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Quella notte la luce della luna, piena e rotonda come una perla, era così intensa da accecare. Filtrando dalle finestre, gocciolava sulle pieghe delle lenzuola di lino di un grande letto, accarezzando quasi con tenerezza i corpi che vi erano adagiati. Il pallido disco lunare gettava ombre su tutta la stanza, illuminando e oscurando ora un oggetto, ora un altro, a seconda di come le tende, mosse dalla leggera brezza serale, offuscavano i suoi raggi lattei. I bagordi della sala da banchetto erano ormai un'eco lontana, così come il ricordo stesso di quella serata.

 L'unico suono udibile in quella tranquilla e ampia stanza, era il respiro affrettato di due giovani, distesi tra il candore delle lenzuola, ansimanti e sfiniti come dopo una lunga corsa. Alessandro, il corpo ancora scosso dagli spasmi, si voltò con un movimento repentino verso il compagno, bramoso di contemplare quel volto ancora contorto dal piacere. Efestione, i capelli lunghi ora sciolti e sparsi disordinatamente sul cuscino, aveva gli occhi chiusi, la bocca semiaperta, nel disperato bisogno d'aria, e una mano appoggiata sul torace, aperta in corrispondenza del cuore, che ancora batteva all'impazzata, simile a un tamburo da guerra. Il suo petto si alzava e si abbassava via via con maggiore regolarità, sebbene scosso da tremiti. Il principe si concentrò su quel ritmo finché i loro respiri non si sincronizzarono, quando a un tratto Il giovane accanto a lui sbarrò le palpebre e, quasi come se avvertisse gli occhi dell'altro bruciare su di sé, volse il capo verso di lui, incatenando il suo sguardo al proprio. Alessandro, totalmente stordito, affogò in quelle iridi che anche nell'oscurità della camera brillavano come l'intera volta celeste; gli sembrò di precipitare nel vuoto, e qualcosa gli si rimescolò dentro. Allungò le braccia, tirandolo contro di sé, e lo strinse furiosamente; le sue mani scivolarono svelte su quella pelle morbida fino a raggiungere e racchiudere il suo viso, facendo sì che le loro fronti si scontrassero, mentre le sue dita affondavano tra le ciocche scure e fluenti sulle tempie. Efestione gli cinse le spalle con un braccio, lasciando scorrere l'altra mano lungo la sua schiena, tracciando solchi immaginari con i polpastrelli, fino a stringergli possessivo un fianco. Respiri ruvidi si infrangevano sulle labbra l'uno dall'altro, mentre i loro petti nudi si toccavano, la pelle calda e bruciante coperta da un leggero velo di sudore. Per diverso tempo nessuno dei due disse alcunché: del resto, le parole sarebbero state superflue. Stretti in quella morsa senza vie di fuga, godettero a lungo del calore dei propri corpi, finché il terremoto dentro di loro non si placò del tutto. Solo allora Alessandro schiuse le palpebre, osando immergersi nuovamente nelle acque tanto profonde di quegli occhi che lo stavano silenziosamente ammirando; i capelli del suo compagno gli scivolarono tra le dita mentre spostava quest'ultime sul collo del ragazzo, cercando sotto i polpastrelli il battito selvaggio della vita; trovò subito il punto che desiderava sfiorare, interrompendo il proprio vagare su quell'arteria dove si avverte il sangue scorrere impetuoso come un fiume in piena, secondo la cadenza regolare del cuore. Si soffermava spesso su quella delicata porzione di pelle, non avendone mai abbastanza di quel ritmo pulsante contro le proprie dita: una danza di guerra primordiale, quasi feroce, che risuonava in ogni uomo e animale sin dalla notte dei tempi. La sensazione che gli procurava quel semplice gesto era capace di farlo sentire un dio. Quel battito instancabile era l'unica cosa al mondo in grado di donargli una simile pace interiore, e per questo costituiva per lui quanto di più prezioso possedesse. E quando un giorno si sarebbe fermato - un giorno certamente molto lontano - anche il suo cuore avrebbe interrotto per sempre la propria corsa, Alessandro ne era pienamente convinto.

Perché non potrei mai, mai vivere senza di te

Quei pensieri, però, si dissolsero rapidamente, soppiantati da un languido senso di piacere, quando la mano di Efestione, che per tutto il tempo aveva continuato ad accarezzare la sua anca, si spostò sul suo ventre piatto; sfiorò delicatamente il contorno dell'ombelico col pollice, mentre con la punta delle dita percorreva i leggeri avvallamenti, appena evidenti, tra i muscoli dell'addome, provocandogli numerosi brividi. Il giovane sorrise a quella reazione, approfondendo il contatto tra di loro, esercitando una maggiore pressione su quella pelle abbronzata. Il compagno, tuttavia, fu costretto a bloccargli il polso, pur di impedire al desiderio che iniziava a bruciargli dentro di prendere nuovamente il sopravvento. Gli accarezzò invece una guancia, come aveva fatto quella sera, sulla collina, prima di avvertire le dita dell'altro insinuarsi tra i suoi ricci e attirarlo contro la sua bocca. Nonostante l'impeto del suo gesto, Efestione lo baciò con delicatezza, pur trattenendosi a stento, sfiorando con infinita lentezza quelle morbide labbra con le proprie, finché non le sentì schiudersi dolcemente per permettergli di approfondire il bacio. Nonostante quella concessione, però, il giovane fu molto cauto, volendo rispettare la volontà del suo principe. Alessandro non era mai stato particolarmente interessato ai piaceri carnali, pur apprezzandoli, perché preferiva molto più l'intimità delle anime a quella dei corpi. Non avrebbe mai negato di desiderare con viva passione il suo compagno, e di adorare ogni singola notte che trascorrevano insieme, ma ciò non gli impediva ugualmente di essere un giovane molto moderato, e anche quando non palesava i propri pensieri, Efestione sapeva sempre quando era il momento di fare un passo indietro o di fermarsi. Non avrebbe mai fatto qualcosa contro la sua volontà, nemmeno per dargli piacere. Per questo si limitò ad accarezzargli teneramente con la lingua la chiostra perlacea dei denti, senza andare troppo in profondità, rispondendo con calma alle reazioni di Alessandro. Assaporò piano il suo sapore, inebriato da quel retrogusto dolciastro di vino, mentre la presa del compagno sulla propria mascella si faceva più decisa, per poi scivolare via inaspettatamente all'altezza della vita, facendolo sospirare contro di lui. Gli morse delicatamente il labbro inferiore, saggiandone l'irresistibile morbidezza, prima di scostarsi dalla sua bocca, socchiudendo contemporaneamente gli occhi, scorgendo il sorriso dell'altro. Lasciò che la propria mano, ancora persa tra quei capelli dai mille riflessi, scendesse sulla sua spalla, stringendo piano, fino a percorrere tutta la lunghezza del braccio tornito. Finalmente incontrò le sue dita, intrecciandole con le proprie in una stretta bisognosa, senza scampo: si incastravano perfettamente. 

Δύο σώματα, μόνη ψυχή || Un'anima in due corpiWhere stories live. Discover now