CAPITOLO 31

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 Sanem stava camminano mano nella mano con Can sulla spiaggia, in riva al mare, in attesa che il sole si tuffasse nelle sue acque dipingendo l'orizzonte di tutte le sfumature di arancio. Soffiava una leggera brezza e un brivido le corse lungo il corpo facendole venire la pelle d'oca. Lui se ne accorse e le circondò le spalle con un braccio, attirandola a sé, lei alzò il capo in cerca del suo sguardo. Si sentiva felice, leggera: aveva accanto l'uomo della sua vita, non desiderava altro... Poi improvvisamente quella realtà parallela sparì e lei contrariata aprì gli occhi.

Si era trattato di un sogno, un bellissimo sogno!

"Avevi un'espressione così beata... Cosa stavi sognando?"

La voce di Can giunse al suo orecchio in un sussurro che la fece fremere. Alzò lo sguardo è trovò i suoi occhi che la osservavano attenti, un lieve sorriso a increspargli le labbra.

"Te, stavo sognando te!" rispose "Buon anniversario!" aggiunse baciandolo dolcemente.

"Buon anniversario amore!" ricambiò lui.

Sanem si stiracchiò pigramente, cercando, di nuovo, il calore delle sue braccia.

"Potrei rimanere così tutto il giorno", ammise.

"Davvero?"

"Oh sì. Tu sei tutto ciò che voglio. Essere amata da te non mi basta mai."

"Mi fa piacere sentirtelo dire perché dovrai sopportare la mia presenza per molti anni ancora, ma non credere di distarmi con tutte queste moine... "

"Che intendi?" chiese Sanem fingendo di non capire.

"Mi avevi promesso un regalo... Sono curioso di scoprire cos'hai pensato..."

"Tu dovevi fare altrettanto."

"Infatti il mio è qui!" esclamo Can sventolando una busta che Sanem cercò di afferrare.

"Nemmeno per idea", la fermò, nascondendo la mano dietro la schiena " i patti erano chiari. Prima che te la dia voglio vedere anche il tuo regalo"

"D'accordo...visto che non ti fidi... eccolo qui", disse lei allungandosi verso il comodino ed estraendo una busta, pressoché identica, dal cassetto.

In quel momento entrambi ebbero la sensazione di essere tornati ragazzini e non poterono fare a meno di ridere e di rallegrarsi per quella giocosità che si era creata fra loro.

"Okay, ecco qui il tuo regalo" disse Can dandole la busta e prendendo contemporaneamente quella che gli porgeva Sanem.

Le aprirono senza mai smettere di guardarsi. All'interno ciascuno trovò un biglietto: "Perché ogni volta che ti stringo tra le braccia mi sento l'uomo più fortunato del mondo!" recitava quello di Sanem, "Per tutte le volte chi mi hai fatto toccare il cielo con un dito", lesse sul suo Can.

"Oh santo cielo Can, davvero tu faresti questo per me?" esclamò Sanem quando vide che il suo regalo consisteva in una serie di lezioni di ballo.

"Non per te, ma con CON te", la corresse per poi scoprire in cosa consisteva il pensiero di Sanem.

Non riusciva a crederci!

Davvero aveva trovato il coraggio di prenotare un lancio col paracadute?

"Stai scherzando vero?" le chiese.

Lei rimase delusa: "Non ti piace?"

"Mi chiedi se mi piace? E' in assoluto la cosa più pazzesca che tu potessi regalarmi..."

"Ma ti piace?" insistette ancora.

"Ma certo! Non avrei mai osato chiederti una cosa simile, ma ammetto di esserne entusiasta!... Ancora una volta sei riuscita a sorprendermi Sanem Aydin. Nonostante siano passati diciotto anni ci sono ancora dei lati di te che non conosco e che mi fanno innamorare sempre di più!"

"Quindi ancora non ti annoio?"

"Annoiarmi?! Con te? Credo sia impossibile! Sei una donna dalle mille sfaccettature, ma soprattutto sei tutto ciò che a me manca: la mia ragione, la mia coscienza, il mio essere forte e fragile allo stesso tempo, la mia verità, la mia distrazione, sei tutto ciò che mi rende me stesso."

"Per me è lo stesso Can. Hai reso questi diciotto anni indimenticabili. Mi hai regalato il sogno di una famiglia, hai fatto di me una madre, una compagna, un'amante, un'amica... con te ho potuto vivere pienamente tutti i ruoli che una donna può desiderare. Hai sempre rispettato i miei spazi, i miei tempi, le mie scelte, anche quando queste ti hanno ferito... Ne abbiamo fatta di strada insieme, Can Divit, e io sono orgogliosa di quello che siamo diventati oggi. Non cambierei nulla di te, di me, di noi..."

Non c'era altro da aggiungere, si erano detti tutto e se anche fosse mancato qualcosa, avrebbero parlato i loro cuori che in quegli anni avevano imparata a battere all'unisono.

"Sei proprio sicura di voler fare questa follia?" volle sapere Can, che ancora faceva fatica a credere all'azzardo di Sanem.

"Certo, ho già parlato con gli istruttori che ci accompagneranno e non c'è assolutamente nessun pericolo..."

"Di questo sono convinto, ma non offenderti se te lo dico, so anche quanto tu sia... come dire..."

"Fifona? Paurosa? Imbranata?" lo precedette Sanem

Lui la guardò colpevole e lei continuò: "E' vero, ma con te vicino credo di poterlo fare... Tu piuttosto, credi di farcela a non pestarmi i piedi?"

"Ci proverò, ma dovrai avere pazienza..."

"Oh se è per quello ci sono abituata..." lo prese in giro.

In realtà il lancio con il paracadute non fu proprio una passeggiata e ci fu un momento in cui Sanem fu tentata di rinunciare.

"Guardami!" le ordinò Can prendendole le mani, quando sull'aeromobile erano in procinto di gettarsi nel vuoto "Respira a fondo e guardami..."

Lei ubbidì e pian piano si tranquillizzò, poi chiuse gli occhi con l'immagine di lui impressa nella mente e si lasciò cadere. Si sentì precipitare nel vuoto, poi quella caduta si arrestò e divenne un lento ondeggiare. Riaprì gli occhi e rimase senza fiato per l'emozione: la terra sotto di lei si avvicinava piano. Ogni cosa: le strade, i campi, gli alberi, gli edifici acquisivano lentamente contorni sempre più definiti. Girò la testa alla ricerca di Can, che era poco distante da lei e le parve di scorgere sul suo viso un'espressione di assoluto stupore e commozione e senti il cuore scoppiarle nel petto per la consapevolezza di essere stata lei a regalargli quel momento.

Quando atterrarono e si liberarono dall'imbrago corsero l'una nelle braccia dell'altro senza dire una parola, ridendo e piangendo nello stesso istante, consci che quell'avventura l'avrebbero ricordata come una "pazzia" condivisa per tutti gli anni a seguire.

"L'abbiamo fatto veramente? Davvero ci siamo buttati da lassù?" chiese Sanem quando, alla fine riuscì ad articolare di nuovo una frase di senso compiuto.

"Sì, amore mio, lo abbiamo fatto davvero e ancora una volta sei stata tu a realizzare uno dei miei sogni più belli!"

Contrariamente a quanto Can temeva, le lezioni di ballo non si rivelarono per nulla noiose, anzi, gli permisero di conoscere il proprio corpo e quello di Sanem in maniera del tutto nuova, attraverso le sensazioni che la musica suscitava in lui.

"Il ballo va sentito con il cuore", amava dire il loro maestro "ascoltatelo e lasciatevi guidare da lui, in questo modo i vostri passi saranno fluidi. Affidatevi al compagno con fiducia, seguitelo senza opporre resistenza e voi uomini siate fermi e decisi, ma guidate la vostra partner con dolcezza senza dimenticare mai che ciò che stringete tra le braccia è la cosa più preziosa che avete!"

Can fece tesoro di quelle parole e, dopo l'imbarazzo iniziale che lo rese piuttosto goffo, imparò a lasciarsi andare.

Poco a poco divenne più sciolto nei movimenti, tanto che Sanem ne rimase piacevolmente colpita.

"Mi hai davvero sorpreso, Can Divit. Questa tua propensione per il ballo non me l'aspettavo proprio. Se lo avessi anche solo immaginato te lo avrei proposto molto prima", gli confidò una sera mentre provavano i passi della Rumba, un ballo estremamente sensuale.

"Non hai capito" le rispose Can facendo scivolare le mani lungo i suoi fianchi "non è il ballo in sé che mi entusiasma, ma il fatto di farlo con te. Per me è un modo di amarti", concluse afferrandole la vita e stringendola a sé, come a voler sottolineare, in quel modo, quello che le sue parole significavano "e non potrei mai permettere che sia qualcun altro a farlo!" concluse serio.

RITROVARSIWhere stories live. Discover now