𝟯𝟱. 𝗥𝗶𝘀𝗶𝗻𝗴

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Inspiro a fondo.
Una fitta lancinante mi trapassa il petto.
Digrigno i denti.

Fa male.

Solo quando il dolore inizia a svanire decido di riaprire gli occhi.
Non avrei dovuto farlo.

La luce, infatti, mi obbliga a richiudere in fretta le palpebre. Storpio le labbra.

Mentre i ricordi si mischiano nella testa, faticando a rimettersi in ordine, ogni muscolo sembra strapparsi sotto la pelle, ad ogni più piccolo movimento. Lacrime calde mi rigano copiose il volto.

Fa davvero male.

Anche il solo respirare.

Un pensiero mi percorre veloce la testa.

Non sono morto.
Perchè se lo fossi davvero, non farebbe così male.

Un brivido risale veloce la spina dorsale.

Bokuto.

Sbarro di scatto gli occhi, incurante del chiarore abbagliante che mi circonda, questa volta.

Il cuore prende a battere con forza contro la cassa toracica non appena rammento gli ultimi avvenimenti. Il grido di Bokuto. Il sorriso di mamma. La mia caduta.

Mi gira la testa.

La afferro tra le mani, accorgendomi soltanto in seguito dei piccoli tubicini che spuntano dal dorso di queste.

Deglutisco a vuoto, incapace di riprendere il controllo del mio stesso corpo.

Un tonfo mi fa sobbalzare.
La porta?

Qualcuno è sovraggiunto.
Un volto squadrato entra nel mio campo visivo.

È sfocato.

Non so cosa dice.
Le orecchie mi fischiano.
Ogni cosa sembra iniziare a vorticare.
Richiudo gli occhi, faticando a tenerli aperti.

«Hey! Riesci a sentirmi?»

Mi sta richiamando.
Ma non so chi stia parlando.

C'è qualcun'altro nella stanza.
Un infermiere?

Il battiti cardiaco sembra rimbombare con sempre più forza nelle orecchie. Un panico strano inzia ad impossessarsi di me.

Ho paura.

Mamma?
Dov'è?

Provo a parlare, ma nessuna parola fuoriesce dalle mie labbra. Un pizzichio nel braccio è l'ultima cosa che percepisco prima di riaffondare nel buio e nel silenzio.

Quando i miei occhi si aprono nuovamente, la stanza non è più illuminata come ricordavo. Il sole sembra ormai sul punto di scomparire, oltre la finestra.

La testa non mi fa più male, ma il corpo continua ad essere indolenzito. Faccio fatica ad alzarmi di schiena.

Squadro di sfuggita la stanza spoglia d'ospedale, scoprendo il letto accanto al mio vuoto.

Quanto tempo è passato?

Le pareti candide della stanza non fanno altro che opprimermi, così come la mascherina dell'ossigeno che ancora indosso. La sfilo appena, riuscendo a respirare nuovamente.

Deglutisco.

Non sono morto.

Più me lo ripeto in testa, più un'adrenalina strana si mette in moto nelle vene. Un brivido mi percuote ancora.

Sono vivo.

Il cuore ha un tonfo nell'udire un rumore spezzare la quiete, e quasi temo possa smettere di battere per davvero.

𝗟𝗼𝘀𝗶𝗻𝗴 𝗬𝗼𝘂 | 𝗕𝗼𝗸𝘂𝗮𝗸𝗮Where stories live. Discover now