Crisi

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(Questo capitolo contiene parolacce e scene di intime)

Ethan abbracciava Vic in lacrime, Thomas cercava di consolarla dicendole di respirare a fondo, io stavo immobile a guardare la scena senza sapere bene cosa fare, Paco era uscito per lasciarle un po' di privacy.
Quella canzone parla di me e di lei e altre centinaia di persone.
Tolsi le cuffie ed uscii dalla stanzetta.
"Io... non volevo farti stare male. È solo una canzone", cercai di minimizzare.
"Non piangere dai. Me ne vado se vuoi", le dissi guardandola tremante e pallida tra le braccia del nostro amico.
Aveva un attacco di panico e mi dispiaceva pensare che fossi stato io.
Lei scosse piano la testa mentre faceva fatica a respirare e le lacrime non smettevano di uscire dai suoi occhi.
Era da tanto che non le capitava.
Possibile che fossi io la causa del tutto suo malessere? Mi sentivo uno schifo.
Non sapevo che fare. Thomas le portò dell'acqua e lei bevve a sorsi piani.
"Perché non esci a fumare? Così anche tu ti riprendi un attimo", mi disse Ethan e seguii il suo consiglio.
Fuori qualcuno passeggiava tra il chiacchiericcio.
Accesi una sigaretta con le mani tremanti ed aspirai a pieni polmoni il suo fumo velenoso.
Mi sentivo gli occhi bruciare ma non volevo piangere, non dovevo piangere.
Perché non riuscivo più a fregarmene del mondo?
Finii la sigaretta lentamente e tornai dentro.
Vic era accucciata sul divano, Ethan e Thomas la fissavano preoccupati.
"Sta arrivando Nica, non sapevamo più che fare", comunicò il ragazzo biondo ed annuii, avevano fatto bene.
La sorella di Vic arrivò poco dopo e si avvicinò svelta al divanetto.
"Ehi, sorellina. Sono qua. Non è successo nulla, è tutto ok", le sussurrò accarezzandole i capelli sudati.
"Ma che è successo? Non stava così da tanto", chiese e ci guardò. E i ragazzi guardarono me.
Certo, sempre colpa mia, pensai. Alzai le spalle.
"Ho scritto una canzone e poi l'ho cantata prima. Non ho fatto nulla, che cazzo", sbottai incrociando le braccia sul petto.
"Tu non fai mai nulla eppure lei sta male solo per colpa tua", disse con la faccia contratta dalla rabbia.
"E allora me ne vado. Per sempre", affermai prendendo le mie cose e andandomene mentre i miei compagni di musica cercavano di fermarmi. Mandai al diavolo tutti e me ne tornai a casa.
Basta! Ho chiuso! Ma vaffanculo! pensai arrabbiato col mondo.
Non volevo più cantare.
Non volevo più vedere nessuno.
Chiusi a chiave la porta, silenziai il telefono, tirai giù la tapparella della finestra per rimanere al buio e mi misi a letto vestito.
Ero deluso, furioso.
Perché ci dovevo sempre rimettere io la felicità?
Poi lei aveva la ragazza, cosa voleva ancora da me?
Volevo essere di nuovo menefreghista ed egoista con tutti, come un tempo.
E così decisi di fregarmene dei sentimenti altrui e pensare solo a me stesso.
Presi il telefono, ignorando messaggi e chiamate, e inizia a scorrere la rubrica per cercare qualche ragazza con cui uscire, una di quelle che mi ero già fatto in passato e che non mi avrebbe mai detto di no.
Trovai il numero di Flavia, non ricordavo di esserci scambiati il numero ma l'alcol probabilmente mi aveva fatto dimenticare le cose.
"Ciao. Sono Damiano, ti ricordi di me?", le scrissi.
Pochi minuti dopo mi rispose.
"Come potrei dimenticare... Non pensavo trovassi il mio numero così in fretta. Spero non ti dispiaccia che l'ho memorizzato sul tuo telefono".
"Figurati! Anzi, hai avuto un'ottima idea. Sei libera tra un'oretta?", le risposi prontamente.
"Certo. Sai dove abito", scrisse e mi scappò un sorrisetto.
Mi lavai con una doccia bollente, indossai jeans chiari strappati e una camicia bianca che lasciai aperta sul petto così da esporre il tatuaggio, stivaletti in pelle. Legai i capelli in un codino alto, misi nel portafoglio un paio di preservativi ed uscii con la macchina senza parlare con nessuno. Arrivai sotto casa sua in poco tempo e la aspettai, avevo messo la "modalità aereo" sul cellulare così nessuno poteva disturbarci.
Scese e la trovai bella, non me la ricordavo così.
Indossava una minigonna, una camiciola azzurra quasi trasparente e sotto si notava il reggiseno nero, un paio di Adidas bianche ai piedi.
Salì in auto e sfoggiò un grande sorriso.
"Ma come siamo fighe stasera", le dissi ricambiando il sorriso e mi sporsi verso di lei per salutarla.
Non ci pensò due volte e mi stampò un bacio sulle labbra, ricambiai volentieri.
"Oh, esco con un fregno come te, posso mai fare brutta figura?", rispose divertita.
La portai a cena fuori a mangiare carne, passeggiammo per un po' e poi andammo a bere nel locale dove ci incontrammo la prima volta.
"È stato bello, stasera. Non mi aspettavo un tuo messaggio a dirti la verità", mi disse mentre sorseggiavamo la birra seduti fuori dal pub.
"Avevo voglia di vedere gente diversa e ho trovato il tuo numero. Sarà stato il destino", risposi facendole l'occhiolino e lei rise leggera.
