• "Posso perdere tutto, ma perdere te, non me lo posso permettere."

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"Posso perdere tutto, ma perdere te
Non me lo posso permettere." 

(Lortex, MIA) 

Normalmente era in grado di intuire lo stato d'animo di sua moglie in base alla forza che applicava nel poggiare i malcapitati oggetti che aveva portato con sé durante il giorno; se, per esempio, schiaffava la borsa sul tavolino di vetro, di sicuro non era la serata giusta e avrebbe semplicemente dovuto lasciarle la sua bella fetta di spazio sino all'indomani. 
Pur tuttavia, era altrettanto vero che un connubio tanto privato quanto professionale come quello che li univa trascinava con sé sapori e dissapori e se i primi, la maggior parte delle volte, acuivano i secondi, vi erano anche delle giornate che si sarebbero semplicemente dovute concludere. 
Da quando Alice era stata elevata al rango di Signora nei documenti ufficiali, casella che in realtà continuava a non barrare, nascondere le sue personalissime indagini si era rivelato ben più difficile del previsto, al pari di una vera e propria sfida.
Non che Claudio non lo sapesse, ma non si era mai premurata di spiegargli nel dettaglio fin dove la portassero fisicamente le sue intuizioni, anche perché la discussione si sarebbe chiusa con qualche riferimento ai dati scientifici che bla bla bla, sono fondamentali, l'emotività non ci interessa, bla bla bla.
Ma Alice, da brava detective freelance, avrebbe ascoltato sempre e solo l'ultima parte, il blaterare si intendeva, poiché il senso di giustizia finiva sempre per prevaricare, o forse sarebbe meglio dire affiancare, il senso del dovere e se a chiederglielo era la sua integerrima quanto stimata amica e poliziotta del cuore, quale motivo aveva per esimersi? 

Come da accordi con Silvia, infatti, quello stesso pomeriggio si era recata in un rinomato locale per elargire informazioni ad un presunto colpevole e lo avrebbe fatto come suo solito: totalmente a caso, confidando nella sorte e nella sua buona stella, sempre se quest'ultima non aveva deciso di darsi alla macchia. 
Alice stava giustappunto attivandosi per entrare in azione, ben appostata in un angolino dal quale aveva una visuale a tutto tondo, quando si accorse di dover cercare un preziosissimo oggetto fondamentale per la sua ricerca, dacché la prima regola che si era data era sempre e solo una: registrare qualsiasi accadimento attivando il GPS, in costante contatto con la realtà. O con Google Maps.
Insomma, stava per l'appunto ravanando nella borsa in cerca del suo preziosissimo iPhone, quando il sospetto di averlo lasciato in Istituto si tramutò lentamente in una certezza e proprio mentre si stava per maledire mentalmente, il suo peggior incubò si materializzò in scala reale.

«Suppongo che stessi cercando questo.»
Coinciso e diretto com'era solito presentarsi, sul volto di Claudio si era appena disegnata un'espressione sardonica.
Il suddetto cellulare penzolava di fronte ai suoi occhi come un orologio a pendolo, lasciandola per un attimo in uno stato di trance; solo qualche attimo dopo, quando si rese conto dell'effettiva piega che stava prendendo la situazione, Alice lo canzonò per bene: «Hai letto i miei messaggi?!»
«No, Eva Kant, ma dopo cinque chiamate perse la tua amica poliziotta ha avuto la geniale idea di chiamarmi e di informarmi dei tuoi geniali piani. Ma credo che la Magistratura italiana per stavolta dovrà cavarsela senza di te» fece una lunga pausa, come per creare della suspense.
«Stanno per intervenire direttamente.»
Claudio indicò il presunto sospettato e, nel compiere quel gesto, quest'ultimo si sentì in dovere di defilarsi dalla scena, forse accortosi dell'inghippo, ma Alice non notò nulla poiché volta ad ascoltare la versione dei fatti e solo quando l'espressione di Claudio mutò da sarcastica a preoccupata, si protese a sua volta nella stessa direzione. 
«Non ci posso credere. Lo hai fatto scappare.»
«Ma hai ascoltato ciò che ho detto?» osservò Claudio, piuttosto retoricamente invero. 
«Ma... avrei potuto risolvere il caso.»
«Sì. E ti avrebbero dato la Legion d'Onore. Alice, su...»
Il tono canzonatorio sortì l'effetto di mandarla su tutte le furie, come solo lui era in grado di fare, portandola verso l'uscita e nel farlo si rese effettivamente conto che quella mission impossible era sfumata nel nulla.
Claudio la seguì di conseguenza e solo una volta giunta verso la macchina, Alice ebbe un'intuizione e proferì con tono gelido: «Sono venuta con la mia macchina.»

Le ore seguenti le aveva trascorse in Via del Corso, non prima di appurare attraverso Silvia l'effettiva versione dei fatti e concludendo che per quel giorno non poteva fare null'altro, poiché lo shopping era la cura ad ogni dispiacere, nonostante non le desse più soddisfazione di un nuovo tassello da aggiungere nella risoluzione di un crimine. 
Tecnicamente sarebbe dovuta tornare a casa, ma aveva deciso di prendersi un lungo pomeriggio di svago nella Capitale e di ritirarsi solo in serata, ignorando il cellulare per ben altri motivi.
Nella mente le risuonavano le parole di nonna Amalia, la quale le avrebbe detto che un matrimonio andava sempre affrontato in due, ma era altrettanto vero che entrambi sapevano benissimo sputare veleno l'uno sull'altro. 
Alice oltrepassò la soglia della porta, lanciò alla rinfusa le sue cose e lo incrociò con lo sguardo attraverso il corridoio: teneva stretto tra le dita un bel calice di vino che aveva tutte le parvenze di non essere né il primo né l'ultimo della serata. 
Claudio lo poggiò forzatamente sul tavolo della cucina, con una forza non dissimile a quella che aveva applicato lei poc'anzi compiendo la stessa azione.   

«Potevi farti del male.»
Dritto al punto, come sempre, e con un tono che tradiva una punta di rimprovero. 
«La situazione era sotto controllo. Filava tutto liscio, non c'era bisogno che tu ti intrufolassi con uno dei tuoi monologhi da sempiterno maestro.»
Poteva osservare come la vena sulla tempia di Claudio pulsasse ogniqualvolta finivano per argomentare le rispettive prese di posizione e, d'altro canto, nessuno dei due avrebbe ceduto al carattere dell'altro e quindi si finiva sempre in uno scontro ad armi pari, ma con qualche asso nella manica pronto all'occorrenza.
«Tutto liscio. Certo. Inseguire un criminale senza un cellulare a portata di mano è una mossa da vera stratega!»
«Presunto sospettato» puntualizzò Alice in tono altisonante.
«Ti sembra il caso di formalizzarsi sui dettagli? La verità è che con questa doppia vita prima o poi finirai per rimetterci.»
«So evitare rischi inutili!» esclamò Alice, guadagnandosi un'occhiata torva. 
Claudio le voltò le spalle, come per evitare di dirle qualcosa, ma uno dei grandi talenti che Alice possedeva era proprio il masochismo e quindi finì per seguirlo in un'altra stanza, a distanza abbastanza ravvicinata da poterlo sentire controbattere.
«Certo, come con Giacomo quella volta. O come nelle innumerevoli altre occasioni della tua vita.»
«Ma questa è la mia vita! Forse dovevi pensarci prima di sposarmi!» tuonò veementemente, a qualche spanna dal suo volto.
«Forse.»
Alice odiava quando finivano per litigare così, poiché le sembrava che entrambi fossero gli artificieri di una bomba ad orologeria in procinto di scoppiare in un batter di ciglia e che le loro anime fossero legate da due estremità pronte ad essere azionate nel momento più opportuno. Erano in grado di essere il filo salvavita e il filo da recidere al tempo stesso, costantemente pronti a sganciare la miglior arma in loro possesso. 
Eppure, si amavano.

Perché alla fine della giornata era ancora così, vero? 

Alice lo pensò, ma non ebbe il coraggio di dirlo — gli occhi le si erano riempiti di lacrime e sperò che fosse Claudio a leggerle dentro, come aveva sempre fatto, risparmiando le parole per i momenti più inaspettati. 
«Non intendevo questo. Siamo stanchi. E spaventati  —»
Claudio si frenò all'istante e, Alice non poteva giurarlo, ma forse era in procinto di mordersi la lingua. Fu lei, stavolta, a tendergli un'ancora di salvataggio, carezzandogli la guancia ispida.
«È questo che ti preoccupa? Perdermi?»
«Non farmelo dire...»
Tradotto dal Confortese all'italiano, in fondo alla sezione dedicata ai Sentimentalismi e ad altre malattie contagiose, ciò equivaleva ad una dichiarazione di sempiterno amore. 
«Che non ce la faresti vivere senza di me?»
«Che non riesco nemmeno a contemplarlo per ipotesi in un universo alternativo.»
La fronte di Claudio si poggiò sulla sua, come faceva sempre quando dava spazio alle sue emozioni e lasciava andare la pesante maschera che la maggior parte del tempo si curava di portare, finendo quasi col confondercisi. 
 «Tu finisci sempre col dire cose che mi fanno dimenticare perché sono arrabbiata» ammise Alice, abbozzando un mezzo sorriso.
«Era quello il punto...» Claudio le accarezzò la spalla, fissandola con un'espressione alla quale non sarebbe rimasta restia ancora a lungo.

Le dita di Claudio le cinsero il mento, sfregarono contro le sue guance e infine sentì le sue labbra premergli contro, con un'intensità crescente e volitiva, in quella maniera tutta sua.
Erano quelli i momenti in cui Alice si rendeva conto che, per quanto forti e combattivi i loro rispettivi caratteri fossero, nessun filo sarebbe mai stato in grado di recidere ciò che li univa e che alcune discussioni sarebbero state intramontabili, così come le rappacificazioni che ne sarebbero seguite. 
Molto semplicemente, anche se la naturale indole del suo coniuge non avrebbe mai approvato ad alta voce, l'amore a volte era più forte di qualsiasi altra cosa avrebbe incrociato il loro cammino. 

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