Sei - casa

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Era lì, immobile davanti a Christian.

Era bellissimo.

E non doveva pensarlo; si maledisse per averlo pensato. Ma era la fottuta verità: dormiva e sembrava così sereno, così innocuo, e quasi credette di essersi sognato il suo attacco di panico di un'oretta prima, in discoteca.

Non riusciva a fare nulla se non guardarlo, non riusciva nemmeno a stendersi nel letto dall'altra parte della camera.

Era incantato dal modo in cui la luna riflettesse la luce sul suo incarnato abbronzato e intonso e sulle sue lentiggini scure, ed era incantato da quelle ciglia fitte fitte che sfioravano le gote. Era estasiato dai ricciolini neri sul cuscino, da quel nasino dolce, e dalle labbra gonfie e premute all'infuori, che lo rendevano estremamente tenero.

Provava affetto per lui. Un affetto indescrivibile a parole, nonostante tutto il male che gli aveva fatto, nonostante ogni lacrima spesa per la sua lontananza.

Si stese a letto, con il cuore che batteva all'impazzata, consapevole che non sarebbe mai riuscito a dormire.

Non riusciva a crederci: era nella stessa stanza del moro, dopo un anno che non si vedevano, che non si toccavano. Lacrime calde gli accarezzarono il viso a quella consapevolezza. Gli era mancato e gli mancava anche in quel momento. Voleva solo abbracciarlo e sentirsi piccolo tra le sue braccia, come sempre, come dalla prima volta.

Nel cuore nella notte, verso le quattro, aveva sentito qualcuno girarsi e rigirarsi da una parte all'altra del letto, mentre mugugnava insoddisfatto, inquieto.

Christian sembrava agitato: probabilmente stava solo sognando. Mattia placò l'istinto di alzarsi e raggiungerlo per accarezzargli la spalla, per tranquillizzarlo. Non era lì per aiutare il bergamasco. Era lì per avere spiegazioni, poi se ne sarebbe andato.

Però quello continuava a lamentarsi nel sonno, ad alzare la voce, a rigirarsi da una parte all'altra. Come poteva ignorare il suo bisogno di andare lì e coccolarlo?

Stupido Mattia, sei uno stupido sottone.

Si alzò a sedere scattante quando lo sentì mugugnare qualcosa che sembrava essere proprio il suo nome: Christian lo stava chiamando, senza neanche sapere che lui fosse proprio lì accanto a lui.

Rimase ad osservarlo, aveva un cipiglio in volto ed era terribilmente insoddisfatto, arrabbiato, impaurito. Era fragile.

«M-Matti, no, io... n-.. Mat- no! N.. non sono così!»

Stava facendo un incubo?

«L-lascia- lascia- papà!»

Era il caso di intervenire? Di svegliarlo? O gli sarebbe solo venuto un altro attacco di panico?

Christian urlò il suo nome, e Mattia non attese più, fiondandosi sul suo letto e sedendosi lì, accanto a lui.

«Shh.. Chri»

Gli accarezzò la spalla dolcemente, per fargli sentire la sua presenza, eppure il maggiore non sembrava calmarsi.

«Chri.. sono qui. Sono con te»

«M-Matti!»

Continuava a parlare nel sonno.

«N-non.. io.. voglio- Matti!»

«Chri.. shh.. va tutto bene, sono con te, sono Matti e sono qui»

qualcosa di grande [zenzonelli]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora