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora