2. Una vecchia storia

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Khazam raggiunse il circo dopo aver attraversato il Faubourg Tremé, un vasto quartiere popolare abitato per lo più da afroamericani; il tram ci aveva messo più del previsto a lasciare il centro e si erano già fatte le quattro, il che significava c...

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Khazam raggiunse il circo dopo aver attraversato il Faubourg Tremé, un vasto quartiere popolare abitato per lo più da afroamericani; il tram ci aveva messo più del previsto a lasciare il centro e si erano già fatte le quattro, il che significava che gli spettacoli erano tutti cominciati. Di sicuro, la sua assenza doveva essersi fatta notare.

«Ehi tu, fermati!» esclamò una voce stridula mentre superava di corsa il botteghino.

«Dove credi di andare senza biglietto? Sicurezza! Sicureeeezza!»

«Ernie sono io, Jim! Mettiti gli occhiali.»

Da dietro lo sportello si affacciò un vecchietto minuscolo e con la faccia raggrinzita.

«Oh, Jimmy!» Il bigliettaio sistemò sul naso bitorzoluto un paio di occhiali di corno e i suoi occhi divennero giganteschi dietro le lenti spesse. «Che fai qui? Lo Straordinario Khazam non va in scena tra poco?»

Il ragazzo non perse tempo a rispondergli. Fatta eccezione per qualcuno che si era intrattenuto per comprare una bibita o tentare la fortuna al tiro a segno, la maggior parte dei visitatori stava assistendo alle esibizioni, attirata dalle grida degli imbonitori. Passò in mezzo a un gruppo di fermi che affollavano l'entrata della Cueva del Diablo, dove un giovane ispanico di nome Rodrigo aveva appena inghiottito senza batter ciglio l'estremità infuocata di un bastone; mentre la folla applaudiva e commentava impressionata, il mago sparì nel retro dei tendoni, zigzagando agile tra i cavi.

Jim Doherty, era questo il suo vero nome, ma da ormai dieci anni vestiva i panni di "Khazam": di sangue celtico, rimasto orfano durante un viaggio in Medio Oriente a causa di predoni del deserto, era stato adottato da un sultano e cresciuto nella sua corte tra fachiri e alchimisti da cui aveva appreso la magia. Almeno, questa era la fiaba confezionata da O' Malley per far sognare il pubblico. Del resto, nel mondo del circo quasi tutte le storie contenevano una buona dose di fantasia.

Quanto a Jim, era sì un orfano, ma di certo non era mai stato in Oriente né tantomeno era stato cresciuto da un sultano: semplicemente, una mattina, gli operai lo avevano trovato che dormiva nel vagone dei ruminanti, accoccolato tra la paglia. Capitava di frequente che dei vagabondi si intrufolassero per scroccare un passaggio o del cibo, e di solito li si faceva sloggiare senza troppe cerimonie. Ma che farne di un bambino di sei anni, che si rifiutava di raccontare come fosse finito laggiù, e dove fossero i suoi genitori? Alla fine, Margot se l'era preso a cuore e aveva insistito per tenerlo con loro.

Jim aggirò il tendone centrale, da cui provenivano le pulsazioni della musica, le risate e gli applausi del pubblico: lì dentro si tenevano le performances che richiedevano più spazio: acrobazie aeree e numeri con gli animali. A giudicare dal pezzo ricco di suspense che l'orchestra stava suonando, i gemelli dovevano essere alle prese con la parte conclusiva del loro numero. Infatti, la musica si fermò e Jim udì la folla trattenere il fiato, segno che Vanja si era appena tuffata nel vuoto per eseguire il suo triplo avvitamento e finire tra le braccia forzute di Wilhelm. Un applauso assordante accompagnò, come sempre, la fine dell'esibizione.

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