11 - Iron Man

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I giorni passarono, e Tony non usciva più dalla sua stanza. Aveva preferito isolarsi e lasciarsi lentamente andare, e se la morte fosse sopraggiunta sul suo corpo ed il suo spirito, allora gli sarebbe andata bene anche così. Natasha, regolarmente, gli portava i pasti in camera, ma lui, come tutte le volte, non mangiava. Aveva deciso che il mondo avrebbe detto addio ad Iron Man una volta per tutte, e passava le sue giornate a guardare fuori dalla finestra, impassibile, senza quella sua bellissima luce negli occhi, senza le sue stupende fiamme. Natasha odiava vederlo così. Si era ridotto ad essere la misera ombra dell'uomo che era tornato ad essere con Steve, e capì che il grande e geniale Tony Stark non esisteva più. La notte, invece, si poteva sentire il suo pianto perpetuarsi attraverso i muri del corridoio deserto. Più i giorni passavano, più Tony si avvicinava alla sua fine, e allora Natasha capì che doveva fare qualcosa. Si, doveva salvare Tony non solo dai fantasmi del suo passato, non solo dal ricordo del suo amore perduto, ma anche da se stesso. Non poteva permettere che il mondo perdesse un altro difensore, non poteva permettersi di perdere un amico. Doveva fare qualcosa, doveva salvarlo. Una mattina, Natasha gli portò la colazione. Come sempre, Tony non aveva mangiato, e allora decise che quel comportamento doveva finire. Con violenza sbatté forte il vassoio sul tavolo. Tony sussultò leggermente per poi guardare Natasha stupito.
«Tony adesso smettila di comportarti così! - urlò lei - credi che a Steve piacerebbe vederti ridotto in questa maniera?!».
Tony la fulminò con lo sguardo. Per quanto poco, sapeva perfettamente quali nervi scoperti toccare, e questo era il suo.
«Non ti azzardare...» provò a dire Tony alzandosi e puntandogli il dito contro, ma Natasha era stanca di vederlo così.
«No, tu non ti azzardare!» rispose lei interrompendolo e puntandogli, a sua volta, il dito contro.
Tony la guardò sconcertato. 
«So che fa male - riprese lei con la calma nella voce - so che non è facile, lo capisco perché ci sono passata anche io. Ma non per questo devi comportarti in questo modo. Non puoi permetterti di lasciarti andare in questa maniera, Steve non lo vorrebbe».
Tony abbassò lo sguardo «È cosa vorrebbe Steve allora?».
«Che trovi un modo per rialzarti e tornare ad essere l'uomo che sei, altrimenti staccalo e finiscila qui» disse lei appoggiando il dito sul reattore.
Tony la guardò, poi spostò gli occhi sul suo dito contro quel reattore. Aveva ragione, non poteva fare questo, non a Steve. Il capitano Avrebbe voluto che continuasse a vivere, che affrontasse la vita di petto come aveva fatto lui.
«Allora? Che cosa vuoi fare?» chiese lei con un mezzo sorriso.
«Grazie» rispose lui guardandola negli occhi.

Passò circa una settmana, Tony aveva cominciato a girare nelle aree comuni dello S.H.I.E.L.D. e aveva ripreso, seppur in poche occasioni, a parlare con qualcuno. Anche se contro voglia, Natasha lo costringeva ad uscire la sera per recarsi al bar o a vedere un film al cinema. In poco tempo erano diventati grandi amici, o forse qualcosa di più. In lei, Tony aveva cominciato a vedere qualcosa di più simile ad una sorella, o forse questo non era esattamente il termine che cercava. Aveva cominciato a sviluppare dei sentimenti verso di lei, qualcosa che rispecchiava, lontanamente, ciò che provava per il capitano. Dal suo canto, Natasha gradiva la compagnia di Tony, diventando un piacevole deterrente alla sua monotona quotidianità. Ma forse, anche lei aveva cominciato a vederlo sotto una luce diversa, affezionandosi a lui più di quanto non lasciasse ad intendere. Quel pomeriggio Tony era seduto sul divano dell'area comune a sorseggiare un caffè insieme a Natasha, quando il rumore di un uomo che correva rimbombò nel corridoio vuoto. Dall'ingresso comparve Banner, aveva corso per tutto il tragitto, alla disperata ricerca di Tony.
«Nat! Tony!» urlò lui avvicinandosi.
«Che succede Banner?» disse Tony con una leggera risata.
