𝐆𝐢𝐯𝐞 𝐩𝐞𝐚𝐜𝐞 𝐚 𝐜𝐡𝐚𝐧𝐜𝐞
Atlas è -apparentemente- un uomo sereno. Trascorre una vita solitaria, beandosi della tranquillità della città di Edimburgo. Soprattutto, però, gode della sua vita notturna e del suo catrame, dei suoi peccati. Sot...
It's just another night Just another fight for my life It's alright, because everything dies Nobody know why Wetin I go do? Wetin you go do when you feeling like you're falling And you can't find nothing to hold on to? Memories ahh-ooh Carry me go Carry me go, oh na, yeah Sick and tired of it all, take me far away Mr. DJ, gbemi trabaye Now I no fit trust anybody Na hin mek I no fit shout My body don dey tire, eh E make me madder, eh My head don scatter, eh My Holy Father, eh My body don dey tire, eh E make me madder, eh When my whole world is set on fire Don't leave me alone
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Aprì mollemente gli occhi. Dovette abituarsi all'accecante luce al neon della stanza. Sbatté le palpebre e non appena provò a muoversi, ma le gambe non risposero agli impulsi. Aveva ancora il corpo semi addormentato. Sgranò gli occhi, quando si rese conto di tenere le braccia consorte al petto in una fastidiosa morsa. Era completamente immobile. Non poteva far nulla, reagire in nessun modo. Prese a tremare nervosamente. L'aria gli mancava e avrebbe voluto urlare, ma la voce gli morì in gola. Era da solo in quella stanza. Lo avevano rinchiuso lì dentro, in attesa che si svegliasse, con una camicia di forza, perché volevano assicurarsi che al suo risveglio non li uccidesse tutti. Aveva la gola secca e gli occhi gli bruciavano. Osservò il proprio riflesso al piccolo specchio che aveva di fronte e sembrava distrutto. C'era ancora del sangue rappreso sul capo, dove Hercule lo aveva colpito. In un moto di stizza fece per tirarsi in piedi, ma le gambe cedettero sotto il suo stesso peso e cadde a terra. Si fece sfuggire un rantolo di dolore e si sedette, posando la schiena contro il bordo del letto. Si domandò quanto tempo fosse trascorso e quanto tempo avesse dormito, sotto gli effetti di qualche strana droga. Se solo pensava al suo nome sentiva il sangue ribollirgli nelle vene, chiedendosi come avesse fatto a fidarsi di un idiota sempre sorridente. Non vedeva l'ora di potergli mettere le mani al collo e vedere il suo sorriso svanire mentre lo strangolava.
Sentì il cigolio della porta e alzò lo sguardo verso due infermieri, che si avvicinavano a lui con cautela. Era stato reso completamente inerme, non avrebbe potuto attaccare nemmeno se avesse voluto.
«Oh non mordo, idioti...» Tirò su il capo, prendendo un respiro forte. Gli doleva tutto il corpo, ma poteva reggere. Ne aveva vissute di molto peggio. «Forse.» Ridacchiò appena quando li vide tremare, portandosi all'indietro.
Uno di loro si avvicinò per aiutarlo ad alzarsi. Lo lasciò fare. Doveva capire dove fosse, altrimenti qualsiasi piano di fuga non avrebbe avuto senso e modo di esistere. Socchiuse gli occhi. «Come si sente?»
«Come dovrei sentirmi, idiota del cazzo? Sto bene, dottore, posso andare a casa con qualche pillola?!» Gli ringhiò quasi contro e vide l'altro portare istintivamente la mano a una siringa. Si chiese quante volte lo avessero già sedato dopo un risveglio violento. Semplicemente non ne aveva ricordi e aveva la sensazione che avessero usato le stesse droghe dello stupro che utilizzava lui stesso.