33°

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Una volta che ci fummo tutti accomodati calò il silenzio più imbarazzante della mia vita, la signora Kim si schiarì la voce sfoderando un sorriso forzato. 

-Buon appetito a tutti.- Augurò e tutti cominciammo a mangiare silenziosamente, sembrava stessero tutti recitando un triste copione.

Jake, alla mia sinistra, sembrava una statua di ghiaccio.
Non riuscii a restare indifferente, non potevo.
Cercare di controllare i sentimenti era una cosa, essere insensibile un'altra.

Così, d'istinto, gli presi la mano per rassicurarlo e, dopo un sussulto iniziale, le sue dita si intrecciarono alle mie. -Sappiamo che sei stata tu a insistere per venire.- Mi informò sua madre cercando di smorzare la tensione che si era creata, annuii accennando un sorriso. 

Jake sembrò percepire il mio disagio e, sotto il tavolo, il suo pollice accarezzò il dorso della mia mano. Il mio cuore mancò d'un battito. -Ti ringrazio da parte di entrambi.- La signora Kim fece un cenno verso Isaac, che sembrava una statua proprio come suo figlio. 

I suoi occhi mi studiavano da quando avevo messo piede in quella stanza senza preoccuparsi minimamente del disagio che mi stava causando. Osservavano ogni mio movimento, ogni mia espressione e atteggiamento.

Sussultammo tutti quando il signor Hale sbatté una mano sul tavolo. -Non credi di essere troppo grande per una badante?- Sbottò. -Nelle mie condizioni no.- Rispose il figlio senza lasciar trasparire alcuna traccia di dolore nella sua voce. 

Cominciavo a capire cosa intendesse il ragazzo quando dava ai suoi genitori degli insensibili, strinsi le dita dei piedi disgustata da quel commento davvero poco leggero.

-E Amber non è la mia badante.- Disse riempiendo d'odio l'ultima parola. Il padre alzò gli occhi al cielo in modo presuntuoso. 

-Trovo davvero ridicolo che un ragazzo con un sacco di potenzialità come te sia finito così, davvero umiliante.- Continuò imperterrito acidamente, lo osservai senza parole. Trovavo davvero surreale quella situazione. 

-Isaac...- Provò a fermarlo la moglie che però venne zittita da un cenno del maggiore. -Se non è la tua badante che cosa sarebbe?- Domandò riferendosi a me come se fossi stata un'oggetto, Jake si bloccò. 

La sua mano non stringeva più la mia.
Lentamente voltò il viso nella mia direzione, la sua espressione affranta mi spezzò il cuore.
E la cosa peggiore era che ero stata io a metterlo in quella situazione. 

Le sue labbra rosee mi mimarono un debole "Ti prego perdonami", talmente debole che i suoi genitori nemmeno lo notarono. 

Mi strinse forte la mano accarezzandomi il dorso con il pollice e provocandomi una reazione allergica sulle braccia. -È la mia ragazza.- Esclamò e, rivoltandosi verso i due, alzò le nostre mani intrecciate in modo da renderle visibili agli occhi dei presenti. 

Per poco non mi strozzai con la mia stessa saliva mentre lo guardavo con gli occhi spalancati. Fino alla fine avevo sperato fosse la parola "amica" ad uscire dalle sue labbra, ma ormai il termine scelto da lui aveva cominciato ad incasinare la mia mente.

Reggi il gioco.
Sforzai un sorriso annuendo. -Ehm... sì.- Tremai sotto lo sguardo tracotante dell'uomo seduto a capotavola. 

Alla signora Kim brillarono gli occhi anche se nascose subito tutta la sua emozione agli occhi del marito.

-Allora immagino che preferiate dormire nella stessa stanza.- Disse con calma l'uomo, come per metterci alla prova. Mi sentii mancare l'aria. 

Oh no.

Isaac alzò un sopracciglio. -Qualche problema?- Osservò con occhio attento le nostre facce poco credibili. -No!- Esordimmo all'unisono io e il ragazzo saltando sul posto. 

So-min sorrise piano, in fondo, pensai, era sempre una mamma. -Gwenda, Declan venite qua per favore.- Chiamò lei senza scomporsi e due ragazzi arrivarono dalla stessa direzione immediatamente. 

La ragazza, alta e robusta e dai capelli color miele, si grattò con agitazione la punta del bellissimo nasino all'insù. Il ragazzo mingherlino al suo fianco ci guardava con i suoi piccoli occhi chiari da dietro una montatura di occhiali tondi. 

-Preparate immediatamente una sola stanza.- Ordinò So-min per poi lanciare un'occhiata veloce a suo figlio. -A piano terra.- Aggiunse. I due ragazzi annuirono e sguizzarono nella direziona da cui erano arrivati senza proferire parola.

-Da quanto state insieme?- Isaac mi inchiodò con lo sguardo. Sembrava provare un'inspiegabile piacere nel mettere a disagio le persone. -Qualche mese.- Mentì Jake e, come se cercasse di scusarsi, sentii la presa stringersi attorno alla mia mano. 

Mi chiesi se il contatto delle nostre mani non gli stesse in qualche modo infondendo coraggio, così, solo e soltanto per quella ragione, decisi di non respingerlo ancora. Ricominciammo a mangiare in silenzio, c'era ogni ben di Dio in tavola eppure a ogni boccone mi sentivo sempre più in colpa. Una volta in camera avrei dovuto scusarmi. 

Già, avremmo dormito insieme.
ASPETTA COSA?
Il mio respiro si fece improvvisamente e stranamente irregolare.
No, impossibile. Infattibile.

L'idea di dormire al suo fianco mi metteva già abbastanza agitazione, in più le mie paralisi avrebbero solamente complicato il tutto. Con la coda dell'occhio guardai il ragazzo mentre cercavo di calmare inutilmente il mio battito cardiaco. Che errore.

Alla vista dei suoi dolci lineamenti il mio stomaco si strinse sprigionando un'ondata di farfalle.
-Sarete stanchi.- Dedusse la signora Kim rivolgendo solo a me un piccolo sorriso, annuii appoggiando la forchetta sul piatto con un rumore sordo. 

Mi tremavano le mani. -In effetti sì.-
-Allora è meglio se andate a letto, il giro della casa lo faremo domani.- Mi disse la donna mentre si alzava con grazia dalla sedia. 

-Non credo che ad Amber interessi vedere nulla qua.- Sputò acido Jake ricevendo uno sguardo carico di tensione del padre, la madre sobbalzò al tono insolente del figlio. 

-Gwenda e Declan dovrebbero aver finito.- Aggiunse poi spostandosi una piccola ciocca di capelli dietro l'orecchio mentre evitava di far cadere il suo sguardo sul ragazzo.

-Allora togliamo il disturbo.- Jake si alzò afferrando immediatamente il suo bastone bianco, fregandosene dello sbuffo proveniente dal suo stesso padre e sciogliendo il contatto delle nostre mani. 

Mi alzai di conseguenza porgendogli il mio braccio a cui lui si aggrappò delicatamente. -Buona serata.- Augurai ai presenti accennando un sorriso nella speranza di sembrare a mio agio. 

-Altrettanto.- Pronunciò non prima di avermi analizzata un'ultima volta. Quando Declan fece il suo ingresso nella sala, non poté fare a meno di osservare curioso il ragazzo al mio fianco. -La camera è pronta.- Ci informò facendo un piccolo e quasi impercettibile inchino di cortesia alla donna seduta vicino ad Isaac.

-Perfetto, accompagnaci mio figlio e la signorina.-
Disse lei chinando di poco il capo come per fare un inchino da seduta.
Uscendo dalla sala continuai a sentire due paia di occhi fissi sulla mia figura in lontananza. 

Il ragazzo cercava di camminare lentamente per permetterci di stare al suo passo mentre ci conduceva alla stanza. 

Quando entrammo in un lungo corridoio immerso nella penombra riuscii ad intravedere, dalle grandi finestre, il giardino interno della struttura. 

Non potei trattenere un'esclamazione di meraviglia. 

Mi incantai ad osservare quello che sembrava essere un salice piangente al centro di quella piccola e rigogliosa radura illuminata solamente dalla fievole luce della luna.

-C'è un giardino interno... sembra... così bello.- Mi accorsi di essermi fermata solo quando sentii il respiro di Jake soffiarmi sul collo scoperto, mi si gelò il sangue. 

-Lo so.- Al suono delle sue spente parole mi costrinsi a guardarlo. L'espressione scura era indurita, come marmo, gli occhi nivei leggermente aperti erano fissi nel nulla che lo precedeva. 

Sentii la gola seccarsi a quella vista straziante.
Decisi di non aggiungere nulla, avrei soltanto peggiorato.

La LucciolaWhere stories live. Discover now