𝐆𝐢𝐯𝐞 𝐩𝐞𝐚𝐜𝐞 𝐚 𝐜𝐡𝐚𝐧𝐜𝐞
Atlas è -apparentemente- un uomo sereno. Trascorre una vita solitaria, beandosi della tranquillità della città di Edimburgo. Soprattutto, però, gode della sua vita notturna e del suo catrame, dei suoi peccati. Sot...
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«𝐀𝐫𝐞 𝐲𝐨𝐮 𝐬𝐜𝐚𝐫𝐞𝐝?»
«𝐍𝐨.»
«𝐎𝐡... 𝐖𝐞𝐥𝐥, 𝐲𝐨𝐮 𝐬𝐡𝐨𝐮𝐥𝐝. 𝐈'𝐥𝐥 𝐛𝐞 𝐲𝐨𝐮𝐫 𝐧𝐢𝐠𝐡𝐭𝐦𝐚𝐫𝐞.»
Corro sulle funi e salto sopra i tetti Sotto cieli scuri e stelle indifferenti Tutto sotto controllo, tranne i sentimenti Pure mentre dormo io digrigno i denti Cerco un equilibrio che mi tiene insieme Tu mi chiedi perché non mi voglio bene Da domani lo faccio, mi fai quella faccia Dovresti sapere Che io ormai sono bravo a cadere Tanto ormai siamo bravi a cadere Ed abbiamo già rischiato insieme Non c'è mai stata una rete Dopo di noi che succede? Se tanto ormai siamo bravi a cadere -Bravi a Cadere
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𝐒i agitava. Quell'idiota si dimenava come un pesce fuor d'acqua. Boccheggiava. Premeva le mani sulla sua camicia, stropicciandola e cercando di farlo smettere. Atlas odiava quando si ribellavano. Continuò a tirare la catena attorno al collo dell'uomo per soffocarlo. Così, per autodifesa, quello afferrò le sue mani, coperte dai guanti, mentre era a terra davanti a lui, scuotendo le gambe come se potessero aiutarlo a muoversi. A quel punto, Atlas continuò a tenere ben salda la presa. Sorrise, non appena si rese conto dell'ultimo spasmo che percorse il corpo della sua vittima, come fosse una scarica elettrica. Attese qualche istante. Il suo corpo era immobile, ancora caldo per lo sforzo. Dopodiché avvicinò due dita al collo accertandosi che il cuore avesse smesso di battere e lasciò la presa. Raccolse la catena, sistemandosela attorno al busto e abbassò lo sguardo sul corpo ormai morto. Storse il naso. Fissò le maniche della camicia, un po' stropicciate perché l'uomo aveva cercato di opporsi alla sua aggressione.
𝐈l freddo gli aveva lacerato quasi le ossa, penetrante com'era. Una folata di vento gelido aveva ghiacciato la pelle, entrando attraverso la finestra, che aveva lasciato aperta, dopo essersi intrufolato all'interno di quell'enorme villa, e facendolo rabbrividire. L'ennesima opera era andata a buon fine, dopotutto e nonostante quell'intoppo imprevisto. Se ne stava in piedi a fissare il corpo morto dell'uomo che aveva ucciso. Aveva opposto un po' di resistenza quando aveva iniziato a strangolarlo, poi si era arreso. La parte peggiore era stata la colluttazione di qualche minuto prima, come se si aspettasse il suo arrivo. Aveva dovuto sfoderare qualche colpo prima di metterlo al tappeto per soffocarlo con la catena. Gli aveva mollato un gancio destro, facendogli sanguinare il naso. In quel preciso istante la sua vittima si era distratta per il dolore e aveva potuto approfittarne. Non gli piacevano le vittime preparate, gli davano noia. Cercavano -invano- di salvarsi. Quando si rischia di morire, improvvisamente si diventa coraggiosi, lo chiamano istinto di sopravvivenza.