32° Capitolo

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Strinse all'orecchio quell'apparecchio telefonico come se ne valesse del mondo intero.

Ancora nulla. Suonava a vuoto. Ancora niente.

<Pronto?> una voce flebile e assonnata rispose alla chiamata.

Beatrice riconobbe quel timbro immediatamente. La mandibola della ragazza si spalancò e altre lacrime presero a scorrerle sul viso.

<Pronto??> richiese la voce nel telefono.

«Nonno Aldo?» si asciugò la faccia con il dorso della mano.

<Chi è?> il nonno rispose confuso <Beatrice?>

«Sono proprio io, nonno.» il suo tono si addolcì.

<La mia piccola Beatrice! Quanto tempo, cara!>

«Nonno sono contenta di sentirti anche io, ma ho bisogno del tuo aiuto!»

<Cosa è successo?> la voce del nonno si fece più profonda e apprensiva.

«Non ho tempo di spiegare, sono a...» la nipote s'interruppe, poi rivolse il proprio sguardo al suo aiutante, che le suggerì la risposta «... Ratisbona.»

<IN GERMANIA?> il nonno gridò così forte che tutti i presenti riuscirono a sentire la sua domanda.

«Sì nonno! Tu sei ancora alla villa estiva?»

<Sì, sì. Piuttosto che ci fai in Germania, tua madre mi aveva detto che eri ricoverata in una clinica a Milano!?>

«Nonno sul serio non ho tempo per questo. Ascoltami molto attentamente: ho bisogno che organizzi un volo diretto da qua alla tua villa, immediatamente, devo andarmene subito! È un'emergenza!»

<E tua madre? Dov'è Barbara?>

«Nonno, Barbara non deve sapere che sono riuscita a contattarti, per nessuna ragione al mondo. Promettimelo nonno!»

<Cosa stai dicend-?>

«PROMETTIMELO NONNO!» Beatrice alzò la voce e premette con il telefono sull'orecchio.

<Va bene, ma se non è un'emergenza->

«Grazie nonno! Grazie! Un indirizzo... Ho bisogno di un aeroporto ... Dove...» la giovane stava ansimando, un grappo di agitazione le si espanse in gola, impedendole di riprendere la calma. Il suo aiutante dai capelli scuri le strappò il telefono dalle mani e diede un indirizzo al vecchio, richiudendo la chiamata.

«Perché hai riagganciato? Dovevo-» ma il tizio la interruppe.

«Non abbiamo tempo. Lehmann prepara il furgone.» il compagno eseguì l'ordine e si dileguò oltre la porta. Ma un secondo dopo ritornò: «E di loro cosa ne facciamo?» entrambi fissarono infermiera e dottore.

«Ce li portiamo dietro. Potrebbero rivelarsi utili.» l'altro annuì e riprese a correre.

Beatrice fissò la scena inebetita, massaggiandosi le tempie. L'uomo in smoking se ne accorse e le prestò attenzione.

«Va tutto bene?» chiese, ma lei lo sorpassò accigliata.

«Sto una crema.» Bea afferrò il primo asciugamano che trovo e si strofinò velocemente la testa, cercando di asciugarsi i capelli umidi più che poteva «Hai un nome o ti devo battezzare io?»

L'uomo accennò a una smorfia divertita.

«Sono Gard Krüger. E lei è la famosa signorina Beatrice Barbieri.»

«Lascia il titolo di signorina a qualcun altro.» Beatrice gli sorrise, nelle occhiaie ancora qualche segno di sofferenza.

«Va bene. Prendi le cose che ti servono e usciamo da qua.» vide il dottore dirigersi a gattoni verso l'uscita e la cameriera andargli dietro. Estrasse il taser e lo puntò sui due, che si accorsero della minaccia. Restarono immobili con il sudore addosso.

«Voi due. IN PIEDI. Usciamo di qua.»

Corsero silenziosamente lungo alcuni corridoi riservati solo al personale e nascondendosi al passaggio dei membri dello staff, riuscirono a raggiungere il passaggio sul retro. Attraversarono l'unica porta che si affacciava sul garage del personale e alla fine la strampalata comitiva si infilò in un furgone bianco.

Il mezzo aveva solo tre posti anteriori, collegati come un'unica seduta, separata dal vano per la merce da una lastra metallica molto spessa, appena dietro ai sedili. Krüger spinse il dottore oltre gli sportelli del furgone e con più delicatezza vi fece salire anche la povera infermiera. Subito dopo, richiusi gli sportelli, notò che un cameriere li aveva scoperti dalla finestra. L'uomo che si era affacciato, gridò qualcosa all'interno dell'edificio e Krüger corse ai posti davanti. Beatrice era seduta nel mezzo, fra le sue due guardie del corpo, coperta da entrambi i lati. Il compare di Krüger accelerò di colpo e sterzò in una curva stretta, centrando perfettamente il cancello accostato del parcheggio e la loro unica uscita. Dopo un enorme frastuono s'infilarono in mezzo alla strada.

La giovane tirò un sospiro di sollievo mentre i due uomini sembrarono concentrarsi ancora di più. Krüger che stava alla sua destra, continuava a tenere d'occhio lo specchietto sullo sportello.

«Lehmann Felix ist mio nome.» il ragazzo biondo, più giovane di Krüger di qualche anno e anche più rigido, si presentò.

«Piacere. Credo tu sappia già chi sono, invece.» Beatrice fissava la strada dinnanzi a sé, i suoi occhi si perso fra le targhe delle auto. Il biondino lanciò uno sguardo a lei e poi al compare, che rispose con un'altro sguardo serio.

«Io non ho soldi.» Beatrice continuò a fissare la carreggiata, poi rubò un paio di occhiali da sole dal cruscotto e li indossò. «Non capisco perché mi stiate aiutando»

Il moro rispose ancora in costante allerta «E noi siamo solo dei disoccupati che accompagnano una ragazza dal nonno. Non è vero, Lehmann?»

«Jawohl.» confermò deciso il guidatore.

Beatrice accennò a una smorfia divertita.

«Che strana coppia.»

All'improvviso, tre suv neri comparirono a una cinquantina di metri dietro al furgone e Krüger se ne accorse subito.

«Lehmann, wir haben drei SUVs auf den Fersen, mehr oder weniger 50 Meter!» il quarantenne si girò verso la ragazza «Allacciati bene la cintura!» poi assestò due bei colpi alla lastra di metallo per avvisare gli altri due passeggeri nel vano merci «IHR ZWEI, HALTET EUCH AN ETWAS FEST!»

L'autista del van serrò le mani sul volante e sorpassò quante più automobili possibili, ma più avanti il colore del semaforo era diventato rosso.

«C'è il giallo...» Beatrice si schiacciò sul sedile e si girò verso il conducente che non accennava a fermarsi, anzi premeva sull'acceleratore. «C'È IL GIALLO CAZZO!» gli gridò lei.

"Sono quasi morta sopra a un furgone e adesso ci morirò dentro per davvero" pensò.

Intanto addietro, anche i tre van non smisero di accelerare. Poi Lehmann premette con foga il clacson e le due auto che lo precedevano a circa venti metri dalla striscia di stop, notandone la furiosa velocità, salirono con le ruote sul marciapiede per evitare collisioni e gli autisti suonarono furiosi contro il furgoncino. Beatrice vide il giallo sfumare in rosso un secondo prima che Lehmann sfrecciò nell'incrocio. Krüger si affacciò fuori dal finestrino e guardò gli inseguitori arrestarsi, inermi davanti alla miriade di auto che affollavano l'incrocio da sinistra a destra e viceversa, che scesero dalla macchina e imprecarono.

«TU SEI MALATO CAZZO, POTEVAMO FARE UN CAZZO DI INCIDENTE! PORCO****!» Beatrice si trattenne da sgozzarlo con le chiavi della vettura.

«Tranquilla, dietro abbiamo un medico.» fece una battuta Krüger e Lehmann ghignò. In quel momento la diciottenne capì che forse quelle guardie del corpo non erano esattamente venute da un'accademia militare per bene e nemmeno da qualsiasi corso di difesa/protezione in circolazione. Quei due avevano l'aria di criminali reintegrati nella società.

«Per essere un tedesco, sei abbastanza simpatico.

«Manca poco all'indirizzo. Li abbiamo seminati, ma ci troveranno.» s'incupì il moro.

Beatrice lo guardò preoccupata.

«Avete solo il taser o anche qualcos'altro?»

Krüger le sorrise beffardo e stavolta rispose Lehmann:

«Ja, Mädchen.»

Finally USWhere stories live. Discover now