Capitolo 17

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"L'ho sposato il giorno in cui ho compiuto s-sedici anni." Inizio, tralasciando parte della storia.

Il viso della psicologa sembra cadere dallo stupore.

"C-cosa?" È rimasta spiazzata. "Ma... è legale?" Me lo sono chiesto anche io, dieci anni fa.

"Con il consenso dei propri genitori, si." La mia voce non tradisce il mio rancore, la mia amarezza. O almeno lo spero. "E ho avuto lei a ventidue anni. Ne compirà quattro tra poco."

Allyson annuisce, in attesa. Non fa domande, ascolta soltanto. Mi volto a guardare Amy. Assomiglia così tanto a Sofi, sua zia, che nemmeno sa della sua esistenza. E ora siamo sotto lo stesso cielo. Scuoto la testa, riservando quei rimpianti per altri momenti.

"Lei è... scossa, credo. Dorme male, ha continui incubi. E ha paura di tutto." Di questo passo, crescerà come me, e non mi piace l'idea. Voglio che mia figlia sia una persona felice.

"Karla, cos'è successo?" Mi chiede la psicologa, dopo il mio lungo silenzio. Come se non l'avesse già capito. Ho visto come mi ha osservato quando siamo entrate. Il livido sulla mia mascella è ancora troppo scuro per cercare di camuffarlo. Almeno gli altri li posso coprire con i vestiti.

"Io... Lei... credo che abbia visto suo padre... picchiarmi." Chiudo gli occhi, cercando di soffocare l'umiliazione, il senso di oppressione, l'imbarazzo, e tutti gli altri sentimenti negativi che vivo da anni, ormai.

"Ed è... successo solo una volta?" Mi chiede ancora. La sua voce è dolce, carezzevole. Mi fa ancora più male. Reprimo le lacrime, quelle sono riservate alla notte, al buio, quando non può vedermi nessuno. Nego scuotendo la testa, temendo che la mia voce non sia abbastanza forte. Mi prendo il mio tempo per calmarmi, poi riprendo a parlare.

"Ho sempre cercato di evitare che lei... vedesse..." Lei capisce, mi comprende, lo so. "Non voglio che stia male per quello che ha visto, non voglio abbia paura nella sua vita."

"Ci lavoreremo su, Karla, te lo assicuro. Di solito non lo consiglio, ma voglio che tu sia presente durante le sedute." Alzo le spalle, incrociando lo sguardo calmo della dottoressa. 

Amy si avvicina, ha una bambola tra le braccia. Finalmente rivolge uno sguardo impaurito alla dottoressa, che le sorride. Trascorriamo i minuti restanti a chiacchierare. Vedo come la psicologa, minuto dopo minuto, si conquisti la simpatia e la fiducia di Amy, e ne sono felice.

La seduta è finita, Amy ha guadagnato una bambola nuova e... un'amica. Mi sono stupita quando ha abbracciato la sua psicologa a fine seduta. E naturalmente, poi è arrossita.

Usciamo dall'edificio e ci dirigiamo verso la nostra casetta. Una strana sensazione mi induce a fermarmi e voltarmi, nello stesso istante in cui una donna, dall'altro lato della strada, fa lo stesso. I nostri occhi si incrociano per un attimo, e mi manca il fiato.

"DJ." Mormoro, a voce talmente bassa che nemmeno Amy mi sente. Il nostro contatto visivo, durato pochi istanti, viene interrotto da un autobus che si ferma proprio davanti a lei. Riprendo coscienza di quello che mi circonda, prendo Amy tra le braccia e corro veloce nel primo locale aperto.

"Mamy, che succede?" Mi chiede mia figlia con voce preoccupata.

"Io...ho... ho bisogno del bagno amore." E mi dirigo verso la toilette. Mia figlia mi crede, anche perché, guardandomi nello specchio, vedo che sono impallidita. La metto a terra, mi bagno il viso con un po' di acqua fresca, sotto il suo sguardo indagatore. "Non sono più abituata alla temperatura di questa città." Ridacchio, facendola rilassare. "Ora va meglio."

Usciamo dal bagno, e per farla tranquillizzare del tutto, le compro un gelato. In realtà, l'ho preso anche per restare un altro po' qui dentro, con la paura che Dinah sia ancora lì fuori. Mi avrà riconosciuta? Ripercorro mentalmente l'accaduto e mi stupisco di non averci fatto caso prima. Era mano nella mano con una donna di colore. Normani? Oddio, non ci posso credere che quelle due siano finite insieme. Magari si tratta di un'altra ragazza, non ho avuto il tempo di guardare davvero la donna accanto a lei, ma ho questa sensazione.

Perché sono scappata? Non lo so. Io sono fatta così, fuggo, fuggo sempre via da tutto, e da tutti. Lei lo sa, l'ho già delusa una volta. Lei, Normani e... E Lauren. Dio mio, Lauren. Non so cosa farei se mi ritrovassi lei davanti. Probabilmente mi odia per il modo in cui l'ho lasciata, e avrebbe ragione a farlo. Se solo sapesse che nei momenti più bui della mia vita, mi sono rifugiata nel suo ricordo per andare avanti! No, non devo pensare a lei, non merito di ricordarla. Non meritavo lei e non meritavo nemmeno l'amicizia di DJ e Normani. Ho fatto bene a nascondermi. Nessuno deve sapere che sono tornata.

Dinah Jane

Una strana sensazione mi porta a voltarmi. Mi ritrovo a fissare una sconosciuta negli occhi, dall'altro lato della strada. Degli occhi marroni che mi sembrano familiari. La donna tiene per mano una bambina che le somiglia. Ed entrambe somigliano a...

"Amore... Amore..." Sento che mi sta chiamando, e questo mi risveglia. Le lascio la mano, correndo verso la strada. "DJ, che succede?" Sento la sua voce preoccupata.

Non ci credo, non poteva essere lei, vero? Finalmente mi libero dell'ingombro dell'autobus dalla mia vista. Guardo verso l'altro lato della strada, ricercando quella figura. Non la vedo. Mi butto in mezzo alla strada, attraversando senza prestare attenzione al traffico di Miami. Sento la voce di Normani urlarmi dietro, ma la mia mente è da un'altra parte. Qualcuno mi suona il clacson, un altro mi manda al diavolo e mi da della pazza, ma non mi interessa. Arrivo dall'altro lato, e la cerco ancora con lo sguardo, voltandomi nelle due direzioni.

Cerco quello che ho visto: una donna. Una donna magra, castana, dai tratti cubani, con una bambina. Potrebbe essere chiunque, lo so, solo una che le assomiglia. Ma io lo so, era lei. Aveva quello sguardo, quello sguardo perso e impaurito, pieno di dolore. Era il suo sguardo. E il contatto, seppur breve, che abbiamo avuto, mi ha trafitto.

"Ma dico, sei impazzita? Mi rispondi, DJ?" Normani mi fa voltare verso di lei. È preoccupata, non capisce. "Ti senti bene?" Io continuo a girarmi, cercandola. Era lei, lo so, me lo sento nelle vene. "Amore, sei pallida. Sembra che tu abbia appena visto un fantasma."

Queste parole mi colpiscono. Forse è così. Finalmente mi concentro su di lei.

"Credo proprio di averlo visto." le confermo. Mi guarda come se fossi pazza, poi un piccolo dubbio si insinua dentro di lei, e si guarda brevemente intorno. Riporta l'attenzione su di me, e le do la conferma che cercava. "Camila."

I suoi occhi sono increduli, ora siamo in due a cercarla con lo sguardo.

"Non... non c'è nessuno DJ." C'è tanta gente intorno a noi, ma capisco cosa intende. Nessuno che possa essere lei. "Amore, sicura di sentirti bene?" Mi tocca il viso, cercando di calmarmi. Il suo tocco mi riporta a fissarla.

Tremo, sapendo quale sarà il prossimo passo.

"Dobbiamo dirlo a Lauren."

"Cosa? Ti sei impazzita tutto d'un tratto? Non le diremo nulla, non siamo nemmeno sicure che non sia stata una visione mistica."

"Mani, so cos'ho visto. Era con una bimba." Normani prende tempo, riflette.

"Ok, magari hai visto qualcuno che le somiglia. Forse era lei, forse no. Ma ne sappiamo ancora troppo poco. Non possiamo dirlo a Lauren, darebbe di matto." Si passa una mano tra i capelli lunghi. Dio, è bellissima. "Nel momento in cui saremo sicure che si tratti di lei, glielo diremo. Ma fino ad allora... Non una parola. Chiaro?"

Questo glielo devo concedere. Lauren ha sofferto troppo per Camila, come me, e darle questa informazione senza esserne certi sarebbe da insensibili. So che Normani sta cercando di tutelare Lauren in questo momento, e non posso fare altro che essere d'accordo con lei. Se ho reagito come una matta io, che le ero amica, non posso immaginare cosa potrebbe fare lei, che ne era innamorata pazza.

Mi volto ancora una volta, sperando e temendo allo stesso momento di incontrare nuovamente quegli occhi, quella donna. Camila.

Who are you? - CamrenWhere stories live. Discover now