Parte seconda.

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Buongiorno Jeongguk, sono Taehyung. - 9.44

Lanciai il telefono da una parte, dopo aver letto e riletto, incredulo, l'anteprima di quel singolo messaggio dal centro notifiche. Ebbi prima l'accortezza di rimuovere la conferma di visualizzazione e l'ultima accesso per i contatti non memorizzati, di modo da avere il tempo di pensare a cosa fare. Maledissi il me stesso del giorno prima per aver messo in questa situazione il me del futuro. Mi distesi ancora sul materasso, le braccia e le gambe aperte a stella, gli occhi così sbarrati che ad un certo punto iniziarono a pizzicarmi. E ora? Cosa avrei fatto? Non avevo né tempo, né voglia, né scienza per conoscere la prossima mossa.

Mi alzai sentendomi all'improvviso perfettamente lucido (forse era l'adrenalina) e mi guardai allo specchio. Lo stato delle cose mi si mise davanti, sì, ma di sbieco: forse, non avendo nessuna compagnia di nessuna natura, stavo impazzendo. Del tutto. Mi ero convinto che l'estate dopo il diploma la vita sarebbe stata infinitamente più semplice, e invece di contrasto mi ero sentito catapultato col doppio della forza in un mondo - quello reale - che era più spaventoso del previsto. Cercai con lo sguardo il telefono spento con un certo sudore alle mani, segno di una tentazione controcorrente di scrivergli.

Al diavolo, pensai. Non lo pensavo mai. Risposi al mio istinto e gli risposi.

Buongiorno, Taehyung. - 9.58

Come sta - 9.58

*stai? - 9.59

Mi mancava l'errore di digitazione per aumentare esponenzialmente il mio stato di disagio. Rimasi qualche attimo a fissare come aveva traslitterato il mio nome, "Jeongguk", quando tutti scrivevano Jungkook all'americana, secondo suo padre.

Posso parlare in coreano? - 10.01

Certo, come sei più comodo - 10.01

Mi stupii il procedere della conversazione, in cui di fatto non ci avvicinammo neppure a domande personali. Parlammo delle solite cose di cui si parla quando non si ha niente da dire - o, per quanto ci riguardava, non si voleva dire niente - come il tempo, i programmi per la giornata. A questo punto mi chiese se mi andava di vederci. Mi andava? Si e no. Per quel giorno credevo potesse bastare, quindi mi presi qualche minuto per pensare ad una scusa. Guardai il calendario, e all'improvviso ecco il bivio: era il giorno dell'inventario, ergo avrei dovuto lavorare per i miei un intero pomeriggio. Di solito vi si aggiungevano discussioni senza senso e dolori muscolari il giorno dopo. L'idea di uscire con Taehyung diventò all'improvviso appetibile, e fu così che la mia mente dispiegò la strada per quello che davvero desideravo e non avevo il coraggio di ammettere. Non c'è da stupirsi se da tutta la storia con Kim Taehyung ho imparato a combattere con me stesso.

A che ora ci vediamo? Cosa vuoi fare? - 10.16

Per le 15. Il posto ancora lo devo decidere. Hai qualche necessità particolare? - 10.16

No, non credo - 10.16

Le prime cose a cui pensai, in questo ordine furono bizzarro, assurdo, forse leggermente psicopatico. Ormai, comunque, c'ero dentro, e sottrarsi in questo modo non avrebbe avuto senso. Tentennai qualche minuto, per raccogliere il coraggio di parlare con i miei. Uscii dalla mia stanza a piccoli passi, ma rimasi poco dopo la soglia per osservare i miei. gn tanto mi interrogavo su che cosa c'entrasse la mia vita con la loro, che cosa avessi ereditato caratterialmente da queste due persone.

Sapevo ben poco a riguardo, se non che da mia madre avevo ereditato solo la gentilezza e il buon cuore di cui però facevo inconsciamente incetta, in attesa di usarli per le giuste persone - tipo Olivia. Mi persi qualche istante a pensarci, anche perché in questo momento mi avrebbe dato man forte: non vedeva l'ora di andare contro il mondo degli adulti. Per questo l'ammiravo e in qualche modo eravamo inseparabili: lei aveva il coraggio di dire ciò che pensava, io no.

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⏰ Última atualização: May 02, 2022 ⏰

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