20° CAPITOLO

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Pov's Emily

"Da quand'è che ha iniziato a mandarle messaggi minatori?" mi chiese sottovoce mentre ci stavamo incamminando verso Hogwarts.

"Più o meno da quando è fuggita..."

"A questo punto non è solo uno il bersaglio che le interessa."

"Ci ero arrivata, ma quello che non capisco invece è:perché? Vendetta personale? Insomma ha scelto me perché a causa mia è fallito il suo piano?"

"Non ha alcun senso logico"

"Appunto!"

"C'è qualcos'altro sotto ed è qualcosa di più-Sta attento a dove metti i piedi, marmocchio." si interrompé subito fulminando il povero bambino che gli era andato contro casualmente.

Il bambino, che poteva avere si e no all'incirca 6 anni, sbattendo contro di lui era finito a terra e lo guardava spaventato.

"La smetta di fare l'insensibile una volta tanto.." sospirai guardandolo e mi abbassai all'altezza del bambino, dandogli la mano.

"Stai bene? Ti sei fatto male?" sorrisi dolcemente guardandolo mentre lui accennava un sorriso e afferrava la mia mano.

"Sto bene...grazie.." rispose mentre si rialzava e mi stringeva la mano.

Notai quanto fredda fosse e non potei fare a meno di guardare come fosse vestito: aveva solo qualche straccio di abiti addosso, troppo poco per il freddo che c'era.

"Come ti chiami?"

A quella domanda, sentii lo scorbutico emettere un verso simile ad un segno di impazienza e potei giurare anche che stava alzando gli occhi al cielo.

"Jordan..." disse mentre staccava la mano dalla mia.

"Un bel nome sai? Io sono Emily, piacere, ma per gli amici Em oppure Ly. Diciamo che storpiano il mio nome in base a come piace a loro."

"Ciao Emily.." rise lui divertito da quello che avevo detto.

Io sorrisi e poi mi tolsi il mantello, mettendoglielo per bene sulle spalle in modo che non fosse troppo lungo per la sua altezza.

"Tieni Jordan, consideralo un pegno di scuse per averti fatto cadere..."

"Ma non c'è bisogno..."

"Si invece." dissi rialzandomi e arruffandogli i capelli con una mano.

Lui mi guardò con gli occhi che brillavano e poi mi abbracciò.

"Grazie" disse per poi correre via.

"Tutto molto commovente, davvero"

Roteai gli occhi voltandomi a guardarlo.

"Poteva almeno scusarsi con il bambino"

"È stato lui che mi è venuto addosso e dovrei scusarmi io?"

"Si chiama gentilezza, ma vedo che nel suo vocabolario questa parole è inesistente, come tante altre cose."

"Si chiama educazione e nemmeno il marmocchio si è preso la briga di scusarsi"

"Chiama tutti i bambini marmocchi, mocciosi o ci sono altri epiti carini dei quali non sono ancora a conoscenza?"

Lui si portò il pollice e l'indice all'altezza del naso, chiudendo gli occhi.

"Salazar che situazione..." sospirò per poi riaprire gli occhi e guardarmi, mentre si toglieva il mantello.

"Che sta facendo..?" lo guardai perplessa senza capire.

"Da quello che so - iniziò mentre si avvicinava a me e mi posava il mantello sulle spalle - non voglio essere di nuovo la causa di un suo malanno."

Io restai stupita da quel suo gesto totalmente inaspettato e alzai gli occhi verso i suoi, notando che mi stava già fissando.

Eravamo tremendamente vicini, ma al contempo così lontani: i suoi occhi erano fissi nei miei e le sue mani erano ferme all'attaccatura del mantello.

Sentii l'aria non arrivare più ai polmoni, il cuore iniziare a correre senza sosta e lo stomaco capovolgersi a quelle sensazioni che scoppiarono improvvisamente dentro di me.

Non riuscì staccare lo sguardo dal suo nè tanto meno ne avevo l'intenzione: quei due occhi color pece erano sempre stati e sempre sarebbero rimasti la più bella delle mie condanne.

Mille erano i motivi per continuare a guardarli e centomila, forse, le emozioni che provavo ogni volta e che non sapevo distinguere.

Erano così magnetici che non riuscivo a smettere di fissarli e, probabilmente, perché non era vero che mi ero stancata di cercarlo: lui era lì.

Infondo al buio, sotto quella coltre oscura che erano i suoi occhi, ero sicura che avrei trovato la luce e con essa, anche lui.

L'uomo che mi aveva rubato il cuore, che era stato l'uragano della mia vita da tre anni a questa parte, era lì.

Vidi il suo viso farsi più vicino e da lì non capí più nulla di cosa stesse succedendo: si chinò al mio orecchio mentre con le mani mi accarezzava il collo e spostava i miei capelli da sotto al mantello.

Il suo tocco fu come una scarica elettrica, fu come se fosse esplosa una cassa di petardi e ora le fiamme bruciavano e si propagavano ad un ritmo inarrestabile.

Chiusi gli occhi di scatto perché non riuscivo a controllare più cosa stesse succedendo al mio corpo, alla mia anima: il suo fiato sul collo, il suo tocco, il suo sguardo mi stava facendo perdere la testa.

O forse lo avevo già fatto e io lo avevo represso perché era quello che era giusto fare, era quello che la mente mi diceva di fare, ma non quello che il cuore desiderava.

"Ci sono cose che non sai sul mio vocabolario, Emily.." sussurrò al mio orecchio con voce profonda. Sentii il mondo tremare sotto i piedi e l'ossigeno mancare nell'aria.

Riaprì gli occhi e, con mio sommo dispiacere, aveva già ripreso a camminare.

"Idiota, che fai.." mi incolpai per poi riprendere a camminare, seguendolo.

Light On Truth 3: ɪʟ ʀɪᴛᴏʀɴᴏ ᴅᴇʟʟᴀ ᴠᴇʀɪᴛÀWhere stories live. Discover now