22º capitolo

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Francesca rimase lì, a fissare la donna, circondata da un imbarazzante silenzio.

Le sue orecchie avevano capito bene: "mia figlia".

Un altra volta no!

Aveva incontrato il padre Massimo in modo oltre che inusuale, anche ambiguo, vestita da casa, senza trucco e con un nido al posto dei capelli, in quel macello di appartamento che si ritrovava. Finendo per fare, non per colpa certamente sua, esattamente l'impressione contraria a quella che avrebbe voluto, soprattutto davanti a quello che sarebbe potuto essere il suo futuro suocero.

Sarebbe potuto essere...
E dico sarebbe.

Ora invece eccola lì, rannicchiata a terra come uno straccio, anche stavolta assolutamente non a causa sua, con la camicia più strappata che intera, naso colante e bava,
che neanche un cane malato con le convulsioni.

"E il premio di peggiore presentazione davanti ai genitori della propria  compagna va a...
Francesca Malferrari" si disse lei.

Nella sua testa vagonate di pensieri simili viaggiavano a tutto spiano da un emisfero all'altro. Ma a dirottare il treno fu proprio la donna che aveva davanti.
«Allora? Ti ho fatto una domanda.»
Francesca distolse lo sguardo.
Non poteva mentire a quegli occhi, non gli stessi ovvio, ma fin troppo simili a quelli della ragazza che amava.
«Ho fatto centro, non è vero?» il suo tono era tagliente, sprezzante. Francesca avrebbe giurato che persino la voce era paragonabile a quella di Beatrice, nel mentre quelle stesse iridi, non si erano spostate di un millimetro da quelli tremanti della professoressa.

Non voleva guardare.
Non osava.

Era come avercela davanti, invecchiata, con aura giudiziosa, inflessibile e spietata.

Non poteva insabbiare tutto, non ce l'avrebbe fatta stavolta.

Scappare non le era concesso; l'uomo che qualche secondo prima l'aveva quasi strangolata, era appoggiato all'elegante porta, intento a guardare lo spettacolino di cui lei era il personaggio principale.

Provò a posare nuovamente le tristi pupille, su quelle velenose della donna che aveva davanti.

Solo che adesso aveva abbandonato ogni scia di orgoglio,
adesso che non poteva più mentire,
adesso che non voleva più mentire.

Riempì i polmoni d'aria, nonostante la gola le stesse andando a fuoco, e iniziò a scandire delle parole.
«Sì...» raccolse tutto il coraggio che da sempre teneva rinchiuso nei bassifondi del suo cuore e ammise il suo segreto peccaminoso «... Ho scopato con sua figlia.»

La donna guardò l'uomo alla porta, tra loro ci fu un'intesa e pochi secondi dopo, la stanza fu sopraffatta da un duo di sonore risate.
A Francesca venne quasi istintivo un sorriso, forse si era sempre sbagliata su questo suo segreto, probabilmente era qualcosa di insulso per gli altri, una banalità e non una cosa di cui vergognarsi.

Terminarono la risata quando la donna smise di mandare segnali amichevoli; adesso sul suo volto ogni muscolo era marmoreo, pietrificato, tanta era l'accidia e la rabbia che emanava.

«Sai cosa significa ragazzina

A questa domanda Francesca non provò a rispondere. Brividi di terrore le pervasero gli arti e la fecero sobbalzare con impeto. Il timido ed ingenuo sorriso che stava prima sollevando gli angoli della sua bocca, aveva lasciato spazio a due rigagnoli di lacrime.

«Significa che mia figlia mi ha disubbidito e non solo: mi ha fatto fare anche la figura dell'imbecille!»

Un calcio ben assestato sul cestino metallico appostato alla scrivania, scaraventò lo sporco contenitore dalla parte opposta dello studio, ammaccando il comodino su cui si era schiantato, producendo un suono stridulo e rimbombante.
Quasi fosse il gong che segnava l'inizio della resa dei conti.

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