Capitolo 3.

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Ace, Sagittario.

«Dobbiamo andarcene.» la voce di Theo mi arriva ovattata alle orecchie, così mi decido ad alzare la testa dal morbido cuscino sul quale avevo intenzione di riposare.

«Che succede?» chiedo.

Theo butta noncurante sul pavimento le buste che teneva strette tra le braccia, tutto ciò sotto lo sguardo confuso mio e di Savannah.

«Cosa? Ma sei impazzito? Siamo appena arrivati.» esclama quest'ultima, appoggiandosi pigramente al letto.

«Un ragazzo e una ragazza guardavano con troppa insistenza il tatuaggio di Savannah. Sono qui.» continua il biondo, passandosi freneticamente le mani ornate di anelli argentati tra i capelli.

«Il ragazzo dai capelli rossi? Theo, sarà stata solo una tua impressione.» afferma Savannah, liquidandolo con un semplice gesto della mano.

«Dovete fidarvi, dobbiamo andarcene.» ripete con insistenza.

«E tutta questa roba?» domando indicando con una veloce occhiata le buste piene di indumenti che hanno lasciato malamente a terra.

«Ci rallenterebbero.»

«Prendiamone almeno un paio.» propone Savannah, osservandole.

Mi sollevo in piedi e afferro qualche busta da terra. «Usciamo, veloci.»

«Ma non ci vedranno?» domanda Savannah.

«Probabilmente ci staranno cercando anche loro.» intuisce Theo.

«Sicuro che non sia tutto frutto della tua fantasia?» azzardo questo quesito, sperando che la risposta sia positiva.

«Cazzo, non vi fidate?» alza il tono della voce, spalancando teatralmente le braccia ormai esasperato.

«D'accordo, ci fidiamo. Però non possiamo uscire, è certo che ci noteranno.» deduce la rossa, grattandosi il capo come a voler trovare un'idea migliore per sgattaiolare da questa camera.

«Buttiamoci giù dalla finestra.» rompo il silenzio, ma le loro occhiate sbigottite mi fanno capire che sarebbe stato meglio se non avessi aperto bocca. «Potremo calarci con delle lenzuola.» proseguo.

«Theo, ti prego non dirmi che lo vuoi assecondare.» questa frase pronunciata da Savannah suona quasi come un lamento. «Che stai facendo?»

Con un colpo secco, Theo sfila le lenzuola candide dal mio letto. Afferra anche le sue, cerca le estremità e prova a legarle tra di loro con un nodo ben stretto e saldo.

Una volta concluso il tutto, ci lancia delle occhiate. «Andiamo.» si dirige verso la porta finestra, che affaccia su di un piccolo balcone, e la spalanca. Esco dalla stanza e osservo il paesaggio: ci troviamo sul retro dell'appartamento, tutto ciò che ci è visibile è una catena di montagne dalle vette elevate, un paio di sontuose e fiorite piante di glicine, e le tipiche statue che contraddistinguono questo hotel.

«Savannah, scendi prima tu.» affermo, scrutando la rossa in cerca di una sua reazione. Ella, in risposta, scuote la testa divertita. Mi concedo di dare una fulminea sbirciata disotto, realizzando appieno solamente adesso del fatto che ci troviamo al terzo piano. Ingoio il groppo che mi si è formato in gola e indietreggio di un paio di passi.

«Aiutami.»

Afferro solidamente l'estremità iniziale del lenzuolo insieme a Theo, per poi lanciare il resto oltre la barricata del balcone. Savannah afferra la coperta per poi scavalcare con una gamba la recinzione.

«Se hai bisogno di aiuto, grida.» le dispenso un paio di consiglio, prima che inizi a calarsi. Ella inizia a scendere flemmaticamente e in un paio di minuti non sento più nessun peso da sostenere, il che mi fa intuire che sia riuscita a toccare terra. Theo si affaccia, confermandomi che Savannah sia giunta sana e salva a destinazione.

«Perfetto, adesso tocca a te.»

Rispondo con un semplice mugugno di assenso, poco convinto.

Afferro il lenzuolo come se fosse l'unica certezza della mia vita e cerco di guadagnare secondi preziosi riscaldandomi, sospirando, eseguendo qualche saltello poco atletico sul posto. D'un tratto il viso di Theo si avvicina pericolosamente al mio. «Scendi o ti butto giù io.» ringhia tra i denti.

Scavalco la ringhiera e provo a scivolare lentamente verso il basso. Il mio obiettivo attuale è quello di giungere a destinazione, cercando di accantonare nell'angolo più remoto della mia mente l'idea di essere a quasi dieci metri di altezza. Penso al fatto che, dopotutto, non sia un qualcosa di cui essere così terrorizzati. Sono solo a poca distanza da terra, tra pochissimo non mi ritroverò più sospeso in aria.

«Apri gli occhi, coglione.» la voce di Theo mi colpisce inaspettatamente, facendomi quasi allentare la presa.

Quando giungo davanti al balcone del secondo piano, concedo una fugace occhiata all'interno della camera visibile a causa della porta-finestra spalancata: la stanza è vuota e disordinata, in uno stato di profondo marasma, si possono intravedere i vestiti sgualciti lasciati giacere malamente sul pavimento. Scuoto il capo, come a riprendermi e finisco velocemente di calarmi.

Appena sfioro il terreno, reprimo l'istinto di fiondarmi sull'erba rigogliosa e alzo la testa verso Theo.

«E adesso?» quasi posso sentirlo sospirare questa frase tra le labbra.

Rientra velocemente all'interno della stanza, per poi fare nuovamente la sua apparizione con un paio di buste colme di vestiti e robe di vario genere tra le mani. Le lancia, permettendoci di afferrarle al volo. Savannah le agguanta tutte, sistemandosele sulle braccia.

Osservo Theo, cercando di capire e analizzare le sue prossime mosse. Senza preavviso, aggomitola il lenzuolo per poi buttarlo malamente dentro la stanza e solo successivamente scavalca la ringhiera.

«Quando ho detto "Buttiamoci dalla finestra", non intendevo letteralmente.» gli ricordo e posso vedere l'ombra di un sorriso dipingergli leggermente il viso.

Ci dà le spalle, muovendo qualche passo verso il basso e, abilmente, riesce a lanciarsi all'interno del balcone del secondo piano.

Impressionante, penso.

Prosegue con questa tattica anche per raggiungere il pianerottolo del primo piano, dal quale in seguito, con un salto risoluto, ci raggiunge.

«Perchè mi guardare così? Sembra che non abbiate mai messo piede dentro una palestra.» ci schernisce, prendendoci in giro.

«In palestra ti insegnano a volteggiare in aria come una farfalla?» domando con tono canzonatorio, provocando l'ilarità di tutti e tre.

«Muoviamoci, dai. Adesso dobbiamo solo andarcene da qui.» commenta Savannah, intimandoci a sbrigarci.

Ci dirigiamo verso l'imponente cancello perennemente aperto per fare entrare e uscire comodamente i propri clienti, lo attraversiamo e percorriamo un lungo tragitto verso una meta sconosciuta.

Continuiamo a camminare senza una direzione ben precisa, il nostro unico scopo è quello di allontanarci il più possibile da questo hotel.

Trascorriamo il tempo parlando, ridendo e scherzando, scoprendo l'un l'altro tratti della propria personalità.

Per esempio Savannah, Vergine, nonostante dimostri perennemente questo suo lato responsabile, lucido, per nulla peccaminoso, ci ha svelato che le emozioni talvolta incidono fortemente su di lei tanto da essere spesso fonte di ansie o stressamento.

Mentre Theo, Leone, oggi ci ha piacevolmente stupiti dimostrandoci la sua forza di volontà, nel senso più completo che ci possa essere di questo termine.

OFIUCO - Il Segno Dimenticatoحيث تعيش القصص. اكتشف الآن