↭ 5-Wonderland ↭

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Devo ammetterlo, mi spaventai, l'altra sera, quando Bakugou si trovava nel colmo di un attacco di panico accasciato nel suo bagno. Lo sentii da attraverso la parete, anch'io mi trovavo al bagno, eravamo quasi sulla stessa situazione, con la differenza che io ero lì perché la mia bulimia volle che rovesciassi tutto il cibo della giornata in quel water. Le tubature erano collegate, perciò i nostri bagni erano separati da letteralmente una serie di blocchi di cemento.

Non appena mi calmai, cercai di andare da lui, lo intimai ad aprire la porta, ma mi cacciò bruscamente.

Mi disse che era tutto apposto e che non era nulla. Ovviamente sapevo che non era così, e nemmeno per me lo era: usavamo le stesse scuse, le sapevo riconoscere.

E trovavo anche buffo il fatto che il bugiardo fosse anche la vittima; del resto anch'io lo ero.

Io passavo la vita in mezzo ai bugiardi. Le bugie erano sale sulla lingua, le riconoscevo, le usavo, le regalavo e le ricevevo. Ma anche se lui mi mentì, non la presi come una bugia, perché sapeva che ero a conoscenza della sua menzogna. E me la disse perché sapeva che se sarei entrato ne avrebbe raccontate altre.

Sopravvivevamo così, di fandonie anch'esse false.

Dovetti uscire solo una volta per fare un favore a mio zio Severo, ma per il resto, restai nel mio appartamentino per 72 ore, ovvero, tre giorni dopo aver mangiato (e vomitato) tutti quei dolciumi . Lui invece uscì eccome, e da quanto ne so, ogni sera venne quel suo amico di cui mi parlò la settimana prima al bar.

Ero nella mia stanza, un riflesso che non mi apparteneva vedevo davanti lo specchio. Avevo i capelli dipinti di rosso, gli occhi rossi come vinaccia, il viso nitido... ma per qualche motivo, continuavo a credere che quel riflesso non riflettesse davvero me, ma ciò che vedevano gli altri. Era tutto troppo normale anche se si trattava di me.

Io ero randomico, caotico, zampillante di odio e scaturente di ipocrisia, ma il mio riflesso allo specchio trasmetteva solo pura e semplice compassione.

Non mi ero mai compatito, e credevo che non lo avrei mai fatto. La mia ostilità verso i miei confronti era sempre esistita, e non credevo che potesse mai avere una fine.

Mi facevo del male quando mangiavo, mi facevo del male quando non mangiavo. Quando mi ficcavo le dita in gola per vomitare, e quando lasciavo che il mio ego trattenesse l'istinto impulsivo di rimandare i pasti. Qualsiasi passo io facessi, era sempre una lama trascendentale che mi fendeva la sanità mentale.

Feci l'individualista, solo per un attimo; ma pensai che avrei preferito essere quello che derideva, anziché essere deriso... mi sarei risparmiato un paio di problemi mentali.

«CAZZO.»

Sentii un urlo. Il suo urlo. Mentre nella mia mente c'era il caos, e il mio stomaco gridava disperatamente di sfamarlo ed io che ignoravo gli avvertimenti. Mi buttai giù dal letto, rialzandomi in un istante e mi precipitai davanti la sua porta. Continuavo a sentire delle urla, e sapevo ciò che esse stessero esprimendo.

«Oi, Bakugou, apri, ti prego!» premevo il mio corpo contro quella porta, come se volessi sfondarla, anche se la forza per farlo era inesistente.

«Vattene via.»

Quel tono di voce lo avrei riconosciuto anche sott'acqua, ma l'acqua probabilmente sarebbe stata fatta dalle sue lacrime. Per fortuna che il mare non aveva la voce incrinata come la sua, e che quando il vento soffiava sulle onde movimentate di pianto, dopo ci sarebbe stato il sereno. Però, quando?

«Ti prego, fammi entrare... non me ne vado se non mi fai entrare»
«Puoi stare lì»

Insistetti ancora e ancora, ma quando passò mezz'ora, e io mi trovavo ancora con le dita che sfioravano la sua porta, decisi di prendere le sue parole alla lettera.

Flower escape ¦ _-Kiribaku-_ ¦Opowieści tętniące życiem. Odkryj je teraz