Avevo bisogno di quello, di sentirmi me stesso, leggero.
"Sei sola anche stasera?", domandai con un sorrisetto furbo.
Quasi i suoi occhi si accesero.
"Se venissi tu, non sarei sola", disse iniziando a creare dei cerchi leggeri sul dorso della mia mano col suo dito.
"Vorrei venire, in tutti sensi", fui sincero. Era divertita e io mi sentivo più a mio agio.
Finimmo di bere e andammo a casa sua.
Ci mettemmo comodi sul divano e accese la TV. Qualche programma di poco interesse veniva trasmesso sullo schermo, io avevo ben altre intenzioni.
La feci sedere a cavalcioni sulle mie gambe e iniziammo a baciarci.
Misi le mie mani sotto la sua maglietta, non avevo voglia di trattenermi ne di fare il bravo ragazzo.
Me la scopai un paio di volte, quella notte. Dormimmo nel suo letto, a 'sto giro.
La mattina ci alzammo con calma sul tardi.
"Buongiorno", mormorai e sbadigliai.
Le accarezzai la schiena nuda, le vennero i brividi.
"Ciao, ragazzaccio", sussurrò e girò il viso verso di me.
Le scostai i capelli dalla spalla e scesi a baciarle la pelle liscia. Soffiai sul suo collo e lo leccai e con una mano iniziai a massaggiare il suo sedere sodo e tondo.
"Sei insaziabile", mi disse con un sorrisetto voglioso.
"Non sei da meno, signorina. Non mi pare ti dispiaccia", risposi e con le dita scesi verso la sua entrata. Aprì leggermente le gambe per agevolare le mie azioni, non disse più nulla.
Entrai con due dita e lei mugolò, iniziando a bagnarsi. Il mio pene divenne duro in poco tempo.
Tolsi le dita dalla sua vagina e, senza pensare a nulla, mi posizionai dietro di lei che stava ancora stesa a pancia in giù e aiutandomi con una mano posizionai la punta del mio sesso contro la sua entrata e con un paio di spinte fui dentro. Gemetti insieme a Flavia dal piacere, iniziai a scoparla ancora. Avrei continuato per ore.
Non cambiai posizione, nonostante le braccia mi facessero male, finché non sentii il mio liquido salire per uscire così mi tolsi e schizzai il seme caldo sulle sue natiche.
Mi lasciai cadere al suo fianco ma ripresi il lavoretto di dita, mentre la baciavo,  finché non ebbe anche lei un orgasmo.
"Break", dissi di nuovo stanco.
"Devo recuperare anche io", ridacchiò e si mise tra le mie braccia, non disdegnai la cosa e la abbracciai per riposare ancora un po'.
Me ne tornai a casa dopo aver pranzato con Flavia, mi docciai, mi svaccai sul divano e guardai la TV senza prestare troppa attenzione al programma.
Avevo il cellulare pieno di messaggi e chiamate ma non rispondevo a nessuno.
Mio fratello si palesò davanti alla TV e mi fissò.
"Aò, mo basta. Ci stanno tampinando per sapere che fine hai fatto. Sei impazzito o cosa? C'hai un lavoro e delle persone a cui dare conto", sbottò con le braccia incrociate.
"Non rompere le palle anche tu, Ja", sbuffai e mi misi seduto.
Aveva solo tre anni più di me eppure si sentiva quasi mio padre.
"Almeno rispondi ai tuoi amici, no? O al tuo produttore dicendogli che hai bisogno di una pausa. Non fare il ragazzino stronzo e viziato", incalzò.
"Ma che voi? Ma te levi? Decido io cazzo fare della mia vita. Ma che volete tutti? Quanno c'avrò voja, risponderò alla gente. Se proprio ci tieni digli che sono partito o il cazzo che te pare", alzai la voce parlando e me ne tornai in camera, l'unico posto dove non mi disturbava nessuno.
"Tutto ok?", scrissi a Flavia trovandola online su whatsapp.
"Certo, chico. Tu? Sei a casa o a corteggiare altre donne?", rispose e alzai gli occhi al cielo.
L'unica ragazza che avrei voluto corteggiare aveva una forte repulsione nei miei confronti, senza che ne sapessi il motivo.
"C'ho gli occhi solo per te, mia regina", la presi un po' in giro.
"Ahah! Certo, non montarti la testa solo perché ti chiamano King 😉 comunque, vorrei rivederti ancora. Magari in questi giorni se ti va", disse lasciandomi un po' spiazzato.
Non volevo nulla di serio anche se lei mi piaceva molto, finché si trattava di sesso e passare del tempo insieme mi andava bene ma altro...
"Fla, non voglio che stai male per colpa mia. Non voglio nulla di serio, non posso. Se vuoi divertirti sono sempre pronto ma non illuderti", scrissi sincero.
Alla faccia di voler essere stronzo, pensai e sbuffai.
Niente mai di facile nella mia vita.
Ci mise un po' a rispondere.
"Grazie per la sincerità. Non voglio nulla di serio manco io, ma divertirmi sì e pure tanto 😏 sai, non è che tutti i giorni trovi qualcuno che ti faccia godere come fai tu", lessi e mi rilassai di nuovo.
"Ti faccio vedere il paradiso, baby. Magari in questi giorni passo a prenderti", risposi e poi mi accesi una sigaretta come al solito.
Osservai il fumo svanire nell'aria, un po' come la mia voglia di vivere.
Pensai a Thomas ed Ethan, pensai a Vic e sentii la sua mancanza.
Non avrei chiesto scusa, non l'avrei cercata più.
Poteva essere felice senza di me.
O almeno era quello che pensavo.

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