dio e l'incenso

107 6 4
                                    

I fumi dell'incenso lentamente ondeggiano nell'aria. La stanza, satura di fumi, ha una piccola finestra che si affaccia su di un cortile interno, permettendo così uno scorcio piuttosto tetro, quasi completamente riempito dalla rigida facciata del palazzo attiguo. La finestra è chiusa.

L'incenso, come denso liquido ormai ha riempito ogni spazio, penetrando tra ogni fessura, infilandosi nell'armadio, tra le pagine dei libri sulla mensola, ed infine entrando in me, attraverso il naso, forse anche nei pori delle orecchie.

Una canzone noir crepita sul giradischi.

La luce del vecchio lampadario sfarfalla.

La scena è questa.

La scena è nella mia mente.

La scena è una stanza, il primo atto comincia da questa stanza.

Questa stanza è fatta di mobili come anche di ricordi.

L'incenso l'ho acceso per chiarire l'atmosfera.

Come anche il giradischi.

Ora si spegne. La luce lentamente muore. È il buio. Un impercettibile refrain di un sassofono balena tra il nero senza pareti.

Io sono Dio e creo un personaggio.

Il personaggio sono io, schiavo di Dio.

Il personaggio è i miei ricordi e le mie idee.

Raramente a Dio è concesso attraversare questa storia.

La strada è illuminata dal nitido sole che segue la pioggia primaverile. Parlo della strada che si origina dal piccolo vialetto. Esso termina presso un portone, che se aperto, porta alla stanza.

Questo mondo non contiene solo strade e stanze.

È la zona d'ombra tra una storia e il suo narratore.

È il limite sottile tra l'autore e i suoi personaggi. Il dantesco limbo tra realtà, sogno e delirio.

In questo mondo, individui senza volto vagano abbozzati e senza scopo, fino a che quel viso di sola pelle, senza occhi, né lineamenti né bocca, non si fa decrepito e pieno di rughe.

Ne vediamo ora due di loro, che a bordo di una berlina percorrono la strada nel fresco pomeriggio di inizio primavera.

Li vediamo attraversare altre strade, che attraversano città, che sono fatte di palazzi, che paiono quasi alveari da quante sono le finestre. La vuotezza di questi spazi fa quasi paura. Il personaggio, il Deva, quello a bordo della berlina, è fatto di carne, ha un cappello a cilindro ed indossa un completo piuttosto elegante ma un po' sgualcito. Guida.

Le parole sostantivano i concetti. Il Deva lo sa bene. Egli conosce questo mondo in quanto ne è abitante. Il suo compito è quello di convertire la narrazione alla terza persona, sollevando l'autore dal gravoso carico pendente della prima persona.

Il mio personaggio non ha volto né storia, ma ha una strada e una stanzaWhere stories live. Discover now