32 - Fiori

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«Dov'è Natasha?» chiese Tony con voce tremolante.
Clint non rispose. Tony deglutì, i suoi occhi si sgranarono leggermente e sul suo viso comparve la preoccupazione.
«Barton, te lo chiedo per l'ultima volta. Dove si trova Natasha.» ripeté scandendo chiaramente le parole.
Clint alzò la testa, i suoi occhi smarriti e desolati incontrarono quelli del meccanico che, ora più che mai, si illuminarono di una qualche rivelazione. Barton si mise una mano in tasca, la sua bocca contorta in un espressione di disgusto «Ha dato la vita per questa!» disse con tono accusatorio e gettando la gemma a terra.
Il meccanico la seguì con gli occhi, la vide cadere sulla piattaforma, il suo tintinnare rimbombava nella stanza come il rumore dei tuoni nel cielo nero. Alzò lo sguardo confuso e sconcertato, fece un passo in avanti e lo guardò dritto negli occhi «Dimmi che stai scherzando...»
«Tony.» disse Steve mettendogli una mano sulla spalla.
«No! - urlò Tony scrollandosi di dosso quella mano con un vigoroso movimento della spalla - Clint... dimmi che stai scherzando.» disse ora con voce bassa e tremante.
Barton sospirò «Mi dispiace Tony.»
Il meccanico sgranò gli occhi, smise di respirare e il suo cuore si fermò per alcuni secondi che gli parvero attimi interminabili.
«Tony?» lo chiamò Steve.
«Dimmi che stai scherzando...» disse il meccanico, i suoi occhi fissi sul volto di Clint.
Barton abbassò la testa e scosse leggermente la testa, accennando un "No" appena visibile.
Tony divenne bianco e un conato di vomito lo assalì. Si girò e, con passo veloce e barcollante, si allontanò da li.
«Tony dove stai andando?» chiese preoccupato il capitano.
«Devo andare in bagno.» rispose Tony strascicando le parole.

Il bagno più vicino era appena in fondo al corridoio, ma a Tony sembrò lontano chilometri. La pareti gli sembrarono sovrastarlo, schiacciarlo sotto il loro peso. Il pavimento gli sembrò mancargli sotto i piedi, e tutto attorno a lui girava e girava ininterrottamente. Respirare diventava sempre più difficile, il cuore gli batteva sempre più forte, sempre più veloce. Si appoggiò alla parete, chiuse gli occhi e respirò, poi li riaprì e cominciò a camminare trascinandosi lungo il muro. Stava annaspando. Poi eccola lì, la porta del bagno appena dietro l'angolo. Afferrò la maniglia d'acciaio lucente con tutta la forza che aveva in corpo e si gettò dentro il bagno. Ancora, un conato di vomito lo fece sudare freddo. Si portò una mano davanti alla bocca, si avvicinò ad uno dei bagni, aprì la porta bruscamente facendola sbattere contro il divisorio in metallo, producendo un forte boato che rimbombò nella stanza. Aprì il wc e ci si chinò bruscamente sopra, vomitando. "No..." pensò. Le mani strette attorno alla porcellana del wc gli tremavano, la gola gli bruciava. "Nat...".

Appena fuori dal porta, Steve, preoccupato, era arrivato in suo soccorso.
Bussò leggermente con le nocche «Hey Tony? Posso entrare?»
Silenzio.
«Tony?» lo chiamò ancora il capitano.
Un rumore indistinto arrivò da dietro la porta, quasi fosse un lamento, o un pianto. Il capitano sgranò appena gli occhi, afferrò la maniglia della porta e la aprì.
«Tony?» lo chiamò, la sua voce rimbombava nella stanza. Si voltò e osservò per un breve secondo il suo riflesso nello specchio, per poi spostare il suo sguardo sui lavandini.
«Vattene via Steve!» disse il meccanico.
Il capitano si voltò di scatto e seguì il suono della sua voce, aprì la porta in metallo del bagno, ed eccolo lì. Seduto a terra con la schiena contro il muro, Tony stava cercando di soffocare il pianto. Aveva le gambe raccolte contro il petto, i gomiti appoggiati sulle ginocchia, la testa china in avanti e le mani che stringevano i capelli. Stava cercando con tutte le sue forze di non piangere, ma il dolore era troppo. Il suo volto era contorto in un espressione di pura disperazione, che cosa avrebbe fatto adesso senza di lei? Le lacrime scendevano lungo le sue guance, cadendo sul pavimento. Il capitano lo guardò «Tony...» disse inginocchiandosi verso di lui e allungando una mano verso la sua spalla, cercando di confortarlo.
«Non mi toccare, Steve! - disse il meccanico in lacrime - non mi toccare...»
Il capitano ritrasse la mano. Lo guardò con dispiacere e tristezza, si sentiva impotente davanti a tutto questo. Voleva aiutarlo, lo voleva con tutto il suo cuore, ma come poteva? Si sedette vicino a lui, la schiena contro il divisorio gelido in metallo. «Mi dispiace...»
Il meccanico alzò la testa, ora i suoi occhi erano pieni di rabbia «Ti dispiace?! Lei è morta Steve! Natasha è morta! E tutto per cosa?! Per delle stupide gemme!»
«Ma, se usassimo le gemme per riportare tutti indietro, allora anche lei- »
«Non funziona così Steve. Le gemme riportano indietro che è sparito quando Thanos ha schioccato le dita. Natasha non fa parte di loro... Non c'è modo di riportarla indietro.»
Tony buttò indietro la testa, una lacrima cadde lungo la sua guancia.
«Scusa...» disse a bassa voce il capitano.
Tony storse la bocca e guardo il soffitto «No... Scusami tu. Non dovevo urlarti contro.»
Rimasero in silenzio. Il capitano lo guardava incuriosito, perché aveva reagito così? Che cosa gli stava ancora nascondendo Tony? Fece per parlare, per fargli quell'unica domanda che ancora non gli aveva posto ma, nel vedere l'ennesima lacrima cadere dai suoi occhi, ci ripensò.
«Tony. Se posso fare qualcosa per farti stare meglio io- »
«Vieni qui - disse il meccanico voltandosi verso di lui - solo... vieni qui.»

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