«Dovete venire con me! Adesso!».
Natasha appoggiò la tazza sul tavolino li davanti «Banner...» disse lei preoccupata.
«È Steve! Lo hanno trovato!».
Tony sgranò gli occhi, e senza rendersene conto, gli scivolò la tazza dalle mani, frantumandosi al suolo. Guardava Banner sconvolto e con la bocca leggermente aperta, no, non era possibile. Erano passate settimane dell'attacco sull'Helicarrier, Steve doveva essere morto. Improvvisamente Tony diventò bianco, non era pronto a vedere il suo corpo. Aveva già provato quella sensazione, aveva già sperimentato cosa volesse dire avere il terrore di vedere il volto senza vita della persona amata, e sentire quella dannata morsa stringergli il cuore fino a farlo sanguinare. Si, non l'avrebbe sostenuto, e allora sarebbe stato meglio togliersi il reattore e lasciare che la vita abbandonasse il suo corpo lentamente.
«Di che cosa stai parlando Banner...» disse Tony piano e con voce tremante, gli occhi fissi su di lui.
«Vienite con me, presto!» li incitò ancora una volta.
Natasha e Tony si alzarono e lo seguirono. Banner camminava davanti a loro a passo spedito, ansioso di arrivare. Dietro, Natasha e Tony si guardarono per un breve secondo, quest'ultimo distolse subito lo sguardo, era bianco in viso, forse quella notizia lo aveva destabilizzato più del dovuto. Salirono con l'ascensore, passarono davanti a diversi laboratori quando, improvvisamente, Banner si fermò di fronte ad una porta.
«Dove siamo?» chiese Tony.
«Nell'ala ospedaliera» rispose Natasha pensierosa.
Tony la guardò, era chiaro che qualcosa la preoccupava, ma forse se lo era immaginato.
«Perché siamo qui?» chiese ancora lui.
«Vieni - rispose Banner afferrando la maniglia della porta - te lo faccio vedere».
Lentamente la porta si aprì, la luce abbagliante accecò per qualche secondo Tony. Gli sembrò come se avesse già vissuto quella scena, ed era così. Si, quella visione, quelle sensazioni erano le stesse che aveva provato la prima volta, ma in qualche maniera, questo giro, era diverso. Entrò in quella stanza, per qualche strano motivo il suono delle macchine ospedaliere gli raggelò il sangue. Fece un bel respiro e aprì gli occhi. Li davanti a lui, steso su un letto d'ospedale, giaceva, ancora una volta, il capitano. Tony sgranò gli occhi, fece un passo indietro, non poteva credere ai suoi occhi. Era sopravvissuto, non sapeva nemmeno lui come, ma ci era riuscito. Si gettò su di lui, gli appoggiò le mani sul petto, sentiva gli elettrodi attaccati alla sua pelle sotto quella maglietta bianca. Lo guardava incredulo, come era possibile? Un rantolo uscì dalla bocca del capitano nel sentire quella calda ed estranea pressione. Girò appena la testa e, lentamente, aprì gli occhi.
«Non ti ha mai detto nessuno che non si fissano le persone mentre dormono?...» disse a fatica il capitano con un filo di voce, mentre fissava il suo volto con gli occhi leggermente aperti.
Tony gli passò una mano sulla guancia, lo guardò e scoppio in una dolce risata, mentre gli occhi gli diventavano lucidi.
«Steve» disse piano Tony. Si gettò su di lui, alla disperata ricerca di un abbraccio. Si, quei giorni erano stati duri per lui, e seppur la presenza di Natasha era riuscita, in qualche maniera, ad alleviare il dolore delle sue ferite, comunque quella sensazione di vuoto era presente come un chiodo piantato nella sua mente. Tony lo abbracciò, cercando di soffocare quel pianto di gioia che provava ad uscire in tutte i modi. A fatica, Steve gli mise le braccia attorno al suo corpo, raccolse in se quelle poche forze che aveva e lo strinse forte in un abbraccio. Gli era mancato terribilmente, e nei suoi ultimi giorni da disperso, si convinse che non lo avrebbe mai più rivisto. Sulla porta, invece, Natasha osservava la scena. Qualcosa si ruppe in lei, qualcosa di importante, di prezioso. Qualcosa che non sapeva di avere. Vedere Tony li, stretto tra le braccia di Steve, la faceva sentire impotente, inutile, e stranamente un raptus di gelosia le falciò la mente, mentre realizzò che ciò che aveva cominciato a provare per Tony non era più una semplice amicizia. In qualche maniera, anche per Tony fu lo stesso, ma allo stesso tempo, era completamente diverso. Si, anche lui aveva cominciato a sviluppare dei sentimenti per lei, ma in quel momento capì che lui amava Steve, e questo non sarebbe cambiato. Forse si era aggrappato a lei con tutte le sue forze, forse aveva cercato il modo di colmare quel vuoto che il capitano aveva lasciato. Ma adesso non voleva pensare a tutto questo.
Tony si alzò «Che cosa ti è successo?» gli chiese, tirando su nervosamente con il naso e guardandolo negli occhi.
Il capitano fece un profondo sospiro «Dopo che sono caduto, ho perso i sensi. Mi sono ritrovato su una spiaggia, non so dove di preciso. Ho provato a contattare qualcuno ma non sapevo come fare, finché un agente non mi ha avvicinato, un certo Coulson. Mi ha detto che mi stavano cercando e che presto sarebbero venuti a prendermi».
Tony si fece cupo in volto «Potete lasciarci un momento da soli?» chiese senza voltarsi.
Natasha e Banner si allontanarono, Tony si alzò e chiuse la porta. Steve si tirò su e si mise seduto sul letto.
«Tutto bene Tony?» gli chiese guardandolo incuriosito.
Tony fissava la maniglia della porta, voleva dire molte cose al capitano, ma decise che alcune le avrebbe taciute per sempre.
«Dovevi mollarlo, Steve» gli rispose lui senza voltarsi e stingendo forte la maniglia nella mano. 
«Cosa?».
«Bucky! - gli disse voltandosi - Dovevi mollarlo!». Tony era arrabbiato, le lacrime dapprima di gioia, ora erano di pura rabbia.
«Tony non...».
«Non mi dire che non potevi farlo! Non mi dire che è tuo amico Steve! Ha provato ad ucciderci due volte... Lui non è più l'uomo che conoscevi!».
«Lui è ancora lì!» controbatté il capitano.
«Mi hai abbandonato Steve!» gli urlò contro Tony.
«Tony non puoi venirmi a parlare di abbandono! Non tu!» gli rispose Steve fissandolo con i suoi occhi gelidi.
«Hai preferito lui a me! Ti avevo detto di mollarlo! - la voce di Tony si spezzò, si voltò appena per poi rigirarsi verso di lui - Tu non sai cosa ho passato in questi ultimi giorni! Non sai come mi sono sentito nel vederti cadere in acqua e non riemergere!».
«Si che lo so perché è la stessa cosa che ho provato io quando te ne sei andato!» urlò furioso Steve.
Tony lo guardò sconvolto, fino ad adesso non aveva minimamente realizzato il dolore che gli aveva provocato. Incredulo di ciò che stava per dire, si voltò e guardò fuori dalla finestra.
«Provi qualcosa per lui?» gli chiese Tony con voce tremante.
«Che cosa?!» chiese confuso e arrabbiato Steve.
«Rispondimi Rogers!» ringhiò Tony girandosi furioso.
Steve lo guardò sconcertato. Come poteva pensare una cosa del genere, proprio lui.
«Credi che ci sia qualcosa tra me e lui?» gli chiese, allora, Steve disgustato.
«Non lo so, dimmelo tu».
Steve voltò la testa. Quella domanda gli aveva fatto più male di quanto Tony potesse immaginare. Era come se, improvvisamente, non si fidasse più di lui. Ma Tony non capiva, non poteva immaginare il genere di rapporto che avevano lui e Bucky, ma di sicuro, non era quello a cui pensava. Voleva bene a Bucky, come se ne vuole ad un fratello, erano cresciuti insieme, diventando l'uno la spalla dell'altro. Avevano affrontato molte sfide insieme coprendosi le spalle a vicenda, e non solo durante la guerra, ma anche in gioventù. Bucky, inoltre, era stata la prima persona con cui Steve si era confidato non solo riguardo la sua sessualità, ma anche su Tony, diventando l'immancabile spalla su cui piangere. D'altronde, anche Steve lo era diventato per Bucky, e nemmeno riusciva più a ricordare tutte le volte che quest'ultimo ebbe il cuore spezzato a causa di una donna. Ma se solo Tony gli avesse lasciato spiegare, gli avrebbe fatto capire che il suo rapporto con l'amico, non solo non sconfinava nel sentimentale, ma che oltre alla loro stupenda amicizia non erano mai andati.
«Devi scegliere Steve. O me, o lui».
No, come poteva Tony fargli questo. Non poteva scegliere, non ci sarebbe mai riuscito.
«Tony...».
«No Steve! Non ho intenzione di condividerti con lui».
«Tu non devi condividere niente!».
«E allora perché non lo hai mollato!».
«Perché è mio amico!».
In quel momento, una forte scossa fece tremare il pavimento, così come l'intero edificio. Tony perse l'equilibrio, finendo di nuovo addosso a Steve. Per un secondo, i due si guardarono confusi negli occhi. Il rumore di una corsa rimbombò nel corridoio, insieme alle urla dello staff dell'edificio. Improvvisamente, la porta si spalancò, Natasha era accorsa per tirarli fuori da li. Tony si voltò «Che sta succedendo?» gli chiese alzandosi da dosso Steve e sistemandosi il completo.
«Dovete uscire di qui, presto!» rispose Natasha avvicinandosi al capitano e aiutandolo ad alzarsi.
«No aspetta, Natasha! - disse Tony afferrandola per le spalle e girandola verso di lui - Dimmi che cosa sta succedendo».
Steve li guardava, e un dubbio lo afflisse. Non aveva mai sentito Tony chiamarla per nome, tanto meno li aveva visti così vicini. E per quanto riguardava Natasha, aveva notato il modo in cui prima lo guardava, e aveva capito che c'era un qualcosa di non detto tra loro due.
«È in corso un attacco in centro - disse piano Natasha - prendi l'armatura».
«Di che cosa stiamo parlando?» chiese Tony lasciando la presa.
«Loki sta combinando qualcosa».
Steve sgranò gli occhi «Loki è vivo?!» chiese stupito.
«Si capitano. Adesso però dobbiamo sbrigarci» rispose Natasha.
«No aspetta! Steve non è in grado di combattere» disse Tony preoccupato.
«Non ti preoccupare Tony, posso farcela» rispose Steve.
«Steve - disse Tony girandosi verso di lui - Ti ho già perso due volte, e ne sono uscito a mala pena. Non posso rischiare una terza volta, non ne uscirei. Non puoi chiedermi questo, non puoi».
Steve lo guardò dritto negli occhi. Le sue parole erano sincere, aveva veramente paura di perderlo ancora. D'altronde come biasimarlo, era appena ritornato nuovamente nella sua vita, e già gli eventi del destino li stavano dividendo. Ma questa volta era diverso, Bucky o no, Steve sarebbe tornato ancora da Tony, e gli avrebbe finalmente detto quell'unica frase che, fino ad adesso, non aveva avuto l'occasione di dirgli. Gli prese il viso tra le mani e, delicatamente, gli posò le labbra sulle sue, in un caldo e delicato bacio.
«Non ti preoccupare Tony» gli disse piano, guardandolo.
Tony abbassò lo sguardo e chiuse gli occhi, gli prese i polsi tra le mani e li accarezzò con il pollice, poi sospirò «Promettimelo, Steve - gli disse aprendo gli occhi - promettimi che tornerai da me».
Steve appoggiò la fronte contro la sua «Te lo prometto».
Un'altra scossa fece tremare l'edificio. Ciottoli di intonaco cominciarono a cadere sul pavimento, mentre la polvere della malta cominciò ad impestare l'aria.
«Non c'è più tempo ragazzi! - disse Natasha - Tony! Vai a prendere l'armatura! Steve, tu vieni con me!».
«Aspetta!» urlò Tony.
Il capitano si voltò.
«Benvenuto negli Avengers, capitano» gli disse Tony con un sorriso, lo sguardo deciso e nelle sue iridi, le fiamme della sua determinazione. 
Steve lo guardo, gli sorrise e gli fece cenno con la testa, per poi voltarsi e correre via, seguendo Natasha. Tony corse fuori da quella stanza, in direzione della capsula con la nuova armatura. Ancora una volta, il destino nefasto li aveva separati. Il suo, pensò Tony, era un gioco crudele, un'eterna partita tra la vita e la morte. Pensò di esserselo meritato, in fin dei conti, era stato lui ad abbandonare Steve la prima volta, a diventare un mercante di morte, ad usare le donne come misero rimpiazzo insignificante nelle gelidi notti della sua vita. Ma adesso, il destino era andato oltre, e giurò che se mai li avesse divisi ancora, allora gli avrebbe dichiarato guerra, in un modo o nell'altro.

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