𝑳𝒂 𝒔𝒐𝒍𝒊𝒕𝒖𝒅𝒊𝒏𝒆

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Mario Sironi, La solitudine, 1925

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Mario Sironi, La solitudine, 1925.

My shadow's the only one
that walks beside me
My shallow heart's
the only thing that's beating
Sometimes,
I wish someone out there
will find me
'Til then, I walk alone

-Green Day,
Boulevard of broken dreams


HARRY


Due settimane prima (circa).

Il Belize era un luogo meraviglioso.
Avrei potuto amare il Belize e la sua stupenda barriera corallina; le acque turchesi del Mar dei Caraibi con tutti i pericoli che vi si aggiravano e le meraviglie celate a chi non si spingeva oltre la cresta del mare.
Avrei potuto amare la sua natura incontaminata; la tranquillità o la frenesia e tutto quello che aveva da offrire ma non ci sarei mai riuscito, perché Belize City, affacciata sulle coste cristalline, nascondeva per me la persona che più odiavo al mondo.
E allora, varcare i confini di quel Paradiso Celeste, era per me come camminare a piedi nudi sui tizzoni ardenti dei miei peccati e di quelli di mio padre.

Nella sua torre d’avorio, visibile anche dalle foreste, c’era Lisbeth Taylor che attendeva il mio ritorno ad ogni scadenza delle sue commissioni, ma non mi aspettava amorevolmente come Penelope trepidante per il ritorno di Odisseo a Itaca; Lisbeth Taylor era più una maligna Clitennestra eschilea, che non vedeva l’ora di assassinare il marito Agamennone di ritorno dalla guerra di Troia.
Eppure, io non le avevo mai fatto niente per meritarmi il suo livore, eccetto essere una bastarda spina nel suo fianco, ma quello era una conseguenza delle sue azioni verso di me.

Io sapevo che aveva ucciso mio padre che, di certo, era stato più Agamennone di quanto non fossi mai stato io.

Quando entrai -gentilmente scortato a spintoni- nella sua gigantesca dimora-antro, le mie spalle si caricarono lo stesso peso di sempre; dell’essere lì senza saperne il motivo; di varcare le soglie dell’ignoto; del non sapere cosa mi aspettasse.

Ma come ci ero finito io, lì? Perché io? Cosa le aveva fatto mio padre di così orribile? Cosa le aveva sottratto di così prezioso da dover essere risarcita per una vita intera?
La mia intera vita e quello straccio misero e sbrindellato che era quella dell’uomo che avevo imparato a dimenticare, ancora non erano sufficienti per lei.

Con il mio tubo sottobraccio, feci un sorrisone al maggiordomo più loquace della terra, alzando la mano per battere un cinque che non sarebbe di certo stato assecondato. “Vecchio volpone, come te la passi? Sei tutto impolverato, guardati.” Abbassai la mano per spolverargli simbolicamente una spalla. Da quando ero ragazzino, Rupert sembrava essersi fermato nel tempo; Lisbeth lo teneva al fresco, probabilmente, per tenerlo così. Se mi fossi avvicinato, avrei perfino potuto sentire l’odore della formaldeide di cui doveva nutrirsi.
Gli spuntava una ruga ogni sei anni, ma i suoi capelli erano da sempre bianchi come la neve ad Aspen. Ero quasi sicuro che non li avesse mai avuti che di quel colore.
Il suo completo nero inamidato non aveva una singola piega.
Quell’uomo era una pietra miliare, in quella casa.
Come da copione, lo vidi nascondere un mezzo sorriso sotto i baffoni incerati, prima che mi facesse un rigido segno con il capo.

𝑶𝒎𝒏𝒊𝒂 𝒗𝒊𝒏𝒄𝒊𝒕 𝑨𝒎𝒐𝒓; hsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora