𝑳𝒆 𝑫𝒆́𝒔𝒆𝒔𝒑𝒆́𝒓𝒆́

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Il disperato o Uomo disperato, Gustave Courbet, 1843-45

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Il disperato o Uomo disperato, Gustave Courbet, 1843-45.

𝑰 𝒘𝒂𝒔 𝒕𝒉𝒊𝒏𝒌𝒊𝒏𝒈 𝒂𝒃𝒐𝒖𝒕 𝒘𝒉𝒐 𝒚𝒐𝒖 𝒂𝒓𝒆
𝒀𝒐𝒖𝒓 𝒅𝒆𝒍𝒊𝒄𝒂𝒕𝒆 𝒑𝒐𝒊𝒏𝒕 𝒐𝒇 𝒗𝒊𝒆𝒘
𝑰 𝒘𝒂𝒔 𝒕𝒉𝒊𝒏𝒌𝒊𝒏𝒈 𝒂𝒃𝒐𝒖𝒕 𝒚𝒐𝒖

HARRY

A interrompere il mio momento con Vivienne fu quel fastidiosissimo gallerista francese, che la mandò a chiamare tramite la sua segretaria perché voleva urgentemente vederla. Sembrava una questione importante ma quando uscimmo entrambi dall’ufficio, io per andarmene, lei per raggiungerlo, mi fu difficile evitare di origliare anche quella conversazione tra loro.

"Ho pensato che potremmo andare a mangiare insieme, chérie."

Chérie. Buffone francese. Indispettito, decisi di mandarle un messaggio proprio mentre era ancora con lui, sperando che lo leggesse.

A: Jeanne Hébuterne
Porta qualcosa di sfacciatamente rosso, duchessa
Xxx

Quando entrai in auto, la vibrazione del cellulare mi avvisò dell’arrivo di un messaggio e mi corrucciai, confuso dalla rapidità della risposta. Afferrai il telefono e sbloccai direttamente lo schermo, ma a rispondermi non era stata Vivienne.
Un contatto che conoscevo fin troppo bene era apparso tra le notifiche di una chat protetta che avevo ideato io stesso per quello scopo, portandosi dietro un paio di messaggi che trasudavano l’imperialità del mittente.
Arricciai il naso e mi guardai istintivamente intorno, guardingo, prima di aprire la chat.

Da: Arttila
Ingres.
La grande Odalisca, prestata all’alte pinakothek, Monaco.
Hai tempo fino alla fine del mese.
Un extra se riesci a prendere anche Maja Desnuda dal Casinò di Monte Carlo.

Passarono pochi secondi dalla mia risposta –un semplice ok- e i messaggi sparirono.
Una risata isterica mi scappò dalle labbra cogliendomi alla sprovvista.
Avrei preferito restare impassibile ma fu più forte di me, la frustrazione mi strappò le risa dalla gola a unghiate. Dovetti combattere con tutto me stesso per evitare di dare di matto e colpire qualcosa o schiantarmi dopo aver messo in moto, ma inevitabilmente cominciai a imprecare e non smisi finché non raggiunsi il mio nuovo appartamento.

Mi chiesi quando avrebbe smesso. Si sarebbe mai stancata di tenermi indietro la testa per i capelli? Avrei mai finito di lavorare per lei?

Probabilmente sarei morto ancora al suo servizio; questa era l’unica risposta che potevo darmi ma che non riuscivo ad accettare.

Arrivato a casa non persi tempo e cominciai a rimuginare su un piano, disteso per terra accanto al divano.
Non avevo molto tempo per eseguire l’ordine, mancavano appena due settimane alla fine del mese.
Ci pensai per il resto della serata e per tutta la notte, tormentandomi senza tregua. Non provai nemmeno a dormire, consapevole che mi sarei soltanto innervosito non riuscendoci.

𝑶𝒎𝒏𝒊𝒂 𝒗𝒊𝒏𝒄𝒊𝒕 𝑨𝒎𝒐𝒓; hsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora