1

477 33 66
                                    

Io non potevo fermarmi per la Morte -
perciò, gentile, lei si fermò per me.
In carrozza eravamo solo noi -
e l'Immortalità.

Andammo piano. Lei non aveva fretta -
e io il mio lavoro e il mio riposo
avevo tralasciato -
per la sua cortesia.

Passammo oltre la scuola, dove i bambini
giocavano in cortile all'intervallo -
passammo il grano che ci guardava fisso -
e oltre il sole che stava tramontando.

Anzi fu lui a passare oltre noi -
giunse fresca e tremante la rugiada -
poiché era solo garza la mia veste -
e solo tulle la mia mantellina.

Sostammo inanzi a una casa che pareva
un rigonfiamento del terreno -
Il tetto si vedeva a malapena -
il cornicione - solo un monticello.

Son secoli, da allora, ma mi sembrano più brevi di quel giorno in sui supposi
per la prima volta che i cavalli
volgessero all'eternità la testa.

Emily Dickinson

-

"promettimi che un giorno morirò prima di te, poiché io non riuscirei a sopportare il dolore incessante della tua perdita"

Aveva sempre avuto un concetto della morte inusuale, diverso dal comune. Non sembrava avere timore della sua grandezza, della sua ferocia e della sua insaziabile fame di vita.

Non aveva paura a dirgli quanto amasse la morte, parlandone come se fosse una persona in carne ed ossa con cui poter conversare.

Perciò, quella richiesta suonò ancora più insolita in confronto al suo pensiero e alle parole che non smetteva di scrivere su mille fogli diversi nel loro angolo di stanza, di mondo.

Alcune ciocche di capelli gli finirono sul viso, a causa del venticello di quel giorno d'autunno, e continuò a guardare l'altro sorpreso dalla serietà con cui pronunciò quella frase.

"è da egoisti proporti una promessa del genere?" farfugliò retorico, con un mezzo sorriso agitato e i capelli un po' scompigliati.

"è da codardi non accettare anche il dolore dai sentimenti che provi per me" ribatté l'altro, improvvisamente infastidito dal modo in cui mise in mezzo un discorso così. Come poteva mantenere la promessa senza sapere chi tra i due la morte avrebbe scelto per primo?

L'altro lo guardò, riflettendo sulla sua frase, e poi poggiò le mani sulle sue guance affondando le dita tra i suoi capelli e col cuore calmo in pieno petto.

"Eren, mi dici che succede?" chiese preoccupato e iniziò a sospettare che il motivo della conversazione fosse differente. Osservò i suoi occhi, che non potevano mentire, e capì che qualcosa lo turbava.

"sei tutto per me, Armin:il mio respiro, il mio cuore, la mia vita e la mia scrittura" dichiarò Eren sincero, accarezzando la sua morbida e bianca pelle e Armin sussultò, ipnotizzato come ogni volta dalle sue parole. Sapeva che usava il suo talento per impressionarlo, per far battere il suo cuore e tenerselo stretto a sé. Nonostante lo sapesse, ci cascava ogni volta e si lasciava coccolare da quelle dolci lettere mischiate l'una all'altra uscite dalla sua bocca, dal suo cuore.

"sei parte di me e se ti vedessi colpito dalla morte, di me rimarrebbe soltanto una metà distrutta e in continua cerca della tua" continuò e gli occhi di Armin si fecero lucidi, non trovandolo per niente giusto.

"pensi che io non proverei lo stesso? Non sarei devastato dalla tua morte? Come puoi dirmi qualcosa del genere? Non è giusto" chiese Armin, scostando il viso dalle sue mani e trattenne le lacrime.

Le mani di Eren si fecero improvvisamente fredde e sentì di esser stato preso a pugni nello stomaco, quando vide una lacrima di Armin scivolare indisturbata sulla sua guancia.

I pugni divennero più violenti, quando Armin si distanziò da lui per paura di essere ferito nuovamente.

"non è giusto farmi sentire in colpa per una cosa che non posso controllare" continuò visibilmente turbato e si asciugò la guancia leggermente umida da qualche lacrima sfuggita dal suo controllo.

Non voleva piangere per una cosa del genere, però le parole di Eren gli fecero sempre questo effetto:erano belle e spontanee da fargli provare cose che non avrebbe mai provato con un'altra persona. A volte però, sapevano essere un'arma letale contro il suo cuore.

"non volevo farti sentire così, mi dispiace...ho solo paura di perderti" confessò la terribile sensazione che provava ogni giorno, da quando aveva conosciuto Armin:non aveva mai avuto paura di nulla, neanche della morte, tuttavia i forti sentimenti che provava per Armin divennero anche delle paure ingestibili.

Armin tornò a guardarlo e si chiese per quale motivo non potesse parlargli in maniera normale dei suoi problemi, senza fare mille giri di parole.

"perché?"

Quella domanda composta da una sola parola, non a caso la più comune per una domanda, fece diventare Eren di pietra.

Deglutì nervosamente e la sua mente fu invasa da quella domanda.

Perché? Perché? Perché?

"perché hai paura di perdermi? Prima o poi per te non sarò nient'altro che un ricordo vuoto, una scritta su qualche vecchio foglio stracciato o una delle tante gocce d'acqua del mare" ribatté Armin, convinto del proprio pensiero in cui il ricordo delle persone morte col tempo va via e rimarrà solo l'amaro in bocca. Ci passò con i suoi genitori, di loro non ricordò quasi niente se non i libri e le ricchezze che ereditò.

"sciocchezze! Non smetterò mai di scrivere per te e su di te, anche se dovessi dimenticare il tuo volto o la tua voce!" esclamò Eren, convinto invece dell'opposto. I suoi sentimenti erano certamente più forti della morte!

"la morte porta via non solo le vite umane, ma anche i ricordi dai propri cari. Un giorno non sarò nessuno, non sarò mai nato né morto, non avrò mai fatto parte di questo mondo" spiegò Armin in tono paziente e Eren sembrò in conflitto con sé stesso.

Eren vide sempre la morte come qualcosa di affascinante e una meravigliosa creatura, tant'è che avrebbe desiderato il suo arrivo il prima possibile. Però ella non poteva prendere tra le sue braccia Armin, non poteva cancellarlo dal mondo, allontanarlo da lui.

"ti renderò eterno, indimenticabile da tutto il mondo! Non smetterò di scrivere su di te, così tutto il mondo saprà la persona che sei stato e tutti parleranno di te!" non poteva accettare che la morte strappasse violentemente Armin dalle sue braccia, che lo portasse con sé e che lui sarebbe rimasto solo.

"è da pazzi, non desidero questo...desidero leggere i tuoi testi e basta. Se li vorrai pubblicare avrai il mio appoggio, ma solo perché il tuo talento dovrebbe essere riconosciuto e acclamato da tutti, non perché io voglio essere ricordato dagli altri" ribatté Armin, non capendo più niente del loro discorso.

"neanche io desidero questo, desidero te e solo te" ribatté Eren, porse la mano e sperò che Armin l'afferasse.

"io sono qui per te, Eren" dichiarò Armin in tono rassicurante, avvicinandosi per afferrare la sua mano.

Intrecciarono le proprie dita, com'erano abituati a fare in casa, e si guardarono negli occhi.

Eren si sentì grato a poter ancora toccare Armin, la sua pelle, i suoi capelli, stringere la sua mano, il suo corpo, guardarlo in quei occhi vivi, sentire il suo respiro contro il petto e baciarlo lontano dal mondo che avrebbe voluto eliminare i loro sentimenti 'scandalosi'.

Solo la morte e la sua scrittura seppero cosa Eren provasse per Armin, poiché non faceva altro che parlarne e scriverne in continuazione.

Quei testimoni non avrebbero spifferato nulla al mondo intero e Eren poté baciare Armin quante volte volle, saziando il proprio cuore di quei sentimenti così puri e allo stesso tempo prigionieri di un mondo con vincoli.

dialoghi con la Morte//ereminWhere stories live. Discover now