Capitolo 2 - L'incontro con il principe ereditario (E)

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Everly

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Everly

Non appena vengo scortata nella sala del trono, la mia attenzione viene catturata dal soffitto molto alto dove pendono decine di lampadari argentei, brillanti, prima di essere costretta a inginocchiarmi sul tappeto rosso alla fine della lunga scalinata che porta ai troni del Re, della Regina e dei Principi.
Sento che le guardie mi prendono le mani e le legano dietro di me con una corda ruvida che mi ferisce i polsi.
Potrei sciogliere il nodo in pochi secondi, ma devo mostrarmi sottomessa per poter essere libera di fare ciò che devo, una volta finite tutte le "formalità".
«Abbassa lo sguardo per terra, schiava!» mi ordina una delle guardie, spingendo la mia testa in avanti, e io obbedisco.
Non devo perdere il controllo, ma sento già le mie mani bruciare.
Inspiro ed espiro lentamente, trattenendo il mio fuoco.
«Siamo al cospetto di sua altezza reale Re Gregorian II, discendente del Capo di Buona Speranza, e la sua sposa, sua altezza reale Regina Maria Rebecka» li presenta un ufficiale prima di portarsi al lato di una porta automatica che si apre pochi secondi dopo.
Li sento camminare fino a sedersi al trono e mi chiedo tra me e me "Dove sono i Principi?".
Passano pochi attimi prima che io senta l'ordine del Re di presentarmi. A quel punto mi alzo e mostro il mio viso.
Il Re è d'aspetto molto vecchio, ma non ha nessuna malformazione. Sul capo porta una corona con tante vette che puntano verso l'alto che gli allunga il viso, e indossa abiti sontuosi. Nei suoi occhi c'è una strana luce.
La Regina invece è la personificazione della perfezione: è di molti, fin troppi, anni più giovane d'aspetto del Re. Ha dei lunghi capelli biondi raccolti in una treccia laterale, la pelle ambrata e gli occhi scuri. Il suo corpo è vestito di un abito voluminoso e dorato, mentre sul capo porta una ghirlanda di rose d'oro. Di fianco ai loro troni, due posti sono vuoti.
«Mi chiamavano Elizabeth Wexor, discendente del Generale Oliver Wexor» pronuncio, tenendo il mento basso, poi continuo con il "discorso di sottomissione". «Vi prego di donarmi un nome degno della vostra presenza.»
Il Re scoppia a ridere e batte le mani.
Si sta prendendo gioco del popolo caduto, ma è quello che vuole l'organizzazione.
«Eccellente!» grida. «Stupefacente! Gli schiavi che mandano la prole di uno dei Generali Caduti! Non esiste modo migliore per chiedere benevolenza!» esclama, tra le sue risate sommesse e i sorrisi imbarazzati della Regina.
«Fate entrare il Principe!» ordina il Re, alzando la mano di scatto.
Giro il volto leggermente in direzione della porta e vedo comparire un uomo alto, vestito con l'uniforme delle guardie, solo molto più raffinata ed elaborata. È moro, con la perfezione ereditata dalla madre e la postura regale dal padre.
Una vittima perfetta.
«Principe Maximilian Adam di Sonenclair.» Il Re mi guarda con occhi divertiti e con tono ancor più beffardo, prima di continuare con:
«Il tuo padrone.»
Abbasso il viso ancor di più, mostrando la mia alta sottomissione.
«Per l'amor di Dio, una bambina!» esclama il Principe. Riporto gli occhi su di lui e leggo il disgusto stampato sul suo viso.
Bambina? Posso spaccargli la mascella, spezzargli tutte le ossa del corpo e lui... mi chiama bambina?
Ingoio l'acidità delle parole che vorrei riversargli addosso e rimango zitta.
«Beh, non parla?» continua il Principe.
Non posso far saltare la mia copertura per il mio orgoglio. Sarebbe da stupidi. Mantengo le labbra serrate.
«Mostrami le mani, bimba» mi ordina e io alzo lo sguardo verso la guardia che mi libera.
Non appena sento i polsi slegati, porto le mani davanti a me e tendo le braccia.
Alzo gli occhi verso Maximilian e noto che sta scendendo gli scalini. Dopo qualche secondo si ferma a un metro da me.
«È una mano artificiale quella, bimba?» mi domanda e io annuisco. Vorrei tirargli uno schiaffo, la sua voce è irritante, ma preferisco risparmiarmi l'esecuzione.
Si avvicina ancora di un passo e porta un ginocchio per terra. Io lo guardo e lui sorride, perfido.
«Portatela nella mia stanza.» Si rivolge alle guardie con freddezza, tenendo gli occhi fissi su di me.
Per quanto non voglia ammetterlo, il Principe è davvero perfetto.
Abbasso gli occhi mentre si alza, e sento le guardie prendermi per rimettermi sui miei piedi e trascinarmi con loro.
Dopo essere usciti dalla Sala del Trono, mi ritrovo con i miei "chauffeur" lungo i corridoi del palazzo.
Le mura sono immacolate, e il bianco è spezzato solo da quadri che rappresentano scene dell'epoca prebellica.
Ogni pochi metri ci sono delle porte automatiche che conducono alle varie stanze del castello.
Alla fine del corridoio entriamo in un ascensore e io ho la possibilità di vedere lo Skyline del Regno di Sonenclair: è vastissimo, più vasto di quanto potessi mai immaginare, e riesco anche vedere la cupola che protegge il regno.
Nel momento in cui l'ascensore finisce la sua salita, capisco che siamo nel punto più alto del castello, la Torre Magna.
Una guardia apre l'unica porta presente e mi getta dentro, chiudendomi nella stanza.
Cado per terra, e cerco di rialzarmi subito, ma sento un rumore nell'oscurità che mi costringe a rimanere ferma.
Avverto il pericolo, mi sta guardando con occhi maliziosi.
Il mio cuore sta per esplodere, così cerco di calmarmi e rallentare il battito.
«Ehi, bimba...»
Sento la voce del Principe muoversi velocemente nel buio.
All'improvviso una candela diffonde una flebile luce dietro di me. Mi volto lentamente e noto che un letto a baldacchino, con tende scure legate e coperte nere ordinate, è illuminato. Un secondo dopo sento un fruscio e, quando riporto lo sguardo davanti a me, vedo i raggi della luna filtrare nei vetri di una grande finestra.
«Si mostri, la supplico» sussurro, respirando lentamente.
Grazie alle poche luci posso constatare che la stanza è enorme: qui dentro può viverci una famiglia intera.
Mi alzo e vago per la stanza, evitando le parti buie. «Non hai paura?» mi chiede la voce del Principe e io scuoto la testa, avvicinandomi all'unica parete illuminata dalla luce della luna, dove vedo appesa una sua fotografia ingrandita. Si mostra regale, possente, nella sua uniforme.
«Dovresti.»
Lentamente noto la figura di un'ombra nera sovrastare la mia, poi vedo due ali, con apertura di almeno tre metri, coprire interamente l'unica fonte di luce.
Mi giro lentamente verso il Principe e sono sbalordita, sia dal suo profilo, che dai suoi occhi, gialli e brillanti.
Nella sala del trono, dove diamine nascondeva tutto ciò?
Indietreggio contro il muro e, non appena sbatto contro esso, vedo la figura di Maximilian avvicinarsi a me con pochi passi.
Istintivamente sfrego le mani con l'intenzione di accendere il mio fuoco ma mi trattengo. Non posso essere scoperta.
Non appena però Maximilian vede i miei palmi sfregare, con un colpo secco di ali mi sbatte contro il muro.
Tossisco per l'urto e cerco di rialzarmi velocemente, ma lui è più agile di me e mi solleva per il collo.
Il panico si impossessa di me come non lo faceva da tempo e stringo le mani sul suo polso più che posso, conficcando le unghie nella sua carne, implorando pietà con lo sguardo.
Se non mi lascerà andare sarò costretta a proteggermi, non servo a nulla da morta.
Fortunatamente allenta la presa, emettendo un gemito di dolore, e si tira indietro. Tenendosi il polso con l'altra mano, mi guarda e semplicemente mi ordina: «Inginocchiati!»
Capisco che la battaglia è finita, quindi eseguo il suo ordine e abbasso lo sguardo.
Lui si avvicina, mi alza il viso e scruta nei miei occhi in cerca di qualcosa, ma io rimango impassibile. Ho già combinato un disastro.
«Mostrami la tua abilità. Posso sentire l'odore di mutazione a chilometri di distanza e il tuo... è veramente forte.»
Impreco nella mia mente e lentamente accendo il mio fuoco. Le prime scintille illuminano le nostre persone, fino a quando le fiamme non avvolgono interamente le mie dita e io posso guardare con chiarezza il suo viso e l'enorme cicatrice che gli sfregia il volto.
Ora potrebbe usare questa mia capacità contro gli altri e, soprattutto, su di me.
«Sei molto potente, vedo.» Insinua la sua mano tra i miei capelli scuri e li pettina con le dita. «Ma pur sempre una bambina che non è ancora capace di controllarsi. Quanti anni hanno visto i tuoi occhi?»
Mi mordo la lingua con forza quando mi dice che sono senza controllo e rispondo con un: «diciassette.»
«Come non detto: bimba» dice, prendendosi gioco di me prima di diventare serio. «Ecco le regole. Starai sempre al mio fianco: che io sia a letto con un'altra o in palestra ad allenarmi. Dormirai solo se lo deciderò io. Mi soddisferai, se necessario, ma dubito che avrò bisogno di questo da un corpo come il tuo. Obbedirai a ogni mio ordine e soltanto a me. Un'ultima cosa: devi rivolgerti a me con "padrone". È tutto chiaro, bimba?»
Ingoio l'acido che hanno provocato le sue dannate regole e abbasso gli occhi sul pavimento prima di chiuderli e mormorare.
«Sì, padrone.»

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