• A mano a mano

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[ post My Sweet Quarantine


Nell'aria si eleva la melodia degli accordi, dei violini e dell'armonioso ordine musicale che solo in un'orchestra può regnare. Curiosamente, le note si mescolano alla perfezione coi brusii dei presenti e con la vibrazione acustica prodotta dai calici quando cozzano tra loro. 
Piccole magie che solo la musica può generare. 

Osservo il mio calice per l'appunto, indecisa se cedere al secondo bicchiere a stomaco semivuoto o preservare un minimo di dignità per le ore che seguiranno - decido infine di dar retta al mio buon senso per una volta.
Allontano il calice con l'indice, ripetendo sottovoce: "Per Cordelia." 
Alla fine il suo farmacista se lo è sposato davvero, con tanto di cerimonia in grande stile.
La osservo dal mio tavolo con un moto di orgoglio: è fasciata nel tulle a più strati di un prezioso Vera Wang Bridal - nulla di che, insomma, solamente un abito da cerimonia che sarà costato più di quel che il mio conto vedrà mai nella vita. 
Cordelia sembra davvero felice, di quella felicità che si può veder riflessa nel viso delle persone, tanto rara quanto luminosa.
Non ha smesso per un secondo di parlare, lei e il suo farmacista salutano qualsiasi invitato capiti nel loro raggio d'azione e, nei pochi momenti concessi loro, si scambiano sguardi d'intesa così amorevoli da farmi mettere in dubbio le mie rom-com preferite. 

Ovviamente, c'è già stato un discorso dedicato al Supremo - il quale, ben prima di essere un mentore, è stato semplicemente un padre. 
Lo ammetto, ho pianto un po'. Claudio non lo ammetterebbe mai, ma ad un certo punto anche lui ha dovuto svoltare il capo. 
Avrà pur fatto dei passi avanti nella nostra relazione, ma quando si tratta di mostrare un'emozione di fronte ad altri si chiude completamente a riccio. Mi sono limitata a sfiorargli la mano, in un gesto di comprensione, e lui non l'ha ritratta in mia presenza. 
Son quelle piccole cose che fanno la differenza, passo dopo passo. 
Anche se ora Claudio si sta lagnando in sottofondo, quel che non posso fare a meno di notare è che sia comunque rimasto seduto al nostro tavolo. 
Accanto a me, con me, per me. 
Penso che, in fondo, di tutti i regali che Claudio mi abbia fatto nella vita, questo è il più grande e inestimabile di tutti e la cosa meravigliosa e sconvolgente al tempo stesso è che non sono nemmeno così sicura che ne sia consapevole. 

Per la precisione,  le lamentele fino a venti minuti fa riguardavano le mini porzioni delle portate - e qui, devo dargliene atto, ha pienamente ragione -, il commento più esilarante è stato: "A casa mia biologico non significa al sapore dell'amarezza."
In effetti, il menù lascia parecchio a desiderare, ma è rinsavito quando gli ho fatto presente che mangeremo del cibo vero post-ricevimento. Avviso che deve aver attirato le attenzioni dei presenti, nonché una certa comprensione.
Anzi, credo proprio che ci stiamo dando tutti appuntamento alla trattoria più vicina e quindi tanto vale stringere amicizia con questi perfetti sconosciuti. 
Tutto questo, però, passa in secondo piano quando tocca l'argomento più fervente in assoluto. Quel che sapeva sarebbe accaduto, in un modo o nell'altro, sicuro come un mio errore di calcolo matematico.

«Doveva proprio venire?»
Si interroga Claudio, brandendo un coltello per tagliare la sua (mini) porzione e borbottando nel mentre qualcosa del tipo: "E questa diavoleria cosa sarebbe?"
«Ma è suo fratello, Claudio...» ribatto, osservando deliziata la scena che ho di fronte. «Comunque, l'avevano detto che avrebbero optato per una cucina Feng Shui.»
Ostento una sicurezza inedita sull'argomento, in realtà l'ho appreso solo qualche giorno fa.
«Non voglio sapere cosa significhi...» proferisce Claudio, salvandomi dall'ignoto. «Non ci posso credere. Sono vuoti. Perché dovresti cucinare dei ravioli vuoti? Cambia mestiere, piuttosto.»
Mi sporgo per osservare e, sì, non ho mai visto dei ravioli così piatti. O degni di essere chiamati tali, in effetti. 
«Il taglio della torta è tra poco e poi sarà finita» lo rassicuro, passandogli una mano sul gomito. 
Il tono è, grossomodo, simile a quello che un comandante impartirebbe al giovane soldato che ha saputo svolgere il servizio di leva nel migliore delle sue possibilità. 
«Se anche quella non è finta, vorrai dire.»
«Guarda guarda, sei diventato anche simpatico...»
«No, Alice, non è simpatia. È isteria. La fame gioca brutti scherzi.»
Claudio abbandona l'errante impresa, lasciando andare il coltello sul piattino.  
«E comunque, hai cambiato argomento.»
«Veramente hai fatto tutto da solo» puntualizzo indispettita. «E poi, almeno ora è chiusa definitivamente questa storia.»
«Almeno ora?» 
Claudio potrebbe aver alzato il tono di un'ottava, ma non glielo faccio notare. Temo che lo abbia capito da solo e, in fondo, questa scena mi sta divertendo più di quanto dovrebbe.
«Hai capito. Non dobbiamo più incontrarci in veste ufficiale. Capitolo chiuso. E poi guardalo, è troppo preso a dare la caccia alle sue fotocopie.»

Dall'altro lato della sala, ragionevolmente lontano eppure nel mio raggio visivo, Arthur e consorte si barcamenano con un paio di bambini e coi loro comportamenti pestiferi. 
Cordelia mi aveva raccontato che Saadia era rimasta incinta nell'immediato lockdown, a suon di: "Ecco un'altra coppia che figlia durante la quarantena...", lasciando la frase in sospeso. 
Chissà quali verità avrei dovuto cogliere nelle parole di Cordelia, forse mi aveva voluto fare un augurio o forse aveva tentato non tanto implicitamente di dirmi qualcosa. 

La verità è che quella ferita è tuttora in fase di cicatrizzazione.
Per lungo tempo non ne abbiamo parlato, era calato un profondo silenzio sulla faccenda, ma a Washington avevo avuto un sospettoso ritardo e mi ero ritrovata a fare un test di gravidanza alla vecchia maniera, dato che tutti i laboratori in Istituto erano chiusi. 
Solo un ritardo, alla fine, ma il pensiero di aver allertato Claudio per un falso allarme mi aveva fatta sentire in colpa.
Non saprei dire per quale ragione, in fondo si tratta pur sempre di un cinquanta e cinquanta, ma un moto di vergogna era calato sul mio viso e mi ero costretta a nasconderlo. 
In quell'occasione Claudio era stato di una dolcezza unica, un nuovo tipo di dolcezza, mi aveva preso il viso tra le mani e mi aveva baciata a più riprese.
Di baci rapidi e copiosi, ripetuti in sequenza, finché non aveva visto scomparire quell'ombra dal mio viso.
Una volta tornata in me, Claudio mi aveva tolto un ciuffo ribelle dalla fronte e si era sporto un po' verso il mio lobo, sino a farvi cozzare le labbra: «Ecco, la mia Alice è tornata. Non te ne andare.»

Credo che da quel giorno sia iniziata una nuova fase per noi. 
Credo che, in fondo, tutti quei discorsi in merito alle difficoltà che uniscono le coppie siano veri, non si tratta solo di commovente materiale cinematografico. 
Bisogna volerlo, però. È necessario un lavoro giornaliero, reciproco, vero. 
È necessario tendere un capo verso la sua sommità in egual maniera. È fondamentale svegliarsi ogni giorno sapendo di aver preso quella decisione, di essersi svegliati al fianco dell'altra persona e di volerla ancora quella persona. 
Qualcosa è cambiato in quei mesi, qualcosa ci ha resi abbastanza maturi da farci rinunciare a questa fase di eterno ping pong qual era il nostro rapporto e la cosa davvero buffa è che son stata costretta a condividere con Claudio Conforti un esiguo spazio ventiquattrore al giorno, sette giorni su sette, per capirlo. 
Alla fine, però, siamo arrivati alla stessa conclusione: alcune volte ci potremmo ritrovare a discutere del nostro senso della famiglia e altre volte dell'effettiva convenienza dell'abbonamento Netflix quando abbiamo già quello a Prime e a Apple TV. 
Condividere, anche se il mio conto è perennemente in rosso e Netflix mi manda messaggi minatori, ricordandomi che il pagamento secondario è la carta di credito di Claudio. 
Condividere, anche se lo stesso Claudio il giorno dopo potrebbe sbraitare un ALICE!, da far eco tra le pareti, controllando per l'appunto il saldo. 
Condividere, insomma, anche se si tratta della luce accesa o del carico da  mettere in lavatrice a metà giornata - Almeno salviamoci con la tariffa bioraria, che dici? -, tutte quelle cose che Claudio sostiene possano giovare qualora volessimo arrivare decentemente alla pensione. 
Giuro, ha detto proprio così. Volessimo.
Nella mia mente, a quel punto, le campane avevano iniziato a suonare a nozze e avevo fatto un salto in avanti nel tempo, una sceneggiatura coi titoli di coda infiocchettata ad arte. 
D'altronde, era stato proprio lui a usare la parola pensione - okay, in termini meno romantici e più pratici, ma è il pensiero che conta in fondo -, proiettando la nostra vita ben oltre le mura di Washington.
Ben oltre il tempo le ventiquattro ore, sette giorni su sette, che ci eravamo trovati a condividere per forza e per amore. 

Quel lasso di tempo così lungo folgora la mia mente in un battibaleno e mi costringe a ritornare alla realtà dei fatti solo quando Claudio mi sfiora le dita, accorgendosi del mio insolito mutismo.
Intanto, ben prima della torta sembra che sia giunta l'ora del tradizionale ballo.
Non lo chiederei mai a Claudio, aver subito la cucina Feng Shui mi sembra sufficiente come prova d'amore, e lui mi sta pregando con gli occhi affinché non mi faccia strane idee in testa.
In verità, stretta come sono nel lungo tubino bordeaux che ho scelto di una mezza taglia in meno, non riesco nemmeno a muovermi senza faticare.
Maledette taglie americane, per quanto low cost. 
Sulle note di A mano a mano, una scelta alquanto inusuale conoscendo Cordelia, i due novelli sposi danzano in tutta la sala e dopo essersi goduti un intenso minuto di raccoglimento, fanno cenno ai presenti di riempire la pista. 
In qualche attimo, a volteggiare sotto le luci soffuse sono una serie di sgargianti colori e interessanti drappeggi, una sequenza che si ripete in circolo.
A far loro da sfondo, una serie di trombe e tromboni accompagnati dal cantante da sala e, devo ammetterlo, sto ascoltando il miglior complesso musicale possibile.
Devo ricordarmi di fare i complimenti a Cordelia per la scelta della band, sarà un'ottima strategia quando mi farà la domanda più quotata a qualsiasi matrimonio: "Com'era il cibo?"

«Chissà perché hanno scelto proprio questa» commenta Claudio, ascoltando le prime strofe. 

Una signora di mezza età rimasta seduta al nostro tavolo sta gridando con talmente tanta forza: "A mano a mano, mi perdi e ti perdo e quello che è stato mi sembra più assurdooo", con tanto di accendino alla mano, da rendermi difficoltoso l'ascolto, anche se Claudio si trova ad una spanna da me.

«Be', Gaetano è sempre contemporaneo» commento, ondeggiando su me stessa man mano che il climax della canzone si eleva. «E poi, è una canzone che parla di seconde possibilità.»
«Di seconde possibilità» mi fa eco Claudio. 
Avvicino la fronte alla sua, come tendo a fare quando desidero cristallizzare un momento. Lui non si ritrae, anzi, mi respira accanto e le sue mani sono così ancorate alle mie da convincermi che mollerà la presa solo se costretto. 
«E torna fedele, l'amore è tornato» canticchio ridendo. 
Nemmeno troppo, in fondo, è qualcosa in cui posso rivederci.
«Sai una cosa?»
«Cosa?»
Claudio indugia per un sol attimo, cerca nei miei occhi un segnale di supporto: «Quando quel momento arriverà, dovrebbe avere il nome di un fiore. Per ricordare questa serata.»
Per ricordare la storia di questo amore, vorrei aggiungere, ma credo che implicitamente il tono di Claudio lo stia sottintendendo.
«Per ricordare questa serata» ripeto, socchiudendo gli occhi. 


"Ma dammi la mano e torna vicino, 
può nascere un fiore nel nostro giardino, 
che neanche l'inverno potrà mai gelare, 
può crescere un fiore
da questo mio amore per te."


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⏰ Ultimo aggiornamento: Sep 10, 2021 ⏰

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