Capitolo 3. - Parte I

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Ombre della notte


Quando aveva aperto l'app, l'ordine della pizzeria Impasto, dal 1980 lampeggiava sullo schermo.
Lei aveva accettato la richiesta senza esitare. Alle 19:40 di giovedì, solo una persona effettuava quell'ordine specifico – una margherita, una wurstel e patate, due porzioni di patatine fritte e tre supplì – con una regolarità che era ormai divenuta tradizione.
Imbracciata la propria bici, Emilia aveva iniziato a pedalare con un buon ritmo per un chilometro e mezzo, rallentando solo in prossimità di piazza Fiume. Conosceva quel percorso a memoria: si arrestò poco prima della Rinascente e accompagnò la biciletta fino al grande portone in legno.
Citofonò diretta all'interno undici e rimase in attesa.
Le vetrine dei negozi d'abbigliamento, tutt'intorno, continuavano a brillare di luce e specchi, anche mentre i commessi riordinavano le ultime cose, prima di chiudere.
I passanti che la incrociavano, lanciavano una rapida occhiata alla rider in bicicletta e, per evitarla, si schiacciavano contro i lampioni oppure cambiavano bruscamente marciapiede.
L'aria era fresca, frizzantina, gonfia di semafori rossi e smog. Emilia si sentì libera.
Gettò indietro il capo e con gli occhi socchiusi si godette la sinfonia di urla e trambusti, che le scivolavano addosso, come se fosse protetta da un ombrello invisibile ma robusto, in grado di far defluire il caos.
Poi, la voce familiare di Rosa Annibaldi gracchiò qualcosa: «Ciao, Emilia, terzo piano».
All'indicazione seguì un ronzio e il portone si spalancò in automatico.
Mentre Emilia raggiungeva il piano terzo, si ripeteva di non trattenersi a lungo, così da tacitare il senso di colpa per aver lasciato la bici nell'atrio, ma sospettava che la gentilezza degli Annibaldi l'avrebbe disarmata come spesso accadeva.
Appena le porte dell'ascensore si furono aperte, un acuto femminile la accolse sul pianerottolo.
La bambina di cinque anni in calzamaglia e scamiciata saltellava davanti alla porta di casa, gridando: «È arrivata la pizza! La pizza!»

«Non urlare, Greta.»

Rosa fece capolino e al suo seguito portò Liam, a completare il quadretto familiare.
Conosceva la famiglia Annibaldi da un anno, da quando l'avevano presa in simpatia ed accolta sotto la loro ala protettrice, assicurandole una mancia al termine di ogni consegna. Di tanto in tanto, le offrivano anche di fermarsi a chiacchierare un po' a fine giornata.
Emilia le prime volte si era mostrata reticente, poi una sera si era concessa una pausa di dieci minuti, tramutatisi in quaranta per magia.
Liam e Greta ormai le erano affezionati come ad una sorella maggiore. Fu proprio quest'ultima a correre giù per le scale e ad abbracciarle le ginocchia – doveva accontentarsi di quelle, arrivandole solo lì. Emilia si piegò appena, facendo uno sforzo per mantenere intatti equilibrio ed ordine.
«Stasera è una peperina», le spiegò Rosa con una scrollata di testa. «Vieni, entra pure.»
«Oh, posso trattenermi solo per poco. Ho parcheggiato la bici nell'atrio.»
Le sue proteste vennero schivate con abilità e mentre Liam chiudeva la porta dietro di loro, Rosa Annibaldi si diresse in cucina a recuperare il portafogli.
La più piccola si avvicinò con un album in mano, regalo di qualche parente che la immaginava già pittrice professionista: «Vuoi vedere il mio disegno?»

Le porse un foglio scarabocchiato, con un sorriso bucherellato. Emilia notò le caselle vuote nell'arcata superiore e chiese a Greta se fosse già passata la fatina dei denti. La bambina annuì, soddisfatta, spiegandole di aver ricevuto un libro animato per l'occasione.
«Io ho un nuovo camion», s'intromise Liam. Nell'avvicinarsi aveva calpestato dei pupazzetti di gomma sparsi tra l'ingresso e il salotto, producendo una specie di rantolo sfinito. «Me l'ha preso papà. Guarda, sta arrivando.»

Il giocattolo apparve dall'alto, esattamente da dietro la spalla di Emilia, scendendo lungo il suo braccio destro, fino ad arrivare sulla punta delle dita, dove fu stabilita la prima fermata.
«Vai via!» gli gridò la sorella.
I due iniziarono a contendersi la sua attenzione con spintoni, calci e morsi, una lotta che si svolgeva attorno ad Emilia, rimasta impietrita ad osservare, nella speranza di un intervento materno. Dopo qualche secondo, Rosa sciolse il garbuglio di arti sul pavimento.

La Rosa NeraWhere stories live. Discover now