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- Corri Bucefalo, più veloce! –

- Non riuscirai a battermi, Alessandro! –

La voce dei due ragazzi si distingueva appena tra lo scalpitare incessante dei loro destrieri, spinti alla massima velocità in quella folle corsa al tramonto. L'erba alta e le spighe dei campi ondeggiavano come sospinte dal vento, al loro passaggio, mentre il polverone che si lasciavano alle spalle avrebbe reso quasi impossibile ad un eventuale spettatore distinguere chi fossero quegli sconsiderati cavalieri, pazzi di gioia ed eccitazione, che turbavano il canto instancabile delle cicale con il suono cristallino delle loro risate. Ormai erano quasi giunti alla loro meta, una collinetta brulla sempre più vicina, inondata dai raggi rossastri di quel sole che sembrava sul punto di inghiottire. Il giovane a cavallo di Bucefalo, un purosangue fiero e imponente dal manto nero come l'ebano più pregiato, sembrava essere in testa, ma appena prima che potesse cantare vittoria, l'altro lo superò con uno scatto improvviso che lo lasciò senza parole.

- Ho vinto! – esultò il suo sfidante, un sorriso di trionfo ad illuminargli il volto.

Il suo sguardo era acceso come fuoco, tutto in lui risplendeva. Gli occhi vispi e vitali erano di un azzurro impressionante, di una tonalità simile al blu intenso del mare in tempesta, solcato dai cavalloni e illuminato dai fulmini: quel mare che si infrangeva violentemente ma con somma bellezza sugli scogli più aspri e impervi della Macedonia. A confronto con quegli occhi, le gemme più raffinate provenienti dall'Oriente sarebbero risultate opache. La luce accecante di quel sole scarlatto, inoltre, evidenziava i lineamenti del suo viso, tanto armoniosi e delicati nella loro freschezza quanto affascinanti e già degni di un uomo, in quell'acerba ma fiera virilità che solo i giovani possiedono. Lunghe ciocche di capelli scuri raccolte in folte trecce disordinate gli incorniciavano il volto. Le braccia vigorose dalla carnagione olivastra, oliata e splendente come bronzo al sole, erano solcate da una diramazione di vene e da muscoli in rilievo, ancora tesi per la fatica della corsa, e reggevano saldamente le redini del suo stallone. Le labbra piene e carnose, ancora curvate in un sorriso, si schiusero nuovamente:

- Come promesso, Alessandro, ti ho battuto ancora – disse con tono canzonatorio

- Mera fortuna, mio caro Efestione – ribatté l'altro sbuffando sonoramente, senza riuscire a nascondere l'imbarazzo e il disappunto per la sconfitta.

Alessandro detestava perdere, più di qualunque altra cosa al mondo. Era difficile per lui ammettere che esistesse qualcuno più bravo di lui, fosse nella lotta, nell'apprendimento dei versi poetici o nell'astuzia strategica, ma ormai da anni aveva dolorosamente dovuto ammettere che il suo compagno d'armi e di studi lo eguagliava quasi in ogni disciplina.

Prima che Efestione arrivasse alla corte di Pella, Alessandro era sempre stato il migliore di tutti, perennemente vincitore imbattuto in ogni gioco o gara che disputava con gli altri suoi compagni.

Poi era arrivato lui e tutto era cambiato.

Alessandro aveva incontrato per la prima volta qualcuno che osasse sfidarlo.

E osasse vincere.

Qualcuno che gli si rivolgesse sfacciatamente, che lo guardasse negli occhi mentre gli parlava, col mento alto e lo sguardo orgoglioso di chi è perfettamente conscio delle proprie abilità e non aspetta altro che metterle continuamente alla prova, dimostrando a tutti di poter eccellere, di potersi migliorare e di valere, valere più di quanto possa mai sembrare all'esterno. In Efestione, Alessandro aveva trovato un pari: in lui aveva rivisto se stesso.

Prima di Efestione non c'era nulla. Poi c'era stato un altro Alessandro.

Prima di Efestione...

Era realmente esistito un tempo in cui non si conoscevano, un tempo in cui Efestione non faceva parte della sua vita? Alessandro non poteva crederci. In ogni suo ricordo c'era il suo compagno, e lui aveva l'impressione che si conoscessero da sempre, forse ancora prima di venire al mondo, forse ancora prima del sole, del cielo e delle stelle. A volte Alessandro pensava semplicemente che Efestione fosse un'estensione della propria anima.

Δύο σώματα, μόνη ψυχή || Un'anima in due corpiWhere stories live. Discover now