25º Capitolo

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Il silenzio s'instaurò nella stanza come una fitta coltre di nebbia.

La bottiglia stretta fra le mani, simbolo delle proprie speranze distrutte, la gola gonfia.

Il capo chino su di essa e i lunghi capelli a nasconderle il viso, gli occhi fissi su quell'etichetta.

«Gradirei tu non usassi questi termini, Beatrice» la voce innervosita della madre le spaccò i timpani, mentre quest'ultima guardava la figlia aspettando una risposta.

«Vaffanculo, mamma.»

Lentamente, il volto nascosto della ragazza ruotò; Beatrice smise di affannare, smise di tremare,
smise di ragionare.
Dai suoi occhi incandescenti, fini aghi avvelenati si scagliarono sulla donna.

Ma non ci fu modo di continuare quella conversazione: una voce metallica comunicò la fine dell'orario di visita e malvolentieri, annunciò quali sarebbero state quelle successive del giorno dopo, mentre Barbara alzò i tacchi verso l'uscita.

«Dove credi di andare? Non abbiamo finito!» Beatrice si sporse dal letto e allungando il braccio con cui teneva stretta la bottiglietta, la dimenò come fosse una spada, pronta a scalfire l'intaccabile scudo della madre.

«Quando avrai finito con la riabilitazione, potremo parlare.» si fermò un istante sulla soglia della porta, ripartendo appena finita la frase.
Beatrice scagliò la bottiglietta sulla schiena della madre, ma questa evitò il colpo richiudendosi la porta alla spalle.

Imprecò, gridò, si dimenò, esaurì tutta l'aria nei polmoni, le lacrime scesero incontrollabili lungo le guance, talvolta deviando verso la bocca spalancata dalla rabbia.
Dal dolore.
Dal rimorso.
Pianse con le dita aggrappate alla testa, legate tra i nodi dei capelli, bloccate sopra le orecchie.

Pianse promettendo un muto riscatto;
le labbra corrugate cariche di furore; il naso contratto nelle pieghe del disgusto.

Inalò l'odio con cui sua madre se ne era andata, l'insensibilità atroce di quei due passi.

Quale madre se ne sarebbe andata così?

Le aveva viste le mamme delle sue amiche, ci aveva passato del tempo. La mamma di Viola sarebbe scoppiata a piangere di gioia se sua figlia si fosse risvegliata dopo quanto era successo a lei, probabilmente quella di Alessia sarebbe svenuta davanti alla barella e quella di Chiara avrebbe inveito con chiunque avesse interrotto il loro commovente incontro, fosse stata anche un'infermiera.

Ma la sua no.

Sua madre non era così e mai lo sarebbe stata.

Sarebbe rimasta sempre una statua di ghiaccio e non sarebbe cambiata per nessuno, nemmeno per sua figlia.

Lentamente Beatrice affogò chiusa nella stanza di quello sconosciuto ospedale straniero.
La cui collocazione aveva realizzato essere dunque la Germania, proprio posando distrattamente le pupille sul cartellino della porta e poi riconfermato leggendo l'etichetta sulla bottiglia.

Perché farle questo? Perché portarla via dall'Italia? Perché proprio mentre era in stato comatoso?

Un bagliore improvviso illuminò il volto di suo padre nei suoi pensieri:
Massimo l'aveva minacciata di trasferirsi all'estero, lontano dalla sua vita, ma lei si era rifiutata e lo stomaco rimontava su sé stesso anche solo all'idea.

Finally USWhere stories live. Discover now