"In guerra e in amore tutto è lecito. E su tutto vince Amore, perché è uno stronzo che se ne sbatte di chi muore."
O dove Harry è un ladro di opere d'arte e
Vivienne la gallerista che gli dà la caccia.
And he stole my heart, like a work of art.
"�...
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Venere di Milo a cassetti, Salvador Dalí, 1936.
VIVIENNE
Una luce fioca mi stava colpendo il viso da qualche minuto ma io non avevo intenzione di aprire gli occhi, poco propensa ad affrontare le conseguenze della notte precedente o, peggio, per niente intenzionata a volervi porre una fine. Dietro di me persisteva il calore di un corpo che avevo avuto modo di conoscere in modo molto approfondito. Harry. Quando finalmente mi decisi a guardarlo non lo trovai dormiente come mi aspettavo; aveva indossato un paio di pantaloni leggeri e si era tirato a sedere con la schiena poggiata alla testata del letto. Il naso dritto puntava come una freccia sull'agenda su cui era concentrato, la stessa che gli avevo visto tra le mani nella galleria di Gabriel. Stringeva una matita tra le dita, le dita che mi avevano toccato la notte precedente ora stavano creando qualcosa che sapevo mi avrebbe tolto il fiato, come aveva fatto la sua riproduzione della Venere Anadiomene. Osservai il suo cipiglio concentrato ancora a lungo prima di vederlo distendersi sul suo volto ed essere sostituito da una piega ben diversa; mentre le sopracciglia tornavano rilassate, la sua bocca si arricciò in un breve sorriso ironico. “Una foto dura di più, duchessa.”
Storsi il naso, lanciandogli un’occhiataccia da sotto le ciglia “Sei terribile a dare il buongiorno.” commentai. Lui schioccò la lingua in risposta, volgendomi lo sguardo per un istante prima di riprendere il suo disegno. “Ma sono incredibile con la buonanotte, no?”
Lo ignorai, dal momento che il rossore sulle mie guance gli aveva già risposto. Era stato realmente incredibile ma non mi avrebbe mai sentita ammetterlo ad alta voce, aveva un ego già abbastanza grande senza che qualcuno glielo gonfiasse. Eppure, mi venne da pensare, allo stesso tempo riusciva ad odiarsi e ad avere una concezione pessima di sé stesso. “Cosa disegni?” gli chiesi, allungandomi per sbirciare sull’agenda che lui si affrettò a stringersi contro il petto muscoloso.
Avevo avuto l’occasione di toccarlo, quella notte, di osservarlo e di vedere tutti i tatuaggi che lo avevano marchiato.
“Non ti muovere!” mi spinse di nuovo al mio posto “Ho già dovuto modificarlo un centinaio di volte, mentre dormivi. Ti agiti molto, sai?”
Mi morsi l’interno delle guance per trattenere un sorrisetto divertito, per non somigliargli, per non sembrare così simile a lui come credeva. Dentro di me si diffuse un calore che sapeva di lusinga mentre gli chiedevo: “Stavi disegnando me, Harry?”
Lui sospirò “Può darsi. Ora puoi restare ferma?”
Cercai di rimettermi come prima per fargli riprendere il ritratto, ma non mi trattenni dall’infastidirlo ancora “Una foto dura di più, eh?” lo vidi assottigliare lo sguardo “E un ritratto quanto dura, invece?”