Capitolo II

1.7K 113 139
                                    

La mattina successiva a svegliarmi non è la solita sveglia, ma la suoneria del mio cellulare. Strizzo gli occhi quando mi rendo conto che ad aver chiamato -o meglio, videochiamato- sono Nathan e Luis.

Sono gemelli, attualmente al college dove mi piacerebbe andare e, per mia disgrazia, sono anche i fratelli maggiori di Morgan. Solo che, così come non riesco proprio a stare vicino a lei, con i suoi fratelli ho un legame strettissimo. «Perché mi chiamate alle otto del mattino?» Chiedo, mettendomi una maglietta e scendendo le scale per andare a fare colazione. La fotocamera mi inquadra la faccia, mentre vedo i gemelli già pronti per andare a lezione -e sono dei pazzi, perché inizia tra un'ora-, poggiati entrambi su uno dei letti. Sono andato a trovarli una volta: hanno un letto a castello e due scrivanie, e anche se la camera è per tre persone non hanno mai assegnato a nessuno la loro stanza.

«Perché ci vogliamo assicurare che ti comporti bene. Ieri, quando Morgan ha saputo di questo accordo, ha dato di matto.» Risponde Nathan, passandosi una mano tra i capelli biondi. Sono più lunghi rispetto a quelli di Luis ed ha la mascella più pronunciata, gli occhi leggermente più scuri. Se non fosse per queste piccole differenze sarebbero identici.

Quasi mi scappa un sorriso. Lei ha dato di matto? L'ho maledetta così tanto che stamattina non si sarebbe dovuta svegliare. «Sì, lo so. Le ho mandato un messaggio ieri pomeriggio, ma non ha risposto.» Non che mi aspettassi diversamente, soprattutto considerando che nel messaggio "saputo le novità, Hill?" la stavo palesemente provocando. «E state tranquilli. Ci ignoreremo il più possibile.» Poi chiedo come stanno procedendo i corsi e se hanno conosciuto qualcuno di nuovo, prima di chiudere la chiamata e iniziarmi a preparare sul serio. Ci manca solo che io arrivi in ritardo.

Quasi non saluto i miei genitori -ma in realtà un "ciao" generale lo borbotto mentre sto uscendo per non ritrovarmi anche senza casa, oggi pomeriggio- ripensando alle urla di mia mamma ieri sera. Sono ritornato a casa per ora di cena, dopo casa di Sebastian ho fatto un giro in macchina per calmarmi, e mia madre ha urlato per venti minuti per come sono evaso dalle sue grinfie. Per fortuna mio padre è stato più clemente e l'ha calmata.

Arrivo sotto casa di Morgan alle nove meno venti. Casa sua è delle stesse dimensioni, bene o male, della mia. Saluto dal finestrino con la mano sua mamma, Claire, che potrei tranquillamente definire una zia. Mi conosce letteralmente dal mio primo giorno di vita e non si è mai persa niente, nessun evento importante di cui mia mamma la metta al corrente.

Lei ricambia con un sorriso solare e mi indica le scale prima di scomparire alla mia vista, segno che è andata a chiamare la figlia. Dieci secondi dopo vedo Morgan attraversare il vialetto di casa con un'espressione esasperata, lo zaino messo distrattamente su una sola spalla. Entra senza salutare né fare un cenno, si limita a sedersi al mio fianco e sbattere lo sportello così forte che per un attimo temo l'abbia rotto. Stringo i denti ed il volante così tanto che le nocche mi diventano bianche.

Resisti, Cricchetto. Qualche mese e ce la leviamo dalle scatole.

Almeno ha la decenza di mettersi la cintura mentre io abbasso il finestrino per far passare l'aria. Maledetta scuola che inizia a metà agosto e maledetta mia madre, che per questa stupida punizione mi impedisce di venire con la moto. Perché con il cavolo che porto Morgan sull'amore della mia vita.

Sorrido però mentre inizio a guidare, mettendo in atto il mio piano per infastidirla. Ieri sera, prima di addormentarmi, ho avuto questa bellissima illuminazione: sono io che guido. È mia la macchina. E quindi per me sarà più facile infastidirla, farle passare ogni mattina come l'inferno prima di arrivare a lezione.

Potrà essere da incoscienti, ma non ho messo la cintura di sicurezza. Se c'è una cosa che innervosisce Morgan sono i rumori continui a prima mattina, come gli allarmi anti incendio o quelli della macchina. «Vuoi metterti quella dannata cintura?» Sbotta infatti dopo qualche secondo.

The way she hates meